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«Me lo sono chiesto anch’io. Certo Gabby potrebbe essersi sognata la sua amica, era rimasta così sconvolta. Però con noi ha molto insistito sul fatto di averla proprio vista.»

«Con te e con Fran?»

«Sì.»

«Dove eravate quando Gabby ha gridato, Jon?» Aveva la voce ferma, gli occhi fissavano la strada, ma Childes sentì che nella domanda si celava una nota polemica. «Non ne avevamo accennato prima, ma tu e Fran siete arrivati insieme nella stanza di Gabby, da quanto ho capito.»

«Amy…»

«Voglio saperlo Jon.»

Lui sterzò bruscamente per evitare un ramo sporgente da un cespuglio. «Ho dormito da solo nella stanzetta degli ospiti quella notte.» Sarebbe stato molto più facile mentire, ma non con Amy, non doveva. «Fran era spaventata, ed è venuta da me.»

«Quindi avete dormito insieme?»

«È successo per caso Amy. Senza volerlo, io non volevo. Credimi, è stato solo un caso.»

«Solo perché lei era sconvolta?»

«Fran aveva bisogno di affetto. Ne aveva passate tante quel giorno.»

Diede un’occhiata ad Amy. Piangeva. Childes le prese una mano. «Non significa niente Amy, solo un po’ di conforto, niente di più.»

«Non crederai mica che adesso sia tutto a posto, no?»

«No, ho sbagliato, lo so, e me ne dispiace. Solo non voglio che tu pensi che sia stata una cosa intenzionale…»

«Io non so più cosa pensare. Certo che capisco… siete stati sposati tanti anni. Ma questo non rende meno acuta la ferita.» Liberò la mano dalla sua. «Io credevo che tu amassi me, Jon.»

«Lo sai che è così.» Dentro la testa sentiva crescere una tensione che non aveva nulla a che fare con la discussione con Amy. «Io… io non potevo mandarla via quella sera.»

«Quasi come fare un piacere a un vecchio amico, eh?»

«Sì, proprio così, in un certo senso.»

«Mi auguro che Fran non se ne sia resa conto.»

La strada scendeva diventando più buia. «Non lasciare che questo incrini quello che c’è tra noi Amy.»

«Potrà essere tutto come prima?»

Una sensazione, un formicolio alla nuca, simile a quello che aveva avvertito prima nel parco della scuola, quando aveva visto quel viso alla finestra.

«Non… non è… una cosa importante…» balbettò, le dita sul volante cominciavano ad irrigidirsi. Sentì che le scapole gli si bloccavano.

«Non lo so Jon. Se solo tu me lo avessi detto prima…»

«Ma come facevo, cosa potevo dirti?» Una mano pesante e fredda gli si posò su una spalla uscendo dal buio del sedile posteriore. Ma non c’era niente dietro di lui.

«Amy…»

Vide quegli occhi guardarlo dallo specchietto retrovisore. Occhi malvagi, crudeli. E con un’espressione soddisfatta.

Amy lo guardò sentendone la tensione, vide l’orrore che lo invadeva. «Jon, cosa c’è…»

Childes vide gli occhi avvicinarsi, mentre la cosa, quell’orrenda cosa ghignante, allungava la mano con le dita forti, omicide, le unghie protese verso il suo collo, a lacerargli le carni.

L’auto sbandò di lato, strisciando contro una siepe. «Jon!!!» urlò Amy.

Gli occhi avidi. Dita d’acciaio gli strinsero la gola. Sentì un respiro fetido sulla guancia. Cercò di afferrare quella mano ma toccò solo il proprio collo.

La macchina sbandò ancora, colpendo un muretto basso. Un getto di scintille si levò dal cofano quando la Mini strusciò lungo i sassi. Rami e cespugli frustavano la carrozzeria.

Amy agguantò lo sterzo cercando di girarlo verso sinistra ma le mani di Childes erano arpionate al volante, rigide, il metallo lacerato stridette ancora.

Riusciva a malapena a respirare tanto gli stringeva la gola. Il piede destro era premuto a fondo sull’acceleratore nel tentativo di sfuggire al mostro ghignante sul sedile posteriore. Ma come poteva sfuggirgli se era lì in macchina con lui?

La strada faceva una curva. Lui girò un poco il volante ma non abbastanza per imboccarla. Inchiodò, spingendo il piede sul freno; ma era ormai troppo tardi. La macchina sbandò ancora, il muro sembrava balzarle incontro.

Dopo aver sbattuto in un angolo, l’auto si arrestò con un botto assordante. Childes si resse al volante e attuti il colpo tenendo le braccia leggermente piegate.

Ma Amy non aveva niente a cui reggersi.

Venne scagliata in avanti, il parabrezza le esplose intorno, urlava mentre volava oltre il muso della Mini. Cadde dolorante e insanguinata al di là del muretto.

* * *

Childes si piegò in avanti e si prese la testa tra le mani; il sordo pulsare gli provocava nausea. Sentiva anche un dolore nel petto, sapeva che aveva sbattuto contro lo sterzo della macchina. Ma lui era stato fortunato. Amy no.

Una porta in fondo al lungo corridoio si aprì e ne uscì un uomo in camice bianco. Il medico scorse Childes adagiato su un divanetto e allungò il passo verso di lui fermandosi a parlare con un’infermiera. L’infermiera proseguì entrando nella stanza da dove il medico era uscito. Childes fece per alzarsi.

«Non si muova Childes.» Il dottor Poulain si avvicinò e aggiunse: «Mi siedo volentieri anch’io, proprio una bella giornatina, non c’è che dire.» Si sedette con un sospiro di sollievo. «Anche per lei la si direbbe una giornata intensa.» Osservò Childes con occhio professionale. «È ora che dia un’occhiata anche a lei.»

«Mi dica come sta dottore.»

Poulain si passò una mano tra i capelli precocemente ingrigiti e sorrise all’uomo che gli sedeva davanti. «La signorina Sebire ha subito escoriazioni profonde al viso, al collo e alle braccia, un paio purtroppo lasceranno qualche piccola cicatrice. Ho dovuto toglierle dei frammenti di cristallo da un occhio, niente di cui preoccuparsi, erano rimasti in superficie, non è stata danneggiata né l’iride né la pupilla, quindi non dovrebbero esserci conseguenze. Danni solo superficiali, insomma.»

«Dio mio…»

«Sì, Dio deve averci messo lo zampino. Vorrei tanto che il governo dell’isola applicasse la norma ormai vigente in Inghilterra, di rendere obbligatorie le cinture di sicurezza, ma tanto continueranno a discuterne per anni.» Fece schioccare la lingua in segno di disapprovazione. «Comunque la signorina ha anche un polso fratturato e parecchie contusioni al torace e alle gambe. Nonostante tutto direi che è un ragazza molto fortunata.»

Childes tirò un sospiro di sollievo prendendosi nuovamente la testa tra le mani. «Posso vederla?» chiese, guardando di nuovo il medico.

«Mi dispiace, ma deve riposare, le ho fatto somministrare un sedativo, ormai sarà addormentata. Ha chiesto di lei prima, le ho detto che stava bene. Mi è sembrata molto contenta di saperlo.»

All’improvviso Childes si sentì totalmente esausto, le mani gli presero a tremare in modo irrefrenabile.

«Vorrei vederla in ambulatorio» suggerì Poulain. «Ha un brutto ematoma sulla guancia e anche il labbro mi sembra molto gonfio.»

Childes si toccò il viso e fece una smorfia quando trovò il gonfiore. «Devo aver girato la testa quando ho colpito il volante» disse premendosi leggermente il labbro gonfio.

«Faccia un respiro profondo e mi dica se fa male.»

Childes obbedì. «Un po’ indolenzito, ma nient’altro.»

«Mmm. Niente dolore, sicuro?»

«No, no.»

«Comunque è meglio controllare.»

«Sto bene, un po’ scosso, tutto qui.»

Il medico rise. «Un po’! I suoi nervi sono a pezzi, altro che scosso. Quando oggi pomeriggio è arrivato qui con quella ragazzina… Jeanette? Sì, Jeanette. Avevo suggerito che prendesse un sedativo leggero, ma lei si è rifiutato. Bene, adesso le consiglio qualche cosa di più forte, qualcosa da prendere quando arriva a casa, che la faccia dormire a lungo.»