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«Sì,» borbottò Herrick, «forse faremmo meglio a non dar troppo peso a questo aspetto della questione. Ma l’Astronomo Reale, forse, è la persona migliore. Nel rapporto ne parlerò. Vorrei metterlo giù al più presto possibile. Credo che siamo d’accordo sui punti principali. C’è qualcuno che ha altro da aggiungere?»

«No, abbiamo esaminato ogni cosa con cura, nei limiti delle nostre possibilità, voglio dire,» rispose Marlowe. «Vorrei sistemare un paio di cosette che ho trascurato in questi ultimi giorni. Immagino che occorra finire il rapporto. Per fortuna non tocca a me scriverlo.»

Così sfilarono fuori dell’ufficio di Herrick, lasciandolo al suo rapporto. Herrick si mise subito all’opera. Barnett e Weichart tornarono a Caltech. Marlowe andò nel suo ufficio, ma non gli riusciva di lavorare e si diresse verso la biblioteca dove sapeva di trovare alcuni suoi colleghi. Era aperta una vivace discussione sopra il diagramma colore-grandezza delle stelle del nucleo galattico: servì a far passare il tempo, finchè tutti furono d’accordo che era arrivata l’ora di pranzo.

Rientrando dopo il pranzo Marlowe si vide porgere un cablogramma dalla segretaria.

Le parole su quel pezzo di carta gli parvero enormi, gigantesche:

PRECO INFORMARMI EVENTUALE ESISTENZA OGGETTO INSOLITO AT ASCENSIONE RETTA CINQUE ORE QUARANTASEI MINUTI DECLINAZIONE MENO TRENTA GRADI DODICI MINUTI STOP MASSA OGGETTO PARI DUE TERZI GIOVE VELOCITÀ SETTANTA CHILOMETRI SECONDO, DIREZIONE VERSO TERRA STOP DI STANZA ELIOCENTRICA VENTUNO VIRGOLA TRE UNITÀ ASTRONOMICHE STOP

Marlowe mandò un grido, corse all’ufficio di Herrick ed entrò senza nemmeno bussare.

«Ce l’ho,» gridava. «Tutto quel che volevamo sapere.»

Herrick studiò il cablo, sorrise storto e disse:

«Questo cambia le cose. Mi pare che a questo punto dobbiamo consultarci con Kingsley e con l’Astronomo Reale.»

Marlowe era ancora agitato.

«La diagnosi è facile. L’Astronomo Reale ha dato i risultati delle osservazioni sul moto dei pianeti e Kingsley ha fatto i calcoli. Li conosco tutti e due e so che non c’è possibilità che sbaglino.

«Be’, è facile fare un rapido controllo. Se l’oggetto è distante 21,3 unità astronomiche e si muove verso di noi alla velocità di 70 chilometri al secondo, possiamo ben calcolare il tempo che impiegherà a raggiungerci, e verificare se è giusta la stima di Weichart, cioè diciotto mesi.»

«Giusto,» disse Marlowe. E su un pezzo di carta buttò giù questi appunti e queste cifre:

Distanza 21,3 unità astr. = 3x 1014 cm circa.

Tempo richiesto per coprire questa distanza alla velocità di 70 km al sec = = 4,3x 107 secondi = 1,4 anni = 17 mesi circa.

«Accordo perfetto,» esclamò Marlowe. «Non solo, la posizione che ci danno cade esattamente sulla nostra. Siamo completamente d’accordo.»

«E questo rende molto più difficile il mio rapporto,» fece Herrick accigliato. «Bisognerebbe davvero che lo scrivessi consultandomi con l’Astronomo Reale. Credo che dovremmo far venire al più presto lui e Kingsley.»

«Giustissimo,» convenne Marlowe. «Diamo subito l’ordine alla segretaria. Dovrebbero poter esser qui fra 36 ore, cioè dopodomani mattina. Meglio ancora se provvedono gli amici di Washington. E, a proposito del rapporto, non sarebbe il caso di dividerlo in tre parti? La parte prima sulle scoperte avvenute qui all’osservatorio. La seconda a cura di Kingsley e dell’Astronomo Reale. La terza conterrebbe le nostre conclusioni, e specialmente quelle a cui giungeremo dopo l’arrivo degli inglesi.»

«Dici proprio giusto, Geoff. Quando saranno arrivati i nostri amici avrò già finito la prima parte; la seconda possiamo lasciarla a loro e per ultimo tenteremo di tirare le conclusioni.»

«Benissimo. Penso che domani avrai finito. Che ne pensi di invitare a cena Alison, domani sera?»

«Mi farebbe piacere, purchè riesca a finire entro domani pomeriggio. Mi dai tempo di decidere fino ad allora?»

«Ma certo, benissimo. Fammelo sapere domani,» fece Marlowe e si alzò.

Mentre Marlowe se ne andava, Herrick disse:

«È un affar serio, vero?»

«Certo. Ho avuto una specie di premonizione quando ho visto le lastre di Knut Jensen, ma ho capito bene quanto era grave solo quando è arrivato questo cablogramma. La densità dovrebbe oscillare tra i 10-9 e i 10–10 grammi per cm3. Ciò significa che può oscurare completamente il cielo.

Kingsley e l’Astronomo Reale giunsero a Los Angeles la mattina presto del 20 gennaio. Marlowe li aspettava all’aeroporto. Fecero colazione in fretta a una tavola calda e poi presero l’autostrada per Pasadena.

«Dio mio, che differenza da Cambridge,» borbottò Kingsley. «Sessanta miglia all’ora invece di quindici, cielo azzurro invece di pioggia e nebbia continua, temperatura sui venti gradi anche a quest’ora.»

Era molto stanco dopo il lungo volo, prima sull’Atlantico, poi le ore di attesa a New York — troppo poco per far qualcosa di interessante, e abbastanza per stancarsi — e infine la traversata degli Stati Uniti, durante la notte. Eppure era molto meglio che un anno di mare per doppiare Capo Horn, come cento anni prima. Avrebbe desiderato un lungo sonno, ma se l’Astronomo Reale voleva andar subito all’osservatorio, anche a lui toccava andarvi.

Dopo che Kingsley e l’Astronomo Reale furono presentati a quei membri dell’osservatorio che non li conoscevano ancora, e dopo il saluto dei vecchi amici, cominciò la riunione in biblioteca. A parte gli ospiti inglesi, era la stessa compagnia che si era riunita per discutere la scoperta di Jensen, una settimana prima.

Marlowe fece una breve relazione di questa scoperta, delle sue osservazioni, delle ragioni di Weichart e della conclusione strabiliante a cui erano arrivati.

«Ecco dunque la ragione,» concluse, «per cui ci ha tanto interessati il vostro cablogramma.»

«Lo stesso vale per noi,» rispose l’Astronomo Reale. «Queste fotografie sono importantissime. Secondo voi la posizione del centro della nuvola è in Ascensione Retta 5 ore 49 minuti, Declinazione meno 30 gradi 16 minuti. Mi pare che si accordi perfettamente coi calcoli di Kingsley.»

«Volete darci ora una breve informazione delle vostre ricerche?» disse Herrick. «Forse l’Astronomo Reale potrebbe parlarci delle osservazioni e il dottor Kingsley dirci qualcosa dei calcoli.»

L’Astronomo Reale parlò dello spostamento rilevato nella posizione dei pianeti, soprattutto dei pianeti esterni. Disse che le osservazioni erano state controllate con cura per accertarsi che non vi fossero errori, e non mancò di far rilevare l’importanza del lavoro compiuto dal signor George Green.

«Perbacco, ricomincia,» pensò Kingsley.

Ma il resto della compagnia ascoltò con interesse l’Astronomo Reale.

«Perciò,» concluse, «do la parola al dottor Kingsley perchè ci spieghi la sostanza dei suoi calcoli.»

«Non c’è molto da dire,» cominciò Kingsley. «Ammesso che siano precise le osservazioni di cui ci ha parlato or ora l’Astronomo Reale — e devo dire che in un primo tempo non accettavo l’idea di doverlo ammettere — ci è parso chiaro che i pianeti erano disturbati dall’influenza gravitazionale di un qualche corpo, o di un qualche materiale intruso nel sistema solare. Dovevamo quindi usare il disturbo osservato per calcolare posizione, massa e velocità dell’intruso.»

«Avete lavorato sull’ipotesi che il materiale agisse come massa solida?» chiese Weichart.

«Sì, ci è parso che fosse la miglior cosa da fare, almeno in un primo tempo. L’Astronomo Reale ha avanzato l’ipotesi di una nuvola estesa. Ma devo confessare che, quasi per istinto, ho subito pensato a un corpo denso di grandezza relativamente piccola. Solo più tardi ho accettato l’idea della nuvola, quando ho visto le fotografie.»

«In che misura crede che questa ipotesi sbagliata abbia influito sui suoi calcoli?» chiese qualcuno.