— Ehi, ma hai mai sentito che una puttana, anche di quelle più giovani, torni a casa così, sui due piedi? Specialmente con tutte le altre che ti stanno a guardare? Quando io facevo la checca, non…
— Merda. Non ti ricordi quando facevi il ladro, Stu, quando vivevi con quegli idioti nella Cinquantatreesima di New York? Non c’erano dei momenti che ti sentivi così a pezzi, così distrutto, che se i tuoi genitori ti fossero spuntati davanti in quei dieci minuti avresti accettato di tornare con loro solo per vincere la solitudine? Giusto? Non hai mai vissuto momenti del genere?
— Sì. Certo. Erano momenti che venivano così, ogni tanto. E se mio padre avesse scelto il minuto giusto… Ah, capisco. E immagino che Città sappia qual è il momento migliore. Ma perché si prende il disturbo di…
— Se vuoi capire come funzionano le reazioni chimiche, devi mescolare gli elementi che reagiscono meglio — lo interruppe Catz, indicandogli le scale. Città stava scendendo, e davanti a lui c’era una ragazzina.
— Mamma, che madonna ci fai tu qui? — chiese la ragazza, arrivando in strada. Era piccola, grassoccia e bionda: indossava calzoni e camicetta attillati, portava le trecce, e il trucco era scarso. Cercava di darsi l’aspetto della studentessa universitaria. I clienti ne andavano pazzi.
Fissò suo padre. La madre le corse incontro e Lucilie si arrese all’abbraccio, lanciando occhiate di scusa alle altre prostitute, roteando gli occhi… Però, due minuti più tardi, rifiutò di sciogliersi dalla madre. Stava piangendo, e sussurrava rabbiosamente: — Piantatela, stronze! — alle passeggiatrici che ridevano. Il padre se ne stava rigidamente in disparte, pronto a scaricare sulla figlia la rabbia che gli si leggeva in viso, quando Città, tornato nei panni del poliziotto, disse: — Questo vostro atteggiamento così duro è fuori luogo. Nel 1986, voi avete pagato cinquemila dollari a un ragazzo che aveva una Chevrolet blu. Ricordate perché avete sborsato quei soldi?
Schmidt guardò in faccia Città. Di fronte all’implacabilità della città di San Francisco racchiusa in un solo uomo, era inutile negare.
Il viso di Schmidt, che fino a quell’attimo era un monumento di durezza, un concentrato di risentimento nei confronti della figlia, si sciolse in lacrime. L’uomo gettò le braccia attorno alla moglie e alla figlia.
Il signore e la signora Jones aspettavano, tenendosi per mano sotto un lampione.
— Non vorrete dirci che il nostro ragazzo si trova qui… — cominciò il signor Jones.
— Quel bar — ribatté Città, indicando il Back Door Club, mezzo isolato più a nord. — Vostro figlio si prostituisce, si vende per la droga. Adesso è lì dentro. Andate…
— Città protese una mano e toccò Jones sulla spalla. Jones rabbrividì, si strinse alla moglie.
— Mi sento strano — mormorò, accarezzandosi la spalla. — Come se qualcosa fosse entrato in me…
— Roy non vi resisterà. La mia autorità è con voi. Abbracciatelo, e lui vi seguirà. È pronto ad arrendersi. Toccatelo, ma non dite nulla e non giudicatelo mai.
— Non posso entrare là dentro come se fossi un tipo da marciapiede — obiettò Jones. — Sono avvocato. Sono l’avvocato della Ivory Meats, ed è un lavoro che comporta una certa responsabilità verso l’immagine della ditta, e… e se quello è un locale da passeggiatrici, be’, io non scenderò fra le passeggiatrici…
— Per strada ci passeggiamo tutti — disse Città. — Oppure voi siete capace di volare? Forza, andate.
Lentamente, il signore e la signora Jones s’incamminarono lungo la strada. Stringendosi nelle vestaglie, scomparvero oltre la porta d’ingresso del Back Door Club.
Era l’una di notte. Il traffico era scarso, la strada quasi deserta, le loro voci cominciavano a echeggiare. Poi: — Marie! — urlò la donna più anziana, seduta sugli scalini. Balzò in piedi, corse tra il gruppo di prostitute stupefatte. Un isolato più in giù, una figura snella si girò a guardare.
— Marie! — gridò la vecchia, correndo goffamente verso la figura.
Marie si mise a correre nella direzione opposta. Il suo gemito risuonò fioco nel ruggito della città: — Va’ a farti fottere! Lasciami in pace!
Aveva mezzo isolato di vantaggio sulla madre, e la distanziava sempre di più. Città annuì, in modo quasi impercettibile. Il suolo tremò per un attimo. Marie inciampò, e cadde a viso in giù, restò stordita una trentina di secondi, il tempo sufficiente perché sua madre la raggiungesse.
Il protettore nero col doppiopetto di velluto verde scese di corsa dalle scale e puntò l’indice sul petto di Città. — E tu chi cazzo credi di essere, stronzo? Eh? Dov’è quell’altro tizio, quello col cappello bianco? — Città non rispose. Il nero si aggiustò gli occhiali scuri: lenti a specchio che fissavano altre lenti a specchio, riflettendo all’infinito le stesse immagini. — Stai cercando di fottermi o cosa? Tu non sei un porco di poliziotto. Ho sistemato tutto coi ragazzi e questo non fa parte dell’affare. Ehi, sto parlando con te, stronzo. Se perdo quelle pollastre perdo duecento bigliettoni a… — S’interruppe.
Boccheggiò. Balbettò qualcosa.
Il braccio proteso, il palmo della mano all’ingiù, le dita divaricate, Città innaffiò l’asfalto di denaro. Biglietti da cento dollari piovevano dalla sua mano, si materializzavano nello spazio fra un dito e l’altro, scendevano, verdi e fruscianti, sul marciapiede e sulla strada. I riflessi automatici ebbero il sopravvento. Nessuno si mise a discutere il fenomeno.
Il protettore e le prostitute si chinarono a quattro zampe per raccogliere i soldi. Catz, ridendo, si unì al rito. Cole prese un biglietto di banca e lo studiò. Era vero. Se lo infilò in tasca. Quando Città abbassò il braccio e smise di far piovere denaro, sul marciapiede c’erano almeno diecimila dollari. Il Tif aveva reso inutile il denaro in quasi tutti i campi, ma gli uffici dell’Interfondo accreditavano sulle carte di credito il denaro contante. Una delle prostitute, una messicana col rossetto di un rosso luminescente e un’immensa parrucca bionda, decise di circuire la fonte di tanta abbondanza. Abbracciò Città e gli infilò una mano tra le gambe. Cole seguì le sue dita che frugavano. Città non si mosse. La donna gli palpò l’inguine. E si ritrasse, orripilata. — È… eh… è come… — balbettò. — È tutto… — Si coprì la bocca con una mano, girò sui tacchi, corse su per le scale, svanì nel palazzo.
Stavano tornando il signore e la signore Jones. Fra i due c’era un ragazzo magro.
Piangevano tutt’e tre. Per tre motivi diversi. Il signor Jones piangeva perché era l’avvocato di una fabbrica di carne in scatola di proprietà della mafia che serviva da copertura per lo spaccio della droga e suo figlio era un prostituto, e per quanto il signor Jones facesse ogni sforzo non riusciva proprio a ricordare la differenza importante che correva tra le loro due professioni. E la moglie piangeva per suo figlio e il figlio piangeva per la sua eroina.
Più in giù, Marie stava lottando con sua madre. Rotolavano avvinghiate sul marciapiede, si tiravano calci e pugni, ed erano tutt’e due in lacrime. Cole, automaticamente, si avviò verso di loro. Lo accompagnava la disco music, parodia elettronica di una marcia funebre, sempre più forte al suo avvicinarsi. Quando aveva quasi raggiunto Marie e la madre, la disco gli risuonava nelle orecchie col fragore di un tuono, e una delle due figure scure sul marciapiede non si muoveva più. L’altra stava sollevando un braccio in aria, lo lasciava ricadere con tutta la sua forza sul corpo immobile della madre. — Marie… — mormorò Cole.