Primo piano. Childes scrutò i corridoi a destra e a sinistra. Niente. Dall’alto si udì un rumore.
Si sporse oltre il corrimano. Rumori secchi, qualcosa veniva trascinato. Guardò in alto.
«No!» urlò. «Non farlo!»
Salì le scale a tre alla volta aiutandosi con il corrimano, il viso di un pallore mortale, non solo per lo sforzo della corsa.
Secondo piano. Non si udivano più rumori di sopra. Proseguì la rincorsa e avvertì uno scalpiccio.
Continuò a salire: un rumore come di un respiro strangolato.
Terzo piano, quasi. Un’ombra — che si muoveva in modo goffo e impacciato — sembrò scivolare nell’ombra dietro un angolo. Gli parve di udire dei passi ma tutta la sua attenzione era rivolta a quel piccolo corpo che penzolava e si dibatteva nella tromba delle scale.
Quando roteò verso di lui poté vederne il viso che già diventava paonazzo. Aveva gli occhi fuori delle orbite e cercava disperatamente di sciogliere il cappio che aveva attorno al collo. Le gambe scalciavano furiosamente.
«Jeanette!» gridò Childes.
Era quasi in cima quando inciampò cadendo sul pianerottolo, ma si rimise subito in movimento fingendo di non sentire il dolore lancinante al ginocchio sbattuto malamente in terra. Non tentò nemmeno di alzarsi ma proseguì carponi verso la balaustra sporgendosi in basso verso quel corpo che si contorceva. Trovò le sue braccia e le strinse forte cercando di sostenerla.
Gli sembrò di percepire un movimento dietro di sé ma era tutto concentrato nel tentativo di sollevare la ragazza impiccata. Fece forza ma era in una posizione scomoda. Poteva solo rimanere lì, supino e ansimante, proteso all’infuori con le mani serrate attorno ai polsi della ragazzina.
La sentiva scivolare.
«Non ti dimenare, Jeanette. Cerca di stare ferma… dai… lascia fare a me!»
Ma non poteva resistere, ormai il suo respiro era ridotto ad un sibilo strozzato. Con le dita cercava di sciogliere il nodo attorno alla sua gola graffiandosi a sangue nella frenesia disperata.
Childes sentì che la ragazza gli stava sfuggendo.
Passi di corsa lungo le scale. Overoy che fi fissava con gli occhi sbarrati, correndo con tutta la forza che possedeva.
Childes serrò ancor più le dita, distendendo le gambe lungo il pavimento per fare da contrappeso e appoggiò il viso alla ringhiera di ferro. Si sforzò di tenere duro, sentendosi via via indebolire, e con la coda dell’occhio scorse un oggetto vicino sul pavimento.
Era piccolo. Era tondo. Era una pietra di luna.
Il traffico nella zona del porto era intenso e Childes guidava con molta cautela, ancora con i nervi a fior di pelle e le mani che tremavano. Accanto a lui Amy era pensosa, evidentemente scossa dagli avvenimenti, eppure stranamente riservata.
Si fermò al semaforo di un incrocio vicino ai moli. Dei turisti passeggiavano nel tepore della sera; in basso, nel porticciolo, gli equipaggi degli yacht sorseggiavano vino discutendo oziosamente sulla mancanza di vento. Altri turisti di ritorno da qualche altra isoletta sbarcavano dall’aliscafo attraccato in fondo alla lunga banchina centrale. Le gru di colore verde chiaro utilizzate per merci varie erano piegate ad angoli strani, dando l’impressione di essere in segreta conversazione.
Diede un’occhiata ad Amy. «Stai bene?»
«Sono spaventata Jon.» Lo guardò brevemente, poi si voltò di nuovo.
«Anch’io lo sono. Adesso la polizia dovrà aumentare la sorveglianza.»
«Povera piccola Jeanette.»
«Ce la farà! Aveva la gola contusa e una compressione della laringe e della trachea. Quel pazzo ha usato una cravatta, ma ce la farà.»
«Sto pensando al trauma che ha subito. Riuscirà mai a dimenticare quello che è successo?»
Il semaforo scattò e Childes premette l’acceleratore svoltando a destra per costeggiare il porto.
«E giovane, Amy, e il tempo riesce ad attenuare anche i traumi più brutti.»
«Mi auguro che sia così.»
«C’è da ringraziare il cielo che Overoy sia arrivato in tempo, non avrei resistito molto.»
«Non ha visto nessun altro, Overoy?»
«No, ma del resto ha dovuto pensare prima a Jeanette e a me. La polizia crede che abbia usato le scale antincendio per la fuga, da lì è abbastanza facile scomparire nel bosco e allontanarsi dalla zona della scuola. Il La Roche non è quel che si dice una fortezza.»
Dopo aver costeggiato il porto la strada saliva in ripidi tornanti e furono ben presto fuori dai sobborghi della cittadina.
«Avrei voluto che il tuo ispettore riuscisse per lo meno a vederlo» disse Amy in tono brusco.
Childes le lanciò un’occhiata sorpresa.
«Non hai visto come ti guardavano i poliziotti mentre ti interrogavano?» aggiunse lei.
«Sì, con sospetto. Ma ormai mi ci sono abituato. Nessuno è riuscito a vederlo, quel pazzo. Neanche Jeanette. Da quello che siamo riusciti a capire, e ricordati che è ancora sotto shock, e che le ferite alla gola le impediscono di parlare bene, lei è uscita dal dormitorio e qualcuno l’ha aggredita da dietro, stringendole il cappio attorno al collo prima che riuscisse a gridare. Lei si è divincolata con tutte le sue forze ma è stata trascinata lungo il corridoio, gettata nella tromba delle scale e poi legata appesa alla ringhiera. Ti rendi conto della forza che ci vuole per fare una cosa del genere? Jeanette sarà anche piccolina per gli anni che ha, ma ci vuole comunque una forza incredibile per riuscirci. Se ci avesse trovato chiunque altro, a parte Overoy, sarebbe stato difficile convincerli che non ero stato io a impiccarla. Ma anche così sarebbe difficile credere che con il mio fisico riuscirei a fare una cosa del genere.»
Svoltò nella viuzza di campagna che conduceva al suo cottage; ai lati le alti siepi e i muretti li nascondevano alla vista.
«Ma perché è venuto qui?» Amy si era girata verso di lui con una espressione corrucciata. «E perché se la prende con i bambini?»
«Per tormentarmi» rispose lui tetro. «Sta giocando, sa che prima o poi lo beccheranno, soprattutto adesso che è intrappolato sull’isola, ma non gliene importa niente. Fin quando non sarà preso si può divertire alle mie spalle.»
«Ma dov’è il collegamento, perché proprio te?» La sua voce aveva un tono disperato.
«Che Dio mi aiuti Amy, non lo so proprio. Le nostre menti si sono incrociate e questo è stato sufficiente. Forse rappresento una sfida, qualcuno per cui esibirsi oltre che da prendere in giro.»
«Tu hai bisogno di protezione, devono sorvegliarti.»
«Può darsi che Overoy riesca a convincerli ma dubito che possa ottenere molto di più di un controllo sporadico da parte di qualche pattuglia. Credo che la polizia dell’isola sarà più che altro impegnata a sorvegliare il La Roche fino alla fine del trimestre.»
Gli alberi s’incurvavano sopra la strada formando un arco al loro passaggio e gettando ombre scure sulla macchina. Childes si massaggiò una tempia come per lenire un mal di testa.
«Sono sicura che Overoy insisterà perché tu sia adeguatamente protetto.» Le macchioline di luce infrante dal tetto di foglie disegnavano come lentiggini luminose sul viso di Amy mentre correvano lungo la via.
«Farà del suo meglio, ma all’ospedale Robillard mi ha detto che i suoi uomini sono già oberati di lavoro a causa della stagione turistica, sai anche tu come aumentano di numero i crimini durante l’estate.»
Lei rimase di nuovo silenziosa.
Childes accostò di lato per permettere a un’altra macchina di passare nella direzione contraria. L’autista fece loro un cenno di saluto; quindi riprese il viaggio.
Amy ruppe il silenzio. «Ho parlato con Overoy stamattina, prima degli interrogatori. Si chiedeva se per caso Gabby non fosse come te Jon, una sensitiva.»