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Mentre preparavano il caffè entrò McNeil. Era andato a visitare un bambino ammalato.

«Che aria solenne! Che cosa è successo?»

«Arrivi proprio in tempo, John. Stiamo per discutere i fatti. Ma ci siamo promessi di non cominciare prima che sia pronto il caffè.»

Arrivò il caffè e Kingsley cominciò a riassumere la situazione.

«Comincerò daccapo, in modo che anche John possa seguirci. Il comportamento delle onde radio, una volta trasmesse, dipende da due cose: e cioè dalla lunghezza d’onda e dalla jonizzazione dell’atmosfera. Supponiamo di avere scelto per le nostre trasmissioni una particolare lunghezza d’onda e vediamo cosa accede quando cresce la jonizzazione. Intanto, quando la jonizzazione è bassa, l’energia radio esce fuori dall’atmosfera e solo una parte minima viene riflessa. Poi, crescendo la jonizzazione, aumenta anche la riflessione, sempre più rapidamente e alla fine l’energia radio viene riflessa e non riesce più a staccarsi dall’atmosfera terrestre. In questo caso diciamo che il segnale è saturo. È tutto chiaro, John?»

«Una cosa vorrei sapere: cosa c’entra la lunghezza d’onda.»

«Be’, quanto più l’onda è corta tanto maggiore deve essere la jonizzazione per raggiungere il punto di saturazione.»

«Perciò mentre una certa lunghezza d’onda può essere riflessa completamente dall’atmosfera, un’onda di lunghezza minore può penetrarvi e raggiungere lo spazio esterno.»

«Precisamente. Ma torniamo alla nostra lunghezza d’onda e agli effetti della crescente jonizzazione. Per maggior comodità lo chiameremo <schema di successione A>.»

«Cosa vuol chiamare così?» chiese Parkinson.

Ecco cosa intendo:

1) bassa jonizzazione che consente un passaggio completo;

2) crescente jonizzazione che dà un segnale riflesso di forza crescente;

3) jonizzazione massima con riflessione complete.

«Tutto questo lo chiameremo <schema A>.»

«E lo schema B?» chiese Ann Halsey.

«Non c’è nessuno schema B.»

«E allora perchè chiamarlo A?»

«Dio ci scampi dall’ottusità delle donne! Lo chiamo schema A perchè mi piace. Me lo permetti?»

«Certo, caro. Ma perchè lo vuoi chiamare così?»

«Vài avanti, Chris, ti sta prendendo in giro.»

«Ebbene, ecco un quadro di ciò che è successo questo pomeriggio e stasera. Ve lo leggo.»

Lunghezza

d’onda

Ora della

trasmissione

Esito

1 metro

14,45

Lo schema A impiega circa mezz’ora

10 centimetri

15,15

Lo schema A impiega circa mezz’ora

1 centimetro

15,45

Penetrazione complete della jonosfera in periodo di tre ore circa

10 centimetri

19

Lo schema A impiega circa mezz’ora

nessuna trasmissione tra le 19,30 e le 21

1 metro

21

Lo schema A impiega circa mezz’ora

10 centimetri

21,30

Lo schema A impiega circa mezz’ora

«Ha un’aria molto sistematica, messo in questo modo,» disse Leicester.

«Vero?»

«Temo di non capirci niente,» fece Parkinson.

«Nemmeno io,» ammise McNeil.

«Per quanto ne so, questi fatti si possono spiegare con una sola ipotesi, ma vi avverto subito che è un’ipotesi completamente assurda.» Kingsley parlava lentamente.

«Chris, per favore, smettila di scherzare; vuoi dirci in parole povere qual è la tua ipotesi assurda?»

«Benissimo. Mi faccio coraggio e la dico tutta d’un fiato: su qualunque lunghezza d’onda da pochi centimetri in su le nostre trasmissioni producono automaticamente un aumento della jonizzazione che continua fino al punto di saturazione.»

«È semplicemente impossibile.» Leicester scosse la testa.

«Non ho detto che sia possibile,» rispose Kingsley. «Ho detto solo che poteva spiegare i fatti. E li spiega, spiega tutta la mia tavola.»

«Forse ho capito dove vuoi arrivare,» osservò McNeil. «Devo supporre che la jonizzazione diminuisca appena cessiamo di trasmettere?»

«Si. Quando fermiamo la trasmissione, il fattore jonizzante vien meno, qualunque esso sia — forse le scariche elettriche di Bill. Così la jonizzazione decresce rapidamente. Avete visto che questa jonizzazione è bassa nell’atmosfera, in modo anormale; a quell’altezza la densità del gas è tale che si possono formare con rapidità estrema joni negativi di ossigeno. Perciò la jonizzazione cessa molto rapidamente, a meno che qualcosa non la rinnovi.»

«Guardiamo la cosa un po’ più da vicino,» cominciò Marlowe, da dentro la sua nube di fumo che sapeva di anice. «Secondo me è giusta questa idea dell’ipotetico fattore jonizzante. Supponiamo di trasmettere sui 10 centimetri: in questo caso, secondo l’idea di Chris, il fattore, qualunque esso sia, fa crescere la jonizzazione fino a che le onde da 10 centimetri non restano bloccate entro l’atmosfera terrestre. Poi — ed ecco dove volevo arrivare — la jonizzazione non va oltre. Pare che ogni cosa sia predisposta a puntino. Pare che il fattore sappia fin dove giungere e non voglia andare oltre.»

«E questo a me non sembra plausibile,» disse Weichart.

«Ma ci sono anche altre difficoltà. Per esempio perchè abbiamo potuto continuare per tanto tempo sui 25 centimetri? Non si è trattato di mezz’ora, abbiamo trasmesso per giorni e giorni. Perchè la cosa — lo schema A, come dice Kingsley — non succede quando trasmettiamo sulla lunghezza di un centimetro?»

«Cattiva filosofia, accidenti,» brontolò Alexandrov. «Fiato sprecato. Ipotesi giudicata su previsioni. Solo metodo buono.»

Leicester diede un’occhiata all’orologio.

«È passata un’ora dalla nostra ultima trasmissione. Se Chris ha ragione, noi dovremmo avere il suo schema A trasmettendo ancora sui 10 centimetri, e forse anche sul metro. Proviamo.»

Leicester con cinque o sei altri andò al laboratorio. Mezz’ora dopo erano di ritorno.

«Riflessione completa su un metro. Schema A sui 10 centimetri,» comunicò Leicester.

«E questo sembra dar ragione a Chris.»

«Non ne sono certo,» osservò Weichart. «Perchè sulla lunghezza di un metro non abbiamo avuto lo schema A?»

«Potrei avanzare un’ipotesi, ma sarebbe anche più fantastica, perciò per il momento la lascio correre. Il fatto è — insisto a dire che è un fatto — che quando abbiamo trasmesso sui 10 centimetri c’è sempre stato un rapido aumento della jonizzazione atmosferica, mentre la jonizzazione è calata subito appena sospesa la trasmissione. C’è qualcuno che può negarlo?»

«Non nego che i fatti finora non si accordino con quel che tu dici,» osservò Weichart. «Riconosco che non lo si può negare. Non sono più d’accordo invece quando vuoi trovare un rapporto di causa fra le nostre trasmissioni e gli sbalzi della jonizzazione.»

«Vuoi dire forse, Dave, che le nostre scoperte di stasera sono stata pure coincidenza?» chiese Marlowe.

«Proprio così. Riconosco che come coincidenze sono fin troppe, ma il rapporto causale che yuol trovarvi Kingsley mi sembra assolutamente impossibile. Secondo me l’improbabile può accadere, ma l’impossibile no.»

«Impossibile è dir troppo,» insistè Kingsley, «e certo Weichart non è in grado di giustificare l’uso di questa parola. Noi dobbiamo scegliere fra due improbabilità, e infatti ho detto che la mia ipotesi pareva anche a me improbabile, quando l’ho lanciata. Inoltre son d’accordo con quel che ha osservato Alexis, e cioè che un’ipotesi si mette alla prova solo calcolando quel che essa prevede. Sono passati tre quarti d’ora dall’ultima trasmissione di Harry Leicester. Propongo che Harry tenti ancora sui 10 centimetri.»

«Oh no,» fece Leicester con voce lamentosa.