Città si arrestò di colpo, si girò a contemplare le case sulla sinistra. L’urlo della disco si ridusse a un sussurro.
Si spalancarono le porte di tre case adiacenti. Ne uscirono cinque persone: una coppia da ognuna delle due case più vicine, una vecchia dalla casa più lontana. Avevano tutti un aspetto florido. Corsero giù per gli scalini di legno, divorarono i sentieri bui, si precipitarono verso Città, Cole e Catz immobili sotto un lampione. Cole guardò Città, rimase stupefatto. Città indossava un vestito grigio di taglio tradizionale, scarpe marroni tirate a lucido, costose.
Le due coppie erano composte di persone di mezza età dell’alta borghesia. Un uomo e una donna con visi squadrati, da tedeschi, i capelli grigio-neri tagliati corti. L’uomo portava un cravattino nero mezzo slacciato; quasi senza rendersene conto, se lo stava aggiustando. L’altra coppia era in pigiama e vestaglia: l’uomo grassoccio e sulla via della calvizie, la bocca spalancata sotto i baffi, correva nervosamente sul marciapiede in ciabatte; la moglie fissava Città da dietro lenti spesse; i suoi capelli grigio-topo erano raccolti in una retina. La quinta persona, una donna anziana, indossava una vestaglia bianca, un accappatoio azzurro frusto, ciabatte, e una retina per capelli ornata da rose rosse di plastica. Nella destra stringeva una torcia elettrica, nella sinistra una piccola pistola nichelata. I suoi occhi cerchiati di borse erano scuri, avevano un’espressione amara. Fu lei a parlare per prima.
— Quale sarebbe l’emergenza? — Si girò a guardare la sua casa, quasi si aspettasse di vederla divorata dalle fiamme. — Ho sentito… — Aggrottò la fronte.
L’altra donna in vestaglia disse con voce tremula: — Tu cos’hai sentito? Noi abbiamo sentito qualcuno urlare: «Emergenza! Correte in strada!». Gridava talmente forte che stavano per scoppiarmi i timpani. Dio, credevo che fosse un allarme della difesa civile…
— Sì, sì, anche noi abbiamo sentito la stessa cosa — intervenne l’uomo con un leggero accento tedesco. — Era una voce dal tono ufficiale. «Emergenza! Tutti in strada!» — Si girarono a fissare Città, in attesa di una spiegazione.
— Volete rivedere i vostri bambini stanotte? — Era la prima volta che Cole sentiva parlare Città. Una voce fredda ma risonante. Il viso di Città era cambiato di nuovo. La stessa mascella forte, ma adesso il suo naso era adunco, le labbra serrate nell’espressione querula di un burocrate con una certa autorità. Stessi occhiali opachi. Con un gesto deciso, ufficiale, infilò la mano nella tasca interna della giacca, estrasse un lungo portafogli nero, l’aprì, mostrò un distintivo da vice-ispettore della polizia di San Francisco.
— I nostri… bambini? — chiese la donna più anziana, cercando di nascondere l’ansia.
— Sì. Se mi seguite subito. Lasciate pistola e torcia elettrica nella cassetta della posta e venite con me.
— Adesso? A quest’ora? — chiese la matrona in abito nero.
Città annuì e indicò la strada dietro di loro.
Cole si girò e restò stupito davanti ai due tassi che attendevano, i fari accesi e le portiere spalancate. Non li aveva sentiti arrivare.
I visi dei due autisti erano nascosti dall’ombra.
Non ci furono altre discussioni. Salirono tutti sui tassi. La vecchia si accomodò sul sedile anteriore del tassi di Cole; le due coppie salirono sull’altro. La disco music che usciva da Città, seduto accanto a Cole, era dolce e lontana. Cole sospettava che la vecchia non la sentisse.
Catz si trovava alla destra di Città. Città spinse Cole contro la portiera. Il braccio di Cole era premuto contro il fianco di Città, un fianco duro e freddo come il granito. Il gomito di Città, appoggiato all’anca di Cole, pesava come una sbarra di ferro. Città era inerte, guardava fisso davanti a sé. Cole riuscì a vedere da vicino, per la prima volta, gli occhiali di Città.
Le stanghette non poggiavano sulle orecchie di Città. Erano lunghe solo un centimetro, un centimetro e mezzo, e affondavano direttamente nelle tempie, fondendosi con carne e ossa. La montatura delle lenti opache si univa alla pelle sopra le orbite, impedendo a Cole di vedere gli occhi. Ammesso che esistessero occhi dietro le lenti. Gli occhiali non avevano ponte. Tra le due lenti, la montatura affondava nella pelle e nella cartilagine del naso. Gli occhiali facevano parte del suo cranio.
Nessuno aveva dato un indirizzo all’autista. E l’autista non aprì bocca, nemmeno una volta. Sembrava che sapesse già dove andare. Cole riusciva appena a intravedere il profilo della sua testa. Il trassametro non era scattato; registrava ancora zero.
Le luci dei lampioni scivolavano via veloci. L’auto, una Sabo brasiliana che andava ad alcol di canna da zucchero, correva sull’asfalto quasi in perfetto silenzio. La donna sul sedile anteriore singhiozzava, e Cole la sentì mormorare: — Marie…
I tassi si fermarono uno dietro l’altro, e tutti scesero.
Si trovavano ad Hyde Street, a qualche isolato dal club Anestesia, nel quartiere di Tenderloin, paradiso della prostituzione.
Senza attendere di essere pagati, i due tassisti ripartirono. L’uomo coi baffi si strinse nella vestaglia e restò a guardare i due tassi, stupefatto. La sua sorpresa si mutò in apprensione quando scoprì che il poliziotto con gli occhiali se n’era andato e lo aveva lasciato su un angolo di strada a mezzanotte, in pigiama, circondato da prostitute e invertiti e da Catz e Cole che, ne era sicuro, gli sarebbero saltati addosso da un momento all’altro…
Cole gli batté sulla spalla, uscì in un sorriso che sperava rassicurante ma che probabilmente era solo sciocco. Cole sentiva il bisogno di spiegarsi. Ma sarebbe stato inutile cercare di spiegare che il nero col cappello bianco a falde larghe e gli occhiali a specchio, il nero che stava parlando con un protettore nero, era il “poliziotto” che li aveva portati lì, che poi non era per niente un poliziotto ma un uomo che non era un uomo a cui Catz aveva dato il nome di Città. Inutile.
Quindi: — Come vi chiamate, signore? — chiese Cole, amabilmente.
— Chester Jones, e voglio informarvi che sono avvocato, e che se questo è un maledetto…
— In nome di Cristo, ma perché ci troviamo qui? — l’interruppe l’uomo più anziano, quello vestito di nero.
Cole si girò, vide Città scomparire nel vecchio palazzo col protettore.
Cole era abbandonato a se stesso. — Io sono… ah… l’agente investigativo Dubois — mentì. — Lavoro… lavoro in incognito. In quanto a quello che facciamo qui… — Esitò. Cosa facevano lì? Andò a casaccio: — Siamo qui per ricongiungervi ai vostri figli.
— Il mio Roy? Lo avete visto? Roy Jones? È… — cominciò il signor Jones. — È un ragazzo alto, pallido…
— Il mio Roy! Il mio Roy! — strillarono le prostitute, ridacchiando. Una nera con parrucca bionda e lustrini sugli occhi batté il palmo contro il palmo di una ragazza bianca con parrucca nera e occhi tinti di scuro. A turno, le due prostitute imitarono l’atteggiamento pensoso del signor Jones, agitando le mani e canticchiando: — Il mio Roy, ee! Il mio caro Roy, ee!
La signora col vestito da sera nero, ignorando le prostitute, chiese a Cole: — Lucilie Schmidt? — Gli si avvicinò, lo implorò con gli occhi. — L’avete vista?
— Ah, vedrete che sistemeremo la sua situazione, signora — rispose Cole, che non sapeva che altro dire. Poi si tirò vicino Catz. — Catz, fammi una lettura psi. Hai idea di cosa vuole fare con questa gente? Insomma, se i loro figli si sono dati alla prostituzione, a cosa serve…
— Li farà riconciliare coi genitori, in un modo o nell’altro. O se ne tornano coi genitori e aggiustano tutto, oppure mettono fine al rapporto in un altro modo, cioè lo distruggono per sempre. A lui non importa. Quello che conta è sistemare le cose, in una maniera o nell’altra. Sta solo mettendo alla prova le sue connessioni. Non vuole formulare giudizi morali. Le prostitute fanno parte di una città. Lui non ha niente in particolare contro le prostitute.