«Temo di essere troppo deficiente per comprendere le cose di cui sta parlando. C’è qualcuno che me le sappia spiegare?» osservò Parkinson appena ci fu una pausa nella trasmissione.
«Be’, ammesso che l’apprendimento possa avvenire in numerose forme, alcune delle quali migliori delle altre, bisogna concludere che la questione è tutta in mano al caso. Per fare un esempio, è come il totocalcio. Se il cervello deve svilupparsi fino al più alto grado di efficienza non in un processo di apprendimento solo, ma in una dozzina di processi simili, le probabilità che ne venga fuori un genio sono pari a quelle di azzeccare la schedina giusta.»
«Capisco. Si spiega così la ragione per cui il genio è così raro,» spiegò Parkinson.
«Sì, è raro — e forse anche di più — come è raro vincere al totocalcio una grossa somma. E spiega anche il motivo per cui un genio non può trasmettere le sua capacità a un figlio. La fortuna non è mai caratterizzata dall’ereditarietà.»
Ma la Nuvola riprese il suo messaggio.
«Da tutto questo deriva che il cervello umano è sostanzialmente capace di prestazioni assai migliori, purchè l’apprendimento si svolga sempre nella maniera più giusta. E proprio questo vorrei proporvi. Qualcuno di voi dovrebbe cercare di apprendere il mio metodo di pensiero, e usarlo nella maniera più profittevole. È evidente che il processo di apprendimento non può svolgersi nel vostro linguaggio: pertanto la comunicazione dovrà procedere in un modo assai diverso. Dei vostri organi sensori, il più adatto a ricevere informazioni complete è l’occhio. È vero che quasi mai voi usate gli occhi nel linguaggio ordinario, ma soprattutto con gli occhi il bambino si crea il quadro del mondo complesso che lo circonda. Ecco perchè intendo aprirvi, per mezzo degli occhi, un mondo nuovo.
«Non mi occorrono mezzi complessi. Ora ve li descriverò.»
Seguirono certi particolari tecnici di cui Leicester prese nota. Quando la Nuvola ebbe finito Leicester osservò:
«Be’, non sarà difficile. Basta un certo numero di circuiti filtranti e una batteria intera di schermi a raggi catodici.»
«Ma come riceveremo la trasmissione?» chiese Marlowe.
«Naturalmente per radio, e poi attraverso i circuiti che filtrano le varie parti dei messaggi e l’indirizzano ai diversi schermi.»
«Dovrà esserci una cifra per ogni filtro.»
«Certo. In tal modo si potrà dare un certo ordine agli schermi: tuttavia non so ancora cosa ne ricaveremo.»
«Meglio cominciare. Il tempo stringe,» disse Kingsley.
Nelle successive ventiquattro ore il morale migliorò a Nortonstowe. Il gruppo che si riunì davanti al nuovo impianto, la sera seguente, era, entro certi limiti, formato da gente soddisfatta.
«Comincia a nevicare,» osservò Barnett.
«Mi sembra che dovremo aspettarci una brutta invernata, a parte quei quindici giorni di gelo e di buio,» fece Weichart.
«Servirà a qualcosa questa pantomima?
«Non lo so. Non vedo cosa possiamo sperar di cogliere, stando a guardare questi schermi.»
«Nemmeno io.»
Il primo messaggio della Nuvola fu piuttosto confuso.
«Sarà bene, almeno da principio, che ascolti una sola persona. Più tardi, forse potrò istruire anche gli altri.»
«Ma io pensavo che ci sarebbe stata una seduta plenaria,» osservò qualcuno.
«No, è giusto,» fece Leicester. «Se guardate bene vi accorgete che gli schermi sono orientati in modo da adattarsi a una persona che stia seduta proprio su questa sedia. Su questo punto ci ha dato istruzioni precise. Non so cosa significhi ma spero che tutto sia a posto.?»
«Allora, a quanto pare, dovremo chiedere chi si offre volontario,» esclamò Marlowe. «Chi è il primo?»
Ci fu una lunga pause di silenzio imbarazzante. Poi parlò Weichart.
«Se gli altri si vergognano, mi offro io di far da cavia.»
McNeil lo fissò.
«C’è una cosa, Weichart. Si rende conto che quest’affare forse implica un certo pericolo? Le è chiaro questo, no?»
Weichart si mise a ridere.
«Non si preoccupi. Non è la prima volta che me ne sto per qualche ora a guardare uno schermo a raggi catodici.»
«Benissimo, allora, se vuol provare, si accomodi pure.»
«Attento alla sedia, Dave, forse Harry ci ha inserito la corrente,» fece Marlowe ridendo.
Poco dopo sugli schermi cominciarono a lampeggiare delle luci.
«Joe ha cominciato,» disse Leicester.
Era difficile dire se quelle luci avessero una qualche forma significativa.
«Che cosa dice, Dave? Ricevi il messaggio?» chiese Barnett.
«No, non capisco,» osservò Weichart allungando una gamba. «È un rompicapo incomprensibile. Ma io cerco di tirarne fuori un significato.»
Passava il tempo, e gli altri ormai non s’interessavano più di quelle luci lampeggianti. Chiacchieravano fra di loro e Weichart rimase solo a guardare. Alla fine Marlowe gli chiese:
«Come va, Dave?»
Non rispose.
«Ehi, Dave, che succede?»
Silenzio assoluto.
«Dave!»
Marlowe e McNeil si avvicinarono a Weichart.
«Dave, perchè non rispondi?»
McNeil gli toccò la spalla, ma nemmeno allora egli rispose. Si accorsero che i suoi occhi fissavano un gruppo di schermi e poi rapidamente si spostavano su un altro gruppo.
«Che succede, John?» chiese Kingsley.
«Pare che sia in una sorta di stato ipnotico. Pare che non abbia altra sensibilità che quella visiva, e tutta assorbita da quegli schermi.»
«Possibile?»
«Eppure non è un fatto nuovo che uno stato di ipnosi sia indotto grazie ad un mezzo visivo.»
«E credi che l’induzione sia volontaria?»
«Mi pare più che probabile. Non posso credere che sia avvenuta per caso. Guardagli gli occhi. Guarda come si muovono. Non è un caso. Sembra un fatto deliberato.»
«Chi l’avrebbe mai detto che Weichart fosse un buon soggetto per un ipnotizzatore?»
«Nemmeno io l’avrei creduto. È una cosa formidabile, singolarissima.»
«Come sarebbe?» chiese Marlowe.
«Ecco: un ipnotizzatore comune si servirebbe di mezzi visivi per indurre uno stato ipnotico, ma non userebbe mai tali mezzi soltanto per trasmettere una notizia. L’ipnotizzatore parla al soggetto, lo informa cioè mediante le parole. Ma qui non ci sono parole. Ecco perchè mi sembra tanto strano.»
«Avrebbe dovuto avvertirne Dave. Sapeva, McNeil che sarebbe successo tutto questo?»
«No, almeno nei particolari. Ma i più recenti sviluppi della neurofisiologia hanno dimostrato gli stranissimi effetti che si producono quando la luce colpisce l’occhio a una velocità prossima a quella del cervello; del resto è evidente che la Nuvola non poteva fare quanto aveva promesso senza causare qualcosa di strano.»
Kingsley si avvicinò alla sedia.
«Credete che occorra fare qualcosa? Non so, portarlo via. Potremmo farlo.»
«Non lo consiglierei, Chris, potrebbe dibattersi, con nostro pericolo. Tutto sommato è meglio lasciarlo stare. Guardate come tiene gli occhi sbarrati. Certo, io gli starò vicino, ma voi potete andarvene. Lasciate con me qualcuno che, se necessario, possa portarvi le notizie… Stoddard, per esempio… e poi, se succede qualcosa, vi mando a chiamare.»