Выбрать главу

«Dio mio, è un’osservazione eccellente.»

«Vero? Ed eccone un’altra: per quanto la bestia possa differire dalla vita terrestre, essa deve avere una cosa in comune con noi: come noi deve obbedire alle regole fondamentali biologiche della selezione e dello sviluppo. Voglio dire che la Nuvola non può aver avuto sempre, fin dall’inizio, una bestia compiuta nel suo interno. All’inizio deve aver avuto un essere piccolo e semplice, come è accaduto sulla Terra. Perciò, all’inizio, non deve essere stato complesso il controllo della distribuzione della materia all’interno della Nuvola. Quindi, se all’inizio la Nuvola era situate in prossimità di una stella, non avrebbe potuto impedire di condensarsi in un pianeta o in un gruppo di pianeti.»

«Perciò secondo te come è avvenuto l’inizio della Nuvola?»

«Dev’essere stato un incidente nello spazio interstellare. Agli inizi la vita della Nuvola deve essere dipesa dal campo generale di radiazione delle stelle. Anche in questo modo la radiazione — in quanto capace di creare molecole — dev’essere stata più forte che sulla Terra. Poi immagino che, sviluppandosi l’intelligenza, essa abbia scoperto che le riserve di cibo — cioè la formazione di molecole — potevano accrescersi enormemente se la Nuvola si spostava accanto a una stella per un periodo di tempo relativamente breve. Insomma la Nuvola deve essere un cittadino temporaneo dello spazio interstellare. Avanti, Bill, tira fuori qualche altra obiezione.»

«Be’… avrei un altro problema. Non potrebbe la Nuvola creare da sola le sue radiazioni? Perchè prendersi la briga di venire presso una stella? Se essa si intende di fusioni nucleari, al punto di produrre quelle gigantesche esplosioni, perchè non dovrebbe servirsi della fusione nucleare per produrre la sua riserva di radiazioni?»

«Per produrre radiazioni in maniera controllabile occorre un reattore lento, e una stella è appunto un reattore lento. Il Sole altro non è se non un reattore lento a fusione nucleare. Per produrre radiazioni paragonabili a quelle del Sole, la Nuvola dovrebbe addirittura trasformarsi in una stella. In questo modo la bestia finirebbe arrostita, perchè all’interno ci sarebbe troppo calore.»

«Ma anche così io non credo che una nuvola di quella massa riesca a produrre grandi radiazioni,» osservò

Marlowe. «La sua massa è troppo piccola. In quanto al rapporto massa-luminosità, in confronto a quello del Sole, quello della Nuvola sarebbe niente. No, è un discorso sbagliato, Bill.»

«Anch’io vorrei fare una domanda,» fece Parkinson. «Perchè dite sempre <bestia> al singolare? Non potrebbe darsi che nella Nuvola ci siano tante… bestioline?»

«Ho una risposta, ma mi ci vorrà del tempo a spiegarla.»

«Be’, credo che stanotte non avremo voglia di dormire, perciò vada avanti.»

«Cominciamo col supporre, come dice Parkinson, che dentro la Nuvola ci siano tante bestioline, invece di una sola, grossa. Dovrete concedermi in questo caso che fra gli individui interni alla Nuvola si sia stabilito un qualche rapporto di comunicazione.»

«Certamente.»

«E allora che forma dovrebbe avere tale comunicazione?»

«Ce lo devi dir tu, Chris.»

«Era una domanda retorica. Ritengo che non sarebbe possibile la comunicazione così come la intendiamo noi. Noi comunichiamo con mezzi acustici.»

«Vuoi dire parlando. Certo, tu almeno fai così, Chris,» disse Ann Halsey.

Kingsley non raccolse e continuò.

«Qualsiasi tentativo di far uso del suono sarebbe frustrato dall’enorme volume di fondo che deve esistere all’interno della Nuvola. Sarebbe come — anzi peggio — voler parlare mentre infuria la tempesta. Possiamo quindi ritenere che una possibile comunicazione all’interno della Nuvola dovrebbe avvenire elettricamente.»

«Mi sembra giusto.»

«Bene, andiamo avanti. La distanza fra i singoli individui all’interno della Nuvola dovrebbe essere molto grande — sempre sul nostro metro — perchè la Nuvola è molto grande. Sarebbe quindi difficilissimo, con tali distanze, usare metodi C.C.»

«Metodi C.C.? Chris, cerca di evitare il gergo.»

«Corrente continua.»

«Ah sì, ora capisco.»

«Insomma come succede al telefono. Detto all’ingrosso: la differenza fra comunicazione C.C. e comunicazione C.A. è la stessa che tra telefono e radio.»

Marlowe guardò Ann Halsey e sorrise.

«Chris sta cercando di spiegarci, a modo suo, che la comunicazione deve avvenire per propagazione radiante.»

«Se crede che in questo modo sia più chiaro…»

«Ma certo che è chiaro, non fare il sabotaggio, Ann. La propagazione radiante avviene quando emettiamo un segnale luminoso o un segnale radio. Questo viaggia per lo spazio, nel vuoto, a una velocità di 300.000 km al secondo. Ma anche a questa velocità ci vorrebbero circa dieci minuti perchè un segnale traversasse la Nuvola.

«Secondo: la quantità di informazioni che si possono trasmettere per propagazione radiante è enormemente più grande di quella che si può trasmettere nella maniera comune, con il suono. Lo abbiamo visto poco fa coi nostri radiotrasmettitori. Perciò se la Nuvola contenesse individui distinti, essi dovrebbero poter comunicare fra di loro in maniera molto più veloce della nostra. Quel che noi riusciamo a dire con un’ora di chiacchiere, essi lo direbbero in un centesimo di secondo.»

«Ah, comincio a capire,» intervenne McNeil. «Se le comunicazioni avvengono in questo modo, allora non si può più nemmeno parlare di individui distinti.»

«Ci sei, John.»

«Ma non ci sono io,» disse Parkinson.

«In parole povere,» rispose McNeil, «Chris vuol dir questo: se nella Nuvola ci sono degli individui, essi devono avere un’alta capacità telepatica, al punto che non significa più nulla considerarli separati l’uno dall’altro.»

«E allora perchè non lo ha detto subito?» fece Ann Halsey.

«Perchè come tutte le <parole povere>, il termine <telepatia> non significa niente.»

«Ma per me significa molto.»

«E cosa significa per te, Ann?»

«Significa comunicare i propri pensieri senza parlare, anzi senza nemmeno scrivere o fare un cenno o… niente, insomma.»

«In altre parole significa — ammesso che significhi qualcosa — comunicazione con mezzi non acustici.»

«E ciò si chiama propagazione radiante,» intervenne Leicester.

«E propagazione radiante significa usare correnti alternate, e non le correnti continue e i voltaggi che usa il nostro cervello.»

«Ma io pensavo che in qualche misura noi fossimo capaci di comunicare per telepatia,» disse Parkinson.

«Ah! Il nostro cervello non ha la possibilità di comunicare per telepatia. Si basa tutto su voltaggi C.C., e in quel modo è impossibile la trasmissione radiante.»

«Forse dico una sciocchezza, ma credevo che tutti questi tipi di poteri extrasensoriali fossero riusciti a stabilire comunicazioni tra di loro,» insistè Parkinson.

«Cattiva scienza, accidenti,» brontolò Alexandrov. «Comunicazioni dopo esperimento molto male. Solo predizione in scienza.»

«Non capisco.»

«Alexis vuol dire che nella scienza contano soltanto le predizioni,» spiegò Weichart. «È proprio in questo modo che Kingsley mi ha messo alle corde. Non serve far prima un sacco di esperimenti e poi scoprire un sacco di rapporti, a meno che questi rapporti non possano essere utilizzati per avere nuove predizioni. Altrimenti è come puntare su un cavallo dopo che la corsa è finita.»

«Le idee di Kingsley sono molto interessanti anche

per ciò che implicano da un punto di vista neurologico,» osservò McNeil. «Per noi la comunicazione è un problema di enorme difficoltà. Anche in noi avviene un passaggio di energia elettrica — essenzialmente energia C.C. -; avviene nei nostri cervelli. Per far questo buona parte del cervello è occupata a controllare i muscoli delle labbra, e le corde vocali. Ma anche così questo processo è assai difficile. Ce la caviamo meglio con le idee semplici, ma la comunicazione dei sentimenti è molto difficile. Invece le bestioline di Kingsley dovrebbero essere in grado di comunicare anche i sentimenti, ed ecco un’altra ragione per cui non ha senso parlare di individui distinti. Fa spavento pensare che tutte le cose di cui abbiamo parlato stasera, e che ci siamo in tal modo scambiate, in maniera tanto approssimativa, quelle stesse cose le bestioline di Kingsley, in un centesimo di secondo, se le potrebbero comunicare con precisione enormemente maggiore.»