Quasi le stesse cose andavano accadendo negli Stati Uniti, e in ogni paese civile. Per gli Stati Uniti c’era inoltre il problema di sgomberare quasi tutti gli Stati occidentali, perchè lì una parte considerevole del territorio abitato sta sopra i 1500 metri, cioè sopra il limite di sicurezza, secondo il rapporto di Nortonstowe. Naturalmente il governo USA aveva rinviato la questione ai suoi esperti, ma le loro conclusioni non differivano molto da quelle di Nortonstowe. Il governo USA si accollò anche l’evacuazione delle repubbliche andine, in Sudamerica.
I paesi agricoli dell’Asia, stranamente, non si mossero quando, attraverso le Nazioni Unite, seppero quel che succedeva. Osservarono al solito la politica di attesa: dopotutto poteva essere l’atteggiamento più saggio. Da migliaia d’anni i contadini asiatici erano abituati alle sciagure naturali. Erano altrettanti «atti di Dio»; secondo la mentalità orientale incendi e inondazioni, invasioni barbariche, cavallette e malattie si dovevano sopportare passivamente. Lo stesso valeva per quella nuova cosa, su in cielo. In ogni caso la vita aveva poco da offrire e quindi non valeva poi molto.
Il compito di evacuare il Tibet, il Sinkiang e la Mongolia esterna, fu affidato ai cinesi i quali, con suprema indifferenza, non fecero nulla. I russi invece evacuarono con meticolosa prontezza il Pamir e le altre zone montuose. Fu fatto qualche sforzo sincero per mettere in salvo gli afghani, ma gli emissari russi furono buttati fuori dall’Afghanistan sotto la minaccia delle pistole. Nemmeno l’India e il Pakistan fecero nulla per evacuare la zona dell’Himalaya a sud dello spartiacque principale.
Arrivando la primavera nell’emisfero settentrionale, la Nuvola cominciò a passare dal cielo notturno a quello diurno. Così, pur espandendosi rapidamente oltre la costellazione di Orione — ormai completamente oscurata — la presenza della Nuvola si notava con minore facilità: non bastava alzare gli occhi al cielo per vederla. Gli inglesi continuavano a giocare a cricket e a zappettare i giardini, e la stessa cosa facevano gli americani.
La tradizionale passione per il giardinaggio era favorita da un’estate eccezionalmente precoce: cominciò alla metà di maggio. Certamente la preoccupazione era diffusa, ma la gente si illudeva perchè, una settimana dopo l’altra, il cielo fu chiaro, con un magnifico sole. Alla fine di maggio si potè fare il raccolto delle verdure.
Il governo non era affatto contento di quel tempo meraviglioso: sotto questa scontentezza c’era un triste presagio. Rispetto alla prima scoperta, la Nuvola aveva ormai compiuto il novanta per cento della strada necessaria per raggiungere il Sole. Naturalmente si era previsto che la Nuvola, avvicinandosi al Sole, avrebbe riflesso radiazioni in misura sempre maggiore, e che di conseguenza sulla Terra sarebbe cresciuta la temperatura. Le osservazioni di Marlowe dimostravano che non ci doveva essere quasi alcun accrescimento di luce: ed infatti fu così. Per tutta quella smagliante primavera e quell’estate precoce, non si notò alcun apprezzabile aumento della luminosità del cielo; succedeva questo: la luce del Sole urtava contro la Nuvola e veniva riflessa sotto forma di calore invisibile. Per fortuna non tutta la luce veniva riflessa dalla Nuvola in questa maniera, altrimenti la Terra non sarebbe stata più abitabile. Per fortuna una gran parte del calore non penetrava fino al fondo dell’atmosfera. Veniva riflessa e rilanciata nello spazio.
Verso giugno apparve chiaro che la temperatura della Terra sarebbe cresciuta di circa venti gradi. Di solito non si avverte che una gran parte della specie umana vive a temperatura vicina al massimo sopportabile. In condizioni di atmosfera molto secca l’uomo può resistere a una temperatura di circa sessantacinque gradi. Difatti temperatura simili si raggiungono normalmente, in estate, nei bassipiani del deserto dell’America occidentale e in Nordafrica. Ma in condizioni normali di umidità la temperatura massima sopportabile si aggira sui 46 gradi. Una temperatura simile, con alta umidità, è normale, in estate, lungo le coste orientali degli Stati Uniti e a volte anche nel Middle West. Strano a dirsi, all’Equatore la temperatura di solito non supera i 35 gradi, anche se l’atmosfera è molto umida. Questa stranezza si spiega pensando che all’Equatore c’è uno strato più denso di nubi che riflettono nello spazio maggior quantità di raggi solari.
Si capirà quindi che, su gran parte della superficie terrestre, il margine di sicurezza non supera i 15 gradi e in alcune zone è molto minore. Basterebbe un aumento di 20–25 gradi per mettere in serio pericolo tutta la specie umana.
Si può aggiungere che la mortalità deriva dal fatto che il corpo umano non può liberarsi del calore che esso stesso di continuo genera. Questo calore è necessario per mantenere il corpo alla temperatura normale di circa 36–37 gradi. Quando la temperatura cresce fino a 40 gradi, il corpo si ammala, poco più su c’è il delirio e a 43 gradi sopravviene la morte. C’è da stupirsi del fatto che il corpo umano riesca a liberarsi del calore quando si trova immerso in un’atmosfera più calda, diciamo un’atmosfera di 45 gradi. Il fatto è che il corpo riesce ad evaporare il calore, sudando. Ciò accade meglio quando l’umidità è bassa: ecco perchè l’uomo resiste a temperatura più alte con bassa umidità, ecco perchè il caldo è più sopportabile quando c’è poca umidità.
Dall’umidità appunto sarebbe dipesa la situazione dell’uomo nei giorni a venire. C’era qualche motivo di speranza. I raggi caldi provenienti dalla Nuvola avrebbero sollevato la temperatura più rapidamente sulla terraferma che sul mare; insieme a quella della terra sarebbe cresciuta la temperatura dell’aria, mentre il tasso di umidità dell’aria sarebbe cresciuto più lentamente, insieme alla temperatura del mare. Perciò si sarebbe avuta una diminuzione dell’umidità e un accrescimento della temperatura: questo, almeno agli inizi. Fu proprio quell’iniziale caduta dell’umidità che diede luogo a una primavera mai vista così chiara in Inghilterra, e a un’estate così precoce.
Le prime osservazioni dei raggi caldi provenienti dalla Nuvola portarono a sottovalutarne l’importanza. Altrimenti il governo americano non avrebbe collocato i suoi impianti scientifici nel deserto occidentale. Ora erano costretti a spostare uomini e apparecchi, e per questo dovettero rivolgersi in misura maggiore a Nortonstowe. Cosi Nortonstowe crebbe d’importanza; ma nemmeno lì mancavano le difficoltà.
A una riunione del gruppo che stava studiando la Nuvola, Alexandrov riassunse il parere di tutti con queste parole:
«Risultato impossibile,» disse, «esperimento sbagliato.»
Ma John Marlborough sosteneva di non aver sbagliato, e per evitare gli attriti fu convenuto di far ripetere quella ricerca a Harry Leicester — faceva parte del gruppo di studio sui problemi delle comunicazioni. Dieci giorni dopo, a lavoro ultimato, Leicester fece il suo rapporto a riunione plenaria.
«Comincio dal principio. Al momento in cui la Nuvola fu scoperta, trovammo che avanzava verso il Sole a una velocità di poco inferiore ai 70 chilometri al secondo. Stimammo che la velocità sarebbe man mano cresciuta, avvicinandosi la Nuvola al Sole, risultando così una velocità media finale di circa 80 chilometri al secondo. Quindici giorni fa Marlborough, come risultato delle sue osservazioni, ci disse che la Nuvola non si comporta come noi avevamo previsto. Invece di aumentare, diminuisce la sua velocità, man mano che si avvicina al Sole. Come sapete, decidemmo di ripetere il lavoro di Marlborough. Ma è meglio farvi vedere qualche lastra.»