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La mattina dopo, tornando a casa dopo la lezione, Kingsley incontrò un fattorino che, eccitatissimo, gli fece:

«Dottor Kingsley, c’è un messaggio importante per lei.»

Era il ministro dell’Interno: alle tre del pomeriggio avrebbe gradito un colloquio con il professor Kingsley.

Il ministro dell’Interno fu puntuale, puntualissimo. L’orologio di Trinity Hall batteva le tre quando lo stesso fattorino, sempre agitato, lo fece entrare nell’appartamento di Kingsley.

«Il ministro dell’Interno, signore,» accennò con una punta di magniloquenza.

Il ministro dell’Interno fu brusco, sottile ed accorto allo stesso tempo. Venne subito al dunque. Il governo era naturalmente rimasto sorpreso, forse un po’ allarmato dal rapporto dell’Astronomo Reale. Tutti avevano apprezzato la parte che in quel rapporto aveva avuto la abilità deduttiva del professor Kingsley. Il ministro dell’Interno era venuto di persona a Cambridge per un duplice motivo: per complimentarsi col professor Kingsley per la prontezza della sua analisi dello strano fenomeno di cui aveva avuto conoscenza; e per dirgli che il governo avrebbe molto gradito di tenersi sempre in contatto con il professor Kingsley, sì da giovarsi in pieno del suo consiglio prezioso.

Kingsley non potè far altro che schermirsi per tutti quei complimenti ed offrire, con la miglior grazia a lui possibile, tutto l’aiuto di cui era capace.

Il ministro dell’Interno espresse la sua soddisfazione e poi aggiunse, quasi gli fosse venuto in mente per caso, che il Primo ministro in persona si era preoccupato di sapere cosa potesse pensare il professor Kingsley di una piccola questione, piccola, ma, ad avviso del ministro dell’Interno, alquanto delicata: per il momento solo pochissime persone dovevano essere al corrente della situazione, e cioè il professor Kingsley, l’Astronomo Reale, il Primo ministro e i suoi principali collaboratori del gabinetto.

«Diavolo d’uomo,» pensò Kingsley, «mi ha messo proprio dove non voglio stare, in una posizione da cui non posso uscire che facendo il muso duro, e proprio in casa mia. Forse è meglio che cerchi di scaldare le cose un po’ alla volta.»

Questa volta a voce alta, fece:

«Può essere certo che io comprendo e apprezzo in pieno il suo giusto desiderio che le cose rimangano segrete. Ma ci sono difficoltà che a mio avviso dovrebbero essere prese in considerazione. Per prima cosa il tempo stringe: sedici mesi non sono molti. In secondo luogo ci sono molte cose che dobbiamo sapere e presto, sulla Nuvola. In terzo luogo tali cose non si scopriranno mai se si conserva il segreto assoluto. L’Astronomo Reale e io non possiamo far tutto da soli. In quarto luogo il segreto non può essere che temporaneo. Ci sono altre persone in grado di fare il ragionamento contenuto nel rapporto dell’Astronomo Reale. Nel migliore dei casi lei non può sperare che passino impunemente più di due mesi. In ogni modo alla fine dell’autunno la situazione sarà chiara a tutti quelli che si prenderanno la premura di alzare gli occhi al cielo.»

«Lei non mi ha capito, professor Kingsley. Io ho parlato di presente immediato. Una volta elaborata una linea di condotta, noi intendiamo procedere a tutto vapore. Informeremo tutti coloro che è necessario informare; non ci sarà inutile silenzio, non chiediamo altro che il segreto assoluto nel periodo attuale, fino a quando non saranno pronti i nostri piani. Naturalmente non vogliamo che la questione diventi di pubblico dominio prima che noi siamo in grado di controllare le nostre forze, se lei mi consente l’uso di questa espressione militaresca.»

«Mi dispiace molto, signore, ma tutto quel che lei dice non mi sembra molto ben considerato. Lei vorrebbe formulare una linea di condotta per poi passare all’azione. Vorrebbe, come suol dirsi, mettere il carro avanti ai buoi. Ma io le assicuro che non è possibile formulare una valida linea di condotta fino a che altri dati non siano a nostra disposizione. Noi non sappiamo nemmeno per esempio, se la Nuvola colpirà la Terra. Non sappiamo se il materiale di cui è composta la Nuvola è velenoso. La prima cosa che abbiamo pensato è che, quando arriverà la Nuvola, farà molto freddo, ma è anche possibile che accada proprio il contrario. Può darsi che faccia troppo caldo. Fino a che tutti questi fattori non siano noti, linea di condotta, in senso sociale, non significa niente. L’unica possibile linea di condotta è quella di raccogliere, e col minimo indugio, tutti i dati importanti. E questo, le ripeto, non può essere fatto se noi conserviamo un segreto veramente assoluto.»

Kingsley si chiedeva quanto sarebbe continuata questa conversazione di tipo settecentesco. Doveva mettere al fuoco la teiera?

Si avvicinava rapidamente il punto di rottura. Quei due uomini erano troppo diversi di mentalità perchè fosse possibile più di mezz’ora di conversazione. Quando parlava, il ministro dell’Interno mirava a far reagire il suo interlocutore secondo un suo piano predisposto. Non gli importava sapere come ciò sarebbe accaduto, purchè accadesse. Per lui ogni mezzo era buono: adulazione, psicologia spicciola applicata, pressione sociale, lusinghe o anche minacce. Come altri uomini di governo aveva scoperto che un discorso in termini apparentemente logici, ma con un ben radicato elemento emotivo, di solito ha successo. La logica pura e semplice non serve. Invece, per Kingsley la logica rigorosa era tutto, o quasi tutto.

Ecco perchè il ministro dell’Interno fece un errore.

«Mio caro professor Kingsley, temo che lei ci sottovaluti. Stia pur certo che faremo i nostri piani presupponendo la situazione peggiore.»

Kingsley saltò su:

«Allora si prepari a questa situazione: tutti gli uomini, tutte le donne e tutti i bambini moriranno; non resterà vivo nè un animale, nè una pianta. Posso chiederle quale sarà in tal caso la vostra linea di condotta?»

Il ministro dell’Interno non era uomo da difendere fino in fondo una causa pericolosa. Quando la discussione lo portava in un impasse scabroso, cambiava discorso, e non tornava più sul vecchio argomento. Stimò quindi che fosse giunto il tempo di mutar tattica; ma proprio per ciò cadde in un secondo più grave errore.

«Professor Kingsley, ho cercato di mettere le cose nella forma migliore, ma ora lei mi sta imbarazzando. Perciò è necessario che le parli chiaro. Non c’è bisogno che le dica che se questa sua storia diventa di dominio pubblico le ripercussioni saranno gravi davvero.»

Kingsley fremeva.

«Ma caro amico,» disse, «è proprio terribile! Gravi ripercussioni davvero! Penso anch’io che le ripercussioni saranno gravi, specialmente il giorno in cui il Sole rimarrà oscurato. Quali sono i piani del suo governo per impedire questo fatto?»

Il ministro quasi perse la pazienza.

«Lei ragiona sul presupposto che il Sole venga realmente oscurato. Mi permetta di dirle con franchezza che il governo ha fatto la necessaria inchiesta, e che non siamo del tutto convinti della precisione del suo rapporto.»

Kingsley era alle corde.

«Cosa?»

Il ministro dell’Interno incalzò:

«Forse non aveva pensato a questa possibilità, professor Kingsley. Supponiamo, dico supponiamo, che tutta la questione si risolva in un nulla di fatto, che si dimostri una tempesta in un bicchier d’acqua, una chimera. Immagina quale sarà la sua posizione, professor Kingsley, se lei si rendesse responsabile di aver provocato l’allarme nel pubblico per una semplice bolla di sapone? Le assicuro, con tutta solennità, che la fine di tutto questo affare sarebbe molto seria per lei.»

Kingsley si riebbe un poco. Sentiva avvicinarsi dentro di sè il momento dell’esplosione.

«Non so dirle quanto le sono grato di tanta premura. Mi sorprende anche, e non poco, l’acutezza con cui il governo ha investigato sul nostro rapporto. Sarò franco: sono addirittura sbalordito. Mi pare peccato che lei non sappia dimostrare pari acutezza in questioni che dovrebbe conoscere in maniera meno dilettantesca.»