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Chi ha visto l’alba dopo una notte gelida passata nel deserto avrà una debole idea della gioia che provocò l’alba del 24 ottobre 1965. Occorre a questo punto dir qualcosa della religione. All’avvicinarsi della Nuvola tutte le confessioni religiose avevano avuto un impulso possente. In primavera i testimoni di Geova avevano rubato il pubblico a tutti gli altri oratori di Hyde Park. I pastori della Chiesa d’Inghilterra si erano accorti con meraviglia di star predicando a un pubblico sempre più vasto. Finì tutto il 24 ottobre. Tutti, uomini e donne di ogni credo — cristiani, atei, maomettani, buddisti, indù, ebrei — tutti si sentirono pervasi nel proprio intimo da un complessa emotivo che li portò ad adorare il Sole. È vero che il culto del Sole non prese mai la forma di Chiesa vera e propria, perchè non c’era organizzazione centrale, ma si sentivano nell’aria le vibrazioni di quell’antico culto, che non sarebbero mai più scomparse.

Le zone tropicali furono le prime a riaversi. Dai fiumi scomparve il ghiaccio. La neve si sciolse provocando altre inondazioni, ma di effetto trascurabile, rispetto a quel che era accaduto prima. Il disgelo fu solo parziale in Europa e in Nordafrica, perchè stava sopraggiungendo, secondo il vecchio criterio delle stagioni, l’inverno.

Nelle zone altamente industrializzate grandi furono le sofferenze dell’uomo, ma incomparabilmente peggiore fu la sorte dei popoli meno progrediti: fu chiaro allora quanto sia importante l’energia inanimata e il controllo delle macchine. E dobbiamo aggiungere che sotto questo aspetto la situazione avrebbe potuto anche essere diversa, se la temperatura avesse continuato a scendere. Il mutamento infatti avvenne in un periodo in cui i paesi industriali erano ormai vicini al momento del crollo.

Strano a dirsi il colpo più grave, fra i popoli primitivi, lo ebbero quelli dei Tropici, mentre i nomadi eschimesi se la cavarono meglio di tutti. Ai Tropici metà della popolazione fu distrutta. Fra gli eschimesi le perdite furono relativamente lievi, relativamente cioè al corso normale delle cose. Il caldo non era stato eccessivo nell’estremo nord: agli eschimesi era parso insopportabile, ma non era successo niente di peggio. Lo sciogliersi del ghiaccio e della neve aveva intralciato la loro libertà di movimento, e grandemente ridotto la zona di caccia. Ma il caldo non fu grande, nè mortale. Nemmeno il freddo fu troppo intenso. Si scavarono un rifugio nella neve e attesero: sotto molti aspetti se la passavano molto meglio degli inglesi.

I governi di tutti i paesi erano sconvolti. Prevedevano che questa volta il comunismo avrebbe invaso il mondo. Questa volta le sinistre e i sovversivi avrebbero in ogni paese conquistato il governo. Ma non accadde nulla del genere. Nei giorni che seguirono al 24 ottobre la gente era troppo contenta per occuparsi di queste cose, che sembravano di nessun conto. A metà di novembre la buona occasione era passata, e gli uomini avevano cominciato a riorganizzarsi nelle rispettive comunità.

Il Primo ministro tornò a Londra con minor malanimo verso Nortonstowe di quello che gli altri avessero previsto. Sotto un certo aspetto aveva trascorso il periodo della crisi in maniera molto più comoda che se fosse rimasto a Downing Street. Inoltre aveva diviso con gli scienziati di Nortonstowe la tensione di quei momenti terribili, e fra coloro che hanno diviso un sentimento simile si crea sempre un forte legame.

Prima che partisse avvertirono il Primo ministro che non c’era ragione di credere finito il periodo di emergenza. Durante una discussione che si tenne in uno dei laboratori annessi al rifugio, tutti riconobbero che la previsione di Alexandrov era giusta. Marlborough disse:

«Mi sembra quasi certo che la Nuvola si sta disponendo a forma di disco, con notevole inclinazione rispetto all’eclittica.»

«Disco figura stabile. Ovvio,» brontolò Alexandrov.

«Può sembrare ovvio a lei, Alexis,» intervenne Kingsley, «ma ci sono un sacco di cose che a me non paiono affatto ovvie. A proposito, quanto credete che misuri il raggio esterno del disco?»

«Circa tre quarti del raggio dell’orbita terrestre, pari al raggio dell’orbita di Venere,» rispose Marlborough.

«Questa disposizione a forma di disco mi sembra un modo di dire,» cominciò Marlowe. «Credo che intendiate affermare che il nocciolo di cui la Nuvola è composta si dispone in quella forma. Deve esserci un bel po’ di materiale sparso per tutta l’orbita terrestre. Questo pare evidente dal fatto che la nostra atmosfera è sottoposta di continuo all’urto di materia esterna.»

«Freddo maledetto in ombra di disco,» affermò Alexandrov.

«Sì, grazie a Dio siamo fuori dal disco, altrimenti non avremmo il Sole,» disse Parkinson.

«Ma ricordi che non resteremo in questa condizione,» fece Kingsley.

«Che cosa intende dire?» chiese il Primo ministro.

«Semplicemente che il moto della Terra intorno al Sole ci porterà nell’ombra del disco. Naturalmente ne riemergeremo.»

«Maledetto freddo in ombra,» brontolò Alexandrov.

Il Primo ministro era contrariato, e a ragione.

«E quante volte succederà questo fatto terribile?»

«Due volte l’anno! Stando alla posizione attuale del disco, in febbraio e in agosto. Il periodo di oscuramento del Sole dipende dallo spessore del disco. Forse l’eclisse durerà da quindici giorni a un mese.»

«Le conseguenze di questo fatto saranno certamente molto gravi,» sospirò il Primo ministro.

«Una volta tanto siamo d’accordo,» osservò Kingsley. «La vita sulla Terra non sarà impossibile, ma dovremo adattarci a condurla in condizioni assai meno favorevoli. In primo luogo la gente dovrà abituarsi a vivere insieme, in gruppi assai grandi. Non si potrà più permettere di avere una casa singola.»

«Non la seguo.»

«Ecco: un edificio perde calore secondo la superficie che esso espone all’aria. È chiaro?»

«Certo.»

«In secondo luogo dal volume di un edificio dipende il numero delle persone che vi possono essere ospitate e riparate. Poichè il rapporto tra superficie e volume è molto più piccolo in un edificio grande che in uno minuscolo, ne segue che gli edifici grandi potranno ospitare la gente con un consumo di carburante, pro capite, assai inferiore. Se i periodi di freddo intenso continueranno a ripetersi all’infinito, non c’è altra soluzione, con le riserve di carburante che abbiamo.»

«Kingsley, perchè dice <se>?» chiese Parkinson.

«Perchè sono successe molte cose strane, ed io non mi convinco delle nostre previsioni sulle cose a venire, fino a che non ho capito veramente quello che è già accaduto.»

«Non ci dimentichiamo la possibilità di mutamenti climatici a lunga scadenza,» osservò Marlowe. «Può darsi che ciò non abbia grande importanza per i primi due anni, ma non vedo come non possa acquistarne a lungo andare, ammesso che debbano presentarsi queste due eclissi di Sole ogni anno.»

«Cosa vuoi dire, Geoff?»

«Ecco, certamente noi non potremo evitare l’avvento di una nuova era glaciale. Quelle del passato dimostrano che il clima della Terra è in equilibrio assai instabile. Dati due periodi di freddo intenso, l’uno in inverno e l’altro in estate, l’equilibrio si sposterà verso l’era glaciale.»

«Vuol dire che una coltre di ghiaccio comincerà a calare giù per l’Europa e per il Nordamerica?»

«Non vedo come possa essere altrimenti. Certo, non succederà nei primi due anni, sarà un lento processo di accumulazione. Come dice Kingsley, l’uomo dovrà fare i conti con l’ambiente. E immagino che non saranno conti piacevoli.»

«Correnti d’oceano,» disse Alexandrov.

«Non capisco,» fece il Primo ministro.

«Immagino che Alexis voglia dire,» intervenne Kingsley, «che quasi certamente le correnti oceaniche attuali saranno mutate. In questo caso avremo conseguenze disastrose. Può succedere assai presto, prima ancora dell’era glaciale.»