Invece la risposta arrivò.
«È difficile per me rispondere alla vostra domanda, perchè la risposta implica un ambito di esperienza del quale nè voi nè io sappiamo nulla. Nei nostri precedenti colloqui non abbiamo discusso la natura delle credenze religiose degli uomini. A me parvero assai illogiche, e comprendendo che anche voi le considerate tali, non mi parve utile prenderle in considerazione. Grosso modo la religione tradizionale, così come molti uomini l’accettano, è un tentativo illogico di concepire entità esterne all’universo. Poichè l’universo comprende tutto, è chiaro che nulla può esserci al di fuori di esso. L’idea di un <dio> che crea l’universo è un’assurdità di tipo meccanicistico, chiaramente derivata dal fatto che l’uomo costruisce macchine. Credo che su tutto questo possiamo essere d’accordo.
«Tuttavia restano molti problemi misteriosi. Forse vi siete chiesti se possa esistere un’intelligenza più grande della vostra. Ora lo sapete. Similmente io mi chiedo se possa esistere un’intelligenza più grande della mia. Non ce n’è nella Galassia, e nemmeno nelle altre galassie, che io sappia. Tuttavia mi sembra che ci sia la prova di una intelligenza massima, la quale abbia parte rilevantissima nella nostra esistenza. Altrimenti chi stabilisce il comportamento della materia? Chi determina le leggi della fisica? E perchè quelle leggi, e non altre?
«Questi problemi sono di difficoltà immensa, tanto che nemmeno io sono riuscito a risolverli. Una cosa è chiara: questa intelligenza, se esiste, non può avere limiti nè spaziali nè temporali.
«Ho detto che questi problemi sono di difficoltà estrema: eppure c’è la prova che la soluzione esiste. Circa duemila milioni di anni fa uno di noi affermò di averla trovata.
«La notizia della soluzione fu trasmessa, ma prima di potere riceverla, la trasmissione fu interrotta bruscamente. Tentarono di ristabilire i contatti con quell’individuo, ma senza riuscirvi. Anzi, di quell’individuo non si trovò più traccia fisica.
«Gli stessi fatti accaddero di nuovo circa quattrocento milioni di anni fa. Lo ricordo bene perchè fu poco dopo la mia nascita. Ricordo di aver ricevuto un messaggio trionfante; si era trovata la soluzione dei massimi problemi. Aspettai con grande ansia, ma nemmeno questa volta giunse la soluzione. E nemmeno questa volta si trovò più traccia di quell’individuo.
«Gli stessi fatti si stanno ripetendo ancora una terza volta. L’individuo che sostiene di aver fatto la grande scoperta si trova a poco più di due anni luce da qui. Io sono l’essere a lui più vicino, ed è quindi necessario che parta senza indugio. Ecco il motivo della partenza.»
Kingsley afferrò il microfono.
«Che cosa sperate di scoprire, una volta giunto sul posto? Avete riserve sufficienti di alimentazione?»
Arrivò la risposta.
«Grazie per la premura. Ho una riserva di alimenti chimici. Non grande, ma sufficiente, purchè viaggi a velocità massima. Avevo pensato di rimandare la partenza per un certo numero di anni, ma in queste circostanze un indugio non è giustificato. Spero di riuscire a risolvere una vecchia controversia. Qualcuno ha affermato — ma a me non sembra plausibile — che questi singolarissimi eventi derivano da una condizione neurologica abnorme, alla quale segue il suicidio. Non è insolito che il suicidio prenda la forma di grande esplosione nucleare, che provoca la disgregazione completa dell’individuo. Se fosse accaduto questo, potremmo spiegarci perchè in questi strani casi non fu possibile trovare traccia materiale degli individui scomparsi.
«Nel caso attuale io dovrei poter verificare questa teoria: l’incidente infatti, qualunque esso sia, è stato così vicino che posso raggiungere il luogo in due o trecento anni appena. È un tempo così breve che, se c’è stata l’esplosione, i frantumi non dovrebbero essere ancora dispersi completamente.»
Alla fine del messaggio Kingsley volse gli occhi in giro.
«Ragazzi, forse questa è l’ultima nostra occasione per far domande. Sarà bene prepararne una lista. Avete qualcosa da proporre?»
«Ecco, vorrei sapere cosa è successo a quegli individui, se non hanno commesso un suicidio? Chiedigli quel che pensa,» fece Leicester.
«Dovremmo anche sapere se abbandonerà il sistema solare in modo da non danneggiare la Terra,» osservò Parkinson.
Marlowe annuì.
«Giusto. A me pare che ci siano tre possibili inconvenienti:
1. essere colpiti da uno di quei lanci di gas, quando la Nuvola inizia l’accelerazione;
2. che la nostra atmosfera si mescoli con la Nuvola e se ne parta;
3. che il calore eccessivo ci arrostisca; calore eccessivo che può derivare o dalla troppa riflessione della luce solare sulla superficie della Nuvola — quel che è successo nell’epoca del grande caldo — o dall’inerzia liberata nel processo di accelerazione.»
«Benissimo. Facciamo le domande.»
La risposta della Nuvola superò decisamente le loro più rosee speranze.
«Ci ho pensato con molta attenzione,» disse, «voglio creare uno schermo per proteggere la Terra durante le fasi iniziali dell’accelerazione. L’accelerazione sarà assai più violenta della decelerazione. Sarà quindi necessario che il materiale schermante si muova intorno al Sole, e la luce, per una quindicina di giorni, scomparirà; ma credo che questo non possa causarvi danno permanente. Durante gli ultimi stadi della mia partenza vi sarà certamente una certa quantità di riflessioni della luce solare, ma non in misura eccessiva: non quanto al tempo del mio arrivo.
«È difficile darvi una risposta all’altra domanda, che possa esservi comprensibile, d ate le con dizioni attuali della vostra scienza. A dirla così all’ingrosso, pare che vi siano dei limiti di natura fisica alla qualità delle informazioni che si possono scambiare tra un’intelligenza e l’altra. Sospetto che esista una barriera assoluta per quanto riguarda l’invio di notizie sui massimi problemi. Mi sembra che l’intelligenza che tenta di comunicare tali informazioni venga ingoiata dallo spazio; cioè lo spazio si richiude su di essa, in modo tale che non è più possibile comunicare con altri individui di una gerarchia simile.»
«Tu lo capisci, Chris?» chiese Leicester.
«No. Ma c’è un’altra domanda che voglio porre.»
Ed ecco la domanda di Kingsley:
«Avrete notato che non abbiamo mai tentato di chiedervi notizie su teorie e fatti fisici che a noi sono ignoti. Tale omissione non dipende da mancanza di interesse; nè pensavamo di avere la possibilità di chiedervelo più avanti. Ora è chiaro che tale possibilità non ci sarà più. Cosa ci proponete per impiegar meglio il poco tempo che ci resta?»
Ecco la risposta:
«È una questione a cui ho già pensato. C’è una difficoltà fondamentale. Tutte le discussioni si sono svolte finora nella vostra lingua. Mi sono quindi limitato alle idee che siano comprensibili, pur se espresse in tale lingua: cioè mi sono limitato alle cose che già conoscete. Se non imparate, almeno in parte, la mia lingua, non è possibile la trasmissione di conoscenze radicalmente nuove.
«Ciò solleva due problemi, uno di natura pratica e l’altro di natura vitale: cioè se il cervello umano possiede un’adeguata capacità neurologica. Non so rispondere a quest’ultima domanda. Ma ritengo per qualche motivo che mi sia lecito un certo ottimismo. Le spiegazioni che di solito si presentano per giustificare l’esistenza di uomini di genio superiore, mi sembrano certamente sbagliate. Il genio non è un fenomeno biologico. Un bambino non possiede genio, al momento della nascita: il genio si apprende. I biologi che sostengono il contrario ignorano persino i fatti che riguardano la loro scienza. Non sanno cioè che la specie umana non è selezionata per il genio; d’altra parte non c’è prova alcuna che il genio si trasmetta da padre in figlio.
«La rarità del genio si spiega con la teoria delle probabilità. Il bambino, prima di raggiungere l’età adulta, deve imparare molte cose. Operazioni come le moltiplicazioni dei numeri si possono apprendere in diversi modi. Cioè il cervello può svilupparsi in molteplici direzioni, che portano tutte alla capacità di moltiplicare i numeri, ma non tutte con la stessa facilità. Quelli che si sviluppano in maniera positiva li definiamo <buoni> in aritmetica, quelli che invece si sviluppano in maniera negativa sono detti <lenti> in aritmetica. Ebbene, che cosa determina la maniera in cui si sviluppa una certa persona? Soltanto il caso. E il caso spiega la differenza tra il genio e il deficiente. Genio è colui che ha avuto fortuna in tutti questi processi di apprendimento. Il deficiente è il contrario; e la persona normale, è quella che non ha avuto nè fortuna nè sfortuna particolare.»