Rispose per lui, inaspettatamente, Sebire. «No, nient’affatto. Il signor Childes è un esperto di informatica, Edouard, una specie di genio, mi si dice.»
Childes lo guardò sorpreso. Chi lo dice, si chiese, Amy?
«Ah» fece Vigiers. «Allora sono ancora più curioso di sapere cosa l’ha portato ad insegnare ai giovani, non è quel che dite… dunque… un passo indietro? Giusto, sì? Mi scusi se sono indiscreto, ma un cambiamento netto di attività, une brusque changement de vie, diremmo noi, è sempre interessante, non è d’accordo?». Sorrise amabilmente e Childes si fece guardingo.
«Qualche volta ci si accorge che l’eterno gareggiare non è quel che fa per noi» rispose attento.
A Vivienne Sebire la risposta piacque e quindi aggiunse. «E chi potrebbe resistere alla quiete dell’isola, a dispetto di quello che fate voialtri affaristi per rovinarcela!». Lanciò un’occhiata intensa al marito.
La porta della cucina si aprì ed entrarono Amy e Helen con dei vassoi d’argento pieni di dolci.
«Altre delizie!» fece entusiasta George Duxbury. «In quale tentazione ci induci questa volta Vivienne?»
«C’è da scegliere» rispose, mentre i vassoi venivano posti al centro del tavolo. «Il cioccolato con le albicocche l’ho fatto io, il soufflé di lamponi è una specialità di Amy; naturalmente potete prenderli tutt’e due, se avete ancora posto.»
«Lo trovo, il posto!» l’assicurò Duxbury.
«Alla mia dietologa verrebbe un colpo se mi vedesse» disse la moglie allungando il piatto tra le risate di tutti. «Cioccolato con le albicocche grazie.»
Amy si mise seduta mentre Helen serviva. Vigiers si sporse verso di lei e le bisbigliò in tono confidenziale. «Io assaggerò il soufflé, ha un’aria invitante!»
Lei sorrise fra sé e sé. Edouard aveva una di quelle voci basse adatte alla vendita degli immobili in TV. «La mamma è una vera cuoca, io pasticcio solamente.»
«Sono sicura che lo sa fare molto bene. Suo padre mi diceva che anche lei insegna al La Roche.»
«Sì. Inglese e francese. Assisto anche nei corsi di dizione e recitazione.»
«Allora parla bene la mia lingua? Il vostro nome mi dice che siete di origine francese, sì? E se permette lei ha quel fascino particolare che hanno le donne del mio paese.»
«Fu proprio il vostro Victor Hugo che scrisse che queste isole erano brandelli di Francia raccolti dall’Inghilterra. Una volta facevamo parte del ducato di Normandia quindi molti di noi hanno antenati francesi. Alcuni degli anziani parlano ancora il ‘patois’, e sono sicura che avrà notato che i luoghi conservano il nome originale.»
«Siamo sempre stati un possedimento prezioso, per più di una nazione, Monsieur Vigiers» fece Grace Duxbury, che aveva ascoltato la conversazione.
«Mi auguro che il mio paese non vi abbia mai provocato fastidi» rispose lui con occhi divertiti.
«Fastidi?» rise Sebire. «Avete cercato di invaderci più volte, i vostri pirati hanno fatto scorribande per secoli, persino Napoleone ci provò, ma rimediò solo un occhio nero.»
Vigiers sorseggiò il vino con evidente spasso.
«Abbiamo comunque sempre molto apprezzato le nostre origini francesi,» continuò Sebire, «e devo dire che sono felice che i rapporti non si siano mai interrotti.»
«Mi pare di capire che i tedeschi non suscitano le stesse simpatie?»
«Decisamente no!» ringhiò Platnauer. «L’occupazione in tempo di guerra è ancora fresca nella memoria e poi ci sono tutti quei bunker e le difese costiere a ricordarceli. Devo dire però che non c’è animosità oggigiorno, alcuni veterani delle forze di occupazione tornano come turisti.»
«È curioso quanto quest’isola abbia sempre attratto l’uomo fin da epoche lontane» disse Sebire mentre sceglieva anche lui il soufflé. «Nel Neolitico arrivavano fin qui a seppellire i morti e a pregare i loro dei, vi sono ancora quelle massicce tombe di granito, l’isola è cosparsa di megaliti e menhir, quei massi che essi adoravano. Aimée perché non fai fare il giro dell’isola a Edouard domani? Lunedì deve tornare a Marsiglia e non ha ancora avuto il tempo di dare un’occhiata intorno. Che ne dici, Edouard?»
«Mi farebbe veramente piacere» rispose il francese.
«Mi dispiace ma io e Jon abbiamo altri impegni per domani». Amy sorrise ma lo sguardo che lanciò al padre era di ghiaccio.
«Sciocchezze!» insisté Sebire, cosciente del fastidio della figlia ma inamovibile. «Vi vedete sempre a scuola, e quasi tutte le sere mi pare, sono sicuro che a Jonathan non dispiace lasciarti libera qualche ora visto che il nostro ospite rimane così poco tempo.» Guardò ammiccante Childes in fondo al tavolo, egli stava conversando con Vivienne ma la sua attenzione venne immediatamente attratta dal sentire il proprio nome.
«Eh, sì, certo, cioè, sta a Amy decidere» disse incerto.
«Ecco fatto» fece Sebire sorridendo alla figlia. «Nessun problema!»
Imbarazzato Vigiers disse: «Ma non c’è problema, veramente, se…»
«Non c’è problema Edouard» lo interruppe Sebire. «Aimée è abituata ad intrattenere i miei ospiti d’affari. Ho spesso sperato che scegliesse la mia professione anziché l’insegnamento. Sarebbe stata un vero e proprio fiore all’occhiello per la società.»
«Sai bene che la finanza non mi dice nulla» rispose Amy, nascondendo la rabbia di non poter fare altro che accettare il ruolo impostole di guida turistica. Accidenti a Jon, perché non l’aveva tratta d’impaccio? «Mi piacciono i bambini, sono soddisfatta di fare qualcosa di utile. Non voglio criticare ma il vostro modo di fare soldi non mi gratificherebbe affatto, ho bisogno di un riscontro tangibile dei miei sforzi, non di cifre su un bilancio.»
«E ottiene questo con i suoi studenti?» chiese Vigiers.
«Sì! Con molti.»
«Con tutti, ne sono sicuro, se hanno te come educatrice.»
«Papà, non ho bisogno di uno sponsor!» minacciò lei.
I due uomini risero all’unisono e Grace Duxbury disse: «Non gli dar retta, Amy cara. Sono ambedue di quella razza quasi estinta che crede che gli uomini controllino il mondo. Mi dica, Monsieur Vigiers, ha avuto modo di provare i nostri ristoranti durante la sua sosta qui sull’isola? Come ha trovato la loro cucina in confronto a quelle, ottime, del suo paese?»
Mentre la conversazione proseguiva, Amy guardò Childes cercando di comunicargli il suo disappunto per l’indomani. Egli capì e scuotendo leggermente la testa alzò verso di lei il bicchiere. Alzando il proprio Amy rispose al brindisi.
Helen era tornata in cucina dove stava caricando piatti e posate nella lavastoviglie. Era contenta che la cena fosse andata così bene per la sua padrona. La signorina Amy era fortunata ad avere due cavalieri e Helen si chiese come facesse a resistere a quel francese così perbene, colto, con quei suoi modi francesi, quell’aria francese, e quella voce francese… irresistibile!
Rabbrividì e allungò la mano verso la finestra oltre il lavello. La notte s’era fatta fresca, buia, con solo una sottile falce di luna. Tirò a sé i vetri.
Attorno al tavolo si rideva. Duxbury, che oltre ad importare merci varie forniva di mobili, attrezzature e quant’altro servisse le aziende dell’isola e organizzava anche convegni commerciali per conto di società straniere, stava raccontando ai commensali una delle sue storielle su avvenimenti buffi che accadevano ai convegni, come sempre lunghissima ma divertente.
Childes prese una cucchiaiata di soufflé e fece una smorfia di apprezzamento a Amy, che abbozzò un bacetto di risposta. Si era sentito teso all’inizio della serata, sospettoso di Paul Sebire, guardingo, sicuro che sarebbe stato sottoposto a chissà quale prova di giudizio sul suo carattere, sul suo valore. Invece il finanziere era stato più che corretto, l’asprezza dei precedenti incontri dimenticata o, per lo meno, tenuta a freno. Eppure Childes non si sentiva rilassato; si era reso conto che il giovane francese non era solamente un ospite, ma era stato presentato da Sebire come rivale potenziale e la gita di Amy e Vigiers suggerita da Sebire gli confermava questo sospetto. Era ovvio e ingenuo, ma Childes doveva ammettere di avere l’aspetto un po’ dimesso in confronto a Vigiers.