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«Senti una cosa, Chris. Non ho mai conosciuto una persona capace quanto te di trovar lavoro al prossimo. Tocca a te, però, preparare tutto il programma.»

«Certo.»

«Bel lavoro, eh? E intanto noi poveracci ci dobbiamo massacrare con quei ferri da saldatura, bruciarci i pantaloni e Dio sa cos’altro. Per il suono, che voce debbo usare?»

«La tua, Harry. Te lo concedo come compenso a tutti quei buchi nei pantaloni.»

Col passar del tempo Harry Leicester parve sempre più propenso ad accettare l’idea di tradurre in suono i messaggi della Nuvola. Dopo qualche giorno se ne andava in giro con uno strano ghigno sul volto, ma nessuno ne comprese il motivo.

Il sistema della televisione si dimostrò ottimo. Dopo quattro giorni fu ricevuto un messaggio che diceva:

«Congratulazioni per il miglioramento tecnico.»

Questo messaggio comparve sullo schermo televisivo, perchè non funzionava ancora il sistema di conclusione sonora.

La trasmissione delle parole singole si dimostrò alquanto più difficile del previsto, ma finalmente ci riuscirono. La trasmissione di opere matematiche e scientifiche invece fu più semplice. Fu presto chiaro che queste trasmissioni servivano soltanto a mettere la Nuvola al corrente delle condizioni del progresso umano: come quando un bambino fa vedere i compiti a un grande. Poi si cominciarono a trasmettere libri sui problemi sociali. Difficile fu scegliere il migliore: decisero alla fine di trasmetterne diversi, scelti a caso. Fu subito chiaro che la Nuvola trovava più difficile assorbire questo materiale. Alla fine venne la risposta, sempre sullo schermo televisivo. -

«Le ultime trasmissioni paiono assai confuse e strane. Ho molte domande da porre: ma preferisco rimandarle a dopo. Sia detto tra parentesi, le vostre trasmissioni interferiscono molto seriamente, essendo vicino il vostro trasmettitore, con vari messaggi esterni che desidero ricevere. Per questo motivo vi mando la cifra che segue. In seguito userete sempre questa. Voglio creare uno schermo elettronico contro il vostro trasmettitore. La cifra servirà a segnalare che volete passare oltre lo schermo. Se è opportuno vi sarà concesso di farlo. Attendetevi un’ulteriore trasmissione tra circa 48 ore.»

Sul televisore si disegnò un complicato gioco di luci. Poi seguì un altro messaggio:

«Prego confermare che avete ricevuto la cifra e che potete usarla.»

Leicester tentò questa risposta:

«Abbiamo registrato la vostra cifra. Crediamo di poterla usare, ma non ne siamo certi. Ve ne daremo conferma con la prossima trasmissione.»

Ci fu una pausa di circa 10 minuti poi giunse la replica:

«Benissimo. Addio.»

Kingsley spiegò ad Ann Halsey:

«La pausa dipende dal tempo necessario perchè la trasmissione raggiunga la Nuvola e perchè la risposta torni fino a noi. Per questo motivo sarà bene evitare i messaggi brevi.»

Ma ad Ann Halsey non interessavano tanto le pause quanto il tono dei messaggi della Nuvola.

«Pareva proprio un essere umano,» disse con gli occhi spalancati dallo stupore.

«Certo. Come avrebbe potuto essere altrimenti? Usa il nostro linguaggio, il nostro frasario, per questo pare un essere umano.»

«Ma era tanto carino quell’<addio>.»

«Che sciocchezza! Per la Nuvola, forse, <addio> è solo un termine convenzionale per significare che la trasmissione è finita. Ricorda che la Nuvola ha imparato la nostra lingua a pezzi e bocconi, e in una quindicina di giorni. Non mi sembra una cosa tanto umana.»

«Oh, Chris, quanto sei tetro; sei proprio — come si suol dire — un funerale. È vero, Geoff?»

«Funerale? Direi di si, signora, il più grosso e possente funerale della cristianità. Signor sì! Ma senti, Chris, cosa ne pensi?»

«Pensavo che è buon segno che la Nuvola ci abbia mandato la cifra.»

«Anch’io. Ci tira su il morale, e Dio sa se ne abbiamo bisogno. Non è stata un’annata facile. Mi par di sentirmi meglio, se penso al giorno che ti venni a prendere all’aeroporto di Los Angeles: quanto tempo è passato!»

Ann Halsey arricciò il naso.

«Non capisco perchè la fate tanto lunga con questa cifra, mentre poi vi siete affrettati a buttare acqua fredda sul mio <addio>.»

«Perchè, mia cara,» rispose Kingsley, «l’invio di quella cifra è un gesto ragionevole e razionale. È un contatto, un segno di comprensione, senza alcun rapporto col linguaggio, mentre quel tuo <addio> è solo una glossa linguistica superficiale.»

Leicester venne loro incontro.

«Questa pausa di due giorni è proprio una fortuna Credo che nel frattempo riusciremo a mettere a punto il sistema sonoro.»

«E la cifra?»

«Son certo che funzionerà, ma ho pensato che sia meglio premunirsi.»

Due giorni dopo, a sera, erano tutti riuniti nel laboratorio di trasmissione. Leicester e i suoi amici si apprestavano a dare gli ultimi ritocchi. Erano quasi le 8 quando sullo schermo comparvero i primi segnali luminosi. Poi le parole.

«Azioniamo il sonoro,» disse Leicester.

Si misero tutti a ridere quando dall’altoparlante si sentì la voce perchè era la voce di Joe Stoddard che parlava. Per un paio di minuti pensarono quasi tutti che fosse uno scherzo, ma poi si accorsero che la voce ripeteva esattamente le parole comparse sullo schermo. E poi quel che diceva la voce non poteva essere farina del sacco di Joe Stoddard.

Lo scherzo di Leicester serviva a qualcosa. Evidentemente non aveva avuto tempo sufficiente per dare inflessioni alla voce: ogni parola era pronunciata sempre allo stesso modo, tra una parola e l’altra c’era sempre lo stesso intervallo, tranne che per la fine dei periodi, dove la pausa era un po’ più lunga. Per questo andava meglio la voce di Joe Stoddard, quasi priva di inflessioni. E Leicester aveva abilmente regolato il ritmo della trasmissione con quello di Joe Stoddard. Perciò, anche se la voce della Nuvola era un’imitazione artificiale di Joe, tuttavia come imitazione era buona ma nessuno riuscì ad abituarsi al fatto che la Nuvola parlasse con la lenta cadenza del West, nè agli errori di pronuncia di Joe. Da quel momento la Nuvola fu ribattezzata Joe.

Il primo messaggio di Joe diceva press’a poco così:

«La vostra prima trasmissione mi ha sorpreso, perchè è molto insolito trovare sui pianeti animali forniti di capacità tecniche.»

Chiesero a Joe il perchè.

«Per due semplici ragioni. Vivendo alla superficie di un corpo solido, voi siete soggetti a una grande forza gravitazionale. Questo fatto limita grandemente la crescita dei vostri animali, e quindi limita anche l’estensione della vostra attività neurologica. Vi costringe a crearvi una struttura muscolare per potervi muovere, vi costringe a portarvi dietro una corazza protettiva contro gli urti violenti: per esempio il cranio è una protezione indispensabile per il vostro cervello. Il peso morto dei muscoli e della corazza riduce ancora l’ambito delle vostre attività neurologiche. Infatti anche i vostri animali più grossi sono fatti principalmente di ossa e di muscoli, con pochissimo, cervello. Come ho già detto, la causa di questa difficoltà è il forte campo gravitazionale. In linea generale non ci si attende vita intelligente sui pianeti, ma solo in un mezzo gassoso e diffuso.

«Secondo fattore a voi sfavorevole è l’estrema carenza di alimenti chimici fondamentali. Per costruire alimenti chimici su vasta scala è necessaria la luce delle stelle. Il vostro pianeta invece assorbe solo una parte piccolissima della luce del Sole. In questo momento mi sto costruendo gli alimenti chimici fondamentali in misura di dieci miliardi di volte più grande di quella che si realizza su tutta la superficie del vostro pianeta.