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«Questa carenza di alimenti chimici vi costringe a vivere mangiando; e in questa situazione è difficile che i primi barlumi dell’intelletto abbiano il sopravvento sui muscoli e sulle ossa. Certo, una volta che si sia affermata l’intelligenza, diventa più facile la lotta coi muscoli e con le ossa, ma i primi passi sono i più difficili — tanto più che il vostro caso è una rarità tra le forme di vita dell’universo.»

«Vorrei che lo sentissero i fanatici dei viaggi spaziali,» disse Marlowe. «Harry, chiedigli perchè qui sulla Terra si è formata l’intelligenza.»

Fu posta la domanda e poco dopo venne la risposta:

«Forse dalla combinazione di varie circostanze. la più importante, secondo me, è la nascita, cinquanta milioni di anni fa, di un nuovo tipo di pianta: la pianta che voi chiamate erba. La nascita di questa pianta provocò l’improvvisa riorganizzazione di tutto il mondo animale, dovuta al fatto singolarissimo che l’erba, a differenza di tutte le altre piante, si può cogliere a livello del terreno. Diffondendosi su tutta la Terra i prati erbosi, sopravvissero e si svilupparono quegli animali che potevano profittare di questa singolarità. Altri animali invece si estinsero. Mi pare che sia stato questo grande successo di riadattamento a permettere che l’intelligenza comparisse sul vostro pianeta.

«Ci sono alcuni fattori assai insoliti che hanno reso difficile decifrare il vostro sistema di comunicazione,» continuò la Nuvola. «In particolare mi sembra stranissimo che i vostri simboli di comunicazione non abbiano alcun rapporto stretto con l’attività neurologica dei vostri cervelli.»

«Avremmo dovuto dir qualcosa in proposito,» osservò Kingsley.

«Ma certo. Mi pareva impossibile che tu riuscissi a star buono un po’ di tempo, Chris,» osservò Ann Halsey.

Kingsley spiegò la differenza fra comunicazione C.A. e C.C., e chiese a Joe se anche lui funzionava su base C.A. Joe rispose affermativamente e continuò:

«Non è la sola stranezza. Quella maggiore è l’estrema somiglianza, presso di voi, fra un individuo e l’altro. Questo vi consente di adoperare un metodo di comunicazione molto rudimentale. Voi applicate tante etichette ai vostri stati neurologici: ira, mal di testa, fastidio, felicità, malinconia, sono tutte etichette. Se il signor A vuol dire al signor B che gli fa male la testa, non tenta neppure di descrivere la disfunzione neurologica che avviene nella sua testa. Preferisce mostrargli un’etichetta, e cioè dirgli: <Mi fa male la testa.>

«Quando il signor B sente queste parole, prende la etichetta <mal di testa> e la interpreta secondo la sua propria esperienza. Così il signor B si rende conto della disfunzione del signor A, anche se nè il primo nè il secondo sanno minimamente che cosa sia in realtà <mal di testa>. Questo singolarissimo metodo di comunicazione è possibile solo tra individui quasi identici.»

«Possiamo dirlo anche così,» fece Kingsley. «Dati due individui assolutamente identici, non è necessaria alcuna comunicazione fra di essi, perchè ognuno sa automaticamente l’esperienza dell’altro. Tra individui quasi identici basta un metodo di comunicazione rudimentale. Invece fra due individui molto differenti, è necessario un sistema di comunicazione assai più complesso.»

«È proprio quel che stavo cercando di spiegare. A questo punto dovrebbe esser chiara la difficoltà che ho incontrata per decifrare il vostro linguaggio. È un linguaggio che si adatta a individui molto simili, mentre fra me e voi c’è una grande differenza, molto più grande di quella che forse voi immaginate. Per fortuna i vostri stati neurologici mi sembrano abbastanza semplici. Appena sono riuscito a comprenderli in qualche misura, ho potuto decifrare le vostre comunicazioni.»

«Abbiamo qualcosa in comune da un punto di vista neurologico?» chiese McNeil. «Per esempio, avete qualcosa che corrisponda al nostro <mal di testa>?»

Giunse la risposta:

«In senso lato anche noi proviamo i sentimenti del piacere e del dolore, ma questo è possibile solo in una creatura che possieda un complesso neurologico. Il sentimento del dolore corrisponde a un’acuta disfunzione degli schemi neurologici, e questo può accadere tanto a me che a voi. La felicità è una condizione dinamica, nella quale si estendono gli schemi neurologici e non si guastano: questo può accadere tanto a me che a voi. A parte queste somiglianze, immagino che le mie esperienze soggettive siano molto diverse dalle vostre. Ma anche in questo siamo simili: anch’io considero i sentimenti dolorosi tali che bisogna evitarli, mentre ricerco quelli piacevoli.

«Più precisamente: i vostri mal di testa derivano da un errato afflusso di sangue che interrompe, nei vostri cervelli, l’esatta sequenza delle scariche elettriche. Io provo qualcosa di simile al mal di testa se nel mio sistema nervoso entra del materiale radioattivo. Ciò provoca scariche elettriche, in maniera simile a quella che si dà nei vostri contatori Geiger. Queste scariche interferiscono con il mio senso del tempo e producono un’esperienza soggettiva estremamente spiacevole.

«Ora voglio farvi una domanda d’argomento diverso. Mi interessano quelle che voi chiamate <le arti>. Capisco la letteratura, deve essere l’arte di disporre idee e sentimenti in parole. Le arti visive hanno un chiaro rapporto con la vostra percezione del mondo. Ma non capisco affatto la natura della musica. Non vi dovrebbe sorprendere la mia ignoranza al proposito, perchè non mi avete ancora, che io sappia, trasmesso della musica. Volete per cortesia colmare questa lacuna?»

«Ecco la tua occasione, Ann,» disse Kingsley. «E che occasione! Nessun musicista ha suonato mai di fronte a un pubblico simile.»

«Cosa devo suonare?»

«Che ne pensi di quel Beethoven che hai eseguito l’altra sera?»

«L’opera 106? È un po’ difficile per un principiante.»

«Avanti, Ann. Fatti sentire dal vecchio Joe,» intervenne Barnett.

«Non c’è bisogno che tu suoni se non vuoi, Ann. Ho fatto la registrazione,» disse Leicester.

«Come è venuta?»

«Ottimamente, da un punto di vista tecnico. Se tu sei soddisfatta dell’esecuzione, possiamo cominciare a trasmettere quasi subito.»

«Forse è meglio la registrazione. Vi parrà sciocco, ma temo che sarei nervosa se dovessi mettermi a suonare per quel coso.»

«Non far la sciocca. Il vecchio Joe non morde.»

«Forse no, ma preferisco la registrazione.»

La trasmisero. E dall’altra parte venne la risposta.

«Molto interessante. Vi prego di ripetere la prima parte a velocità maggiorata del trenta per cento.»

Fatto questo venne ancora un messaggio:

«Meglio. Benissimo. Intendo pensarci sopra. Addio.»

«Dio mio, lo hai distrutto, Ann!» esclamò Marlowe.

«Mi chiedo come possa la musica aver qualche effetto su Joe. Dopo tutto la musica è suono, e noi abbiamo convenuto che il suono non dovrebbe significar nulla per lui,» osservò Parkinson.

«Non sono d’accordo,» fece McNeil. «Non c’entra nulla il suono con la nostra capacità di apprezzare la musica, anche se a prima vista può sembrare altrimenti. Il nostro cervello apprezza non il suono, ma gli stimoli elettrici che riceve dall’orecchio. Noi usiamo il suono solo come espediente per produrre certi schemi di attività elettrica. Ci sono prove a sufficienza per dimostrare che i ritmi musicali riproducono sostanzialmente i ritmi elettrici che avvengono nel cervello.»

«È molto interessante, John,» esclamò Kingsley. «Perciò potremmo dire che la musica dà la più diretta espressione delle attività del cervello.»

«No, non arriverei a dire tanto. Direi piuttosto che la musica ci dà il migliore indice degli schemi generali del cervello, mentre le parole sono il miglior indice degli schemi particolari.»