«Credo che dormirò bene comunque.»
«Io non ne sarei tanto sicuro.»
«Quanto deve rimanere qui Amy?»
«Dipende molto da che aspetto avrà il suo occhio domani mattina. Ci vorranno un paio di giorni sotto osservazione, anche se non ci sono problemi.»
«Ma lei aveva detto…»
«Glielo confermo. Sono quasi certo che non ci saranno problemi per l’occhio, ma dobbiamo comunque essere cauti. A proposito, non ho ancora capito com’è avvenuto l’incidente.» Notò con sorpresa la paura alterare i lineamenti del viso dell’altro.
«Non glielo so dire dottore» disse lentamente Childes evitando lo sguardo del medico. «È successo tutto così rapidamente. Devo essermi distratto proprio mentre imboccavo quella curva.» Cosa poteva dire a Poulain di credibile? Che aveva visto degli occhi riflessi nello specchietto retrovisore, occhi osceni e malvagi che lo guardavano? Che nel sedile posteriore aveva visto qualcuno che non c’era affatto?
«Distratto da che cosa?»
Childes guardò il medico senza capire. «Da che cosa è stato distratto?» insisté Poulain.
«Non… non lo ricordo. Forse ha ragione lei, avevo i nervi scossi.»
«Adesso ha i nervi a pezzi non prima, prima era solo un po’ scosso. Mi scusi l’insistenza, Childes, ma conosco la famiglia Sebire da molti anni, e conosco Amy da quand’era una bimba, è qualcosa di più di un semplice interesse professionale. Stavate per caso litigando?»
Childes non riuscì a rispondergli subito. Il dottor Poulain continuò. «Vede, credo che lei dovrà probabilmente spiegare alla polizia quelle chiazze che ha sulla gola, che hanno tutta l’aria di essere delle contusioni e sembrerebbero indicare un tentativo di strangolamento; sono evidenti i segni della compressione.»
Per un attimo Childes fu colto da un panico selvaggio e terribile. Come poteva esserci un potere del genere? Non era possibile! Egli aveva sentito la mano, sentito stringersi le dita intorno al collo, ma in macchina c’era solamente Amy. Scacciò il panico. Nessuno, niente poteva lasciare dei segni semplicemente con il potere della propria mente. A meno che la vittima non fosse stata complice infliggendosi le ferite da sé.
Ma non ebbe il tempo di continuare nelle sue elucubrazioni, né il medico poté fare altre domande. Le porte dell’ascensore si aprirono per lasciar passare Paul Sebire e la moglie. Childes aveva chiamato casa Sebire al telefono appena giunto in ospedale. Aveva parlato con Vivienne Sebire, le aveva detto dell’incidente. La preoccupazione di Paul Sebire diventò immediatamente rabbia quando scorse Childes che si era alzato dal divano assieme al dottore.
«Dov’è mia figlia?», chiese il finanziere a Poulain, facendo finta di non vedere Childes.
«Sta riposando» rispose il medico, poi proseguì informandoli delle condizioni della figlia.
Sebire aveva il volto teso quando Poulain ebbe finito di parlare. «Vogliamo vederla.»
«Non è il caso adesso, Paul» disse il medico. «Starà dormendo, inoltre non vi aiuterebbe affatto, in questo tipo di incidente le lesioni sembrano spesso molto più gravi di quel che sono. Ho appena consigliato al signor Childes di evitare di darle disturbo.»
Sebire trasudava odio allo stato puro quando si girò a guardare il giovane. Vivienne prese velocemente il braccio di Childes. «Tu come stai Jonathan? Non mi hai detto molto per telefono.»
«Sto bene, è Amy che mi preoccupa.»
«Tutto questo non sarebbe mai accaduto se non avesse perso la testa per lei» ringhiò Sebire. «Io l’avevo avvertita che avrebbe avuto solo guai da questa storia.»
La moglie intervenne di nuovo. «Adesso basta Paul, Jonathan ha già avuto abbastanza guai oggi. Poi il dottore ci ha detto che non avrà alcuna lesione permanente…»
«Nessuna lesione! Avrebbe potuto rimanere deturpata per il resto della vita, nessuna lesione davvero…»
Poulain lo interruppe. «Non vi saranno segni, niente comunque che non possa essere sistemato con un po’ di chinirgia plastica.»
Childes si massaggiò la schiena, aveva qualche difficoltà a causa del dolore al petto. «Signor Sebire, vorrei dirle quanto mi dispiace…»
«Le dispiace! E crede veramente che questo possa bastare?»
«È stato un incidente, poteva capitare a…». A chiunque? Non riuscì a finire la frase.
«Stia lontano da mia figlia, ha capito? Prima di farle ancora del male!»
«Paul» Vivienne lo prese per un braccio cercando di impedirgli di avanzare su Childes.
«Ti prego Paul,» aggiunse Poulain, «ci sono altri pazienti in questo piano.»
«Quest’uomo non è quello che sembra» disse Sebire indicandolo con la mano protesa. «Io me n’ero accorto subito. Guardate quello che è successo oggi alla scuola.»
«Come puoi dire così?» protestò la moglie. «Lui ha salvato quella bambina!»
«Ma davvero? E chi ha visto cos’è successo veramente? Forse è il contrario, era lui che la voleva ammazzare!»
«Sebire, lei sta dicendo scemenze come al solito» replicò Childes sottovoce.
«Ah sì? Lei è sospettato Childes, non solo da me, ma anche dalla polizia. Non credo che tornerà a far danni al La Roche, o in qualsiasi altra scuola, a far del male a dei poveri bambini innocenti.»
Childes avrebbe voluto picchiare il finanziere, sfogare la frustrazione su qualcuno, su chiunque, e Sebire sarebbe stato l’ideale, per poter restituire il colpo in qualche modo. Ma non aveva più energie. Si voltò e fece per allontanarsi.
Sebire gli afferrò un braccio e lo costrinse a voltarsi. «Mi ha sentito Childes? Lei ha chiuso qui sull’isola, le consiglio di sparire finché è in tempo.»
Childes liberò stancamente il braccio. «Ma vada all’inferno!» gli disse.
Il pugno di Sebire lo colpì alla guancia dove aveva già l’ematoma. Barcollò, colto di sorpresa, un ginocchio gli si piegò a terra. Attorno a lui sentì una confusione di voci, di grida, prima di riprendersi. Ma rimettersi in piedi fu un’impresa stranamente difficile. Qualcuno lo aiutò mettendogli una mano sotto l’ascella. In piedi si sentiva stordito ma la persona al suo fianco lo sorreggeva ancora. Si rese conto che era Overoy e che l’ispettore Robillard tratteneva Sebire impedendogli di aggredirlo ancora.
«Avevi un gran brutto oroscopo stamattina» gli sussurrò Overoy all’orecchio.
Childes riusciva a reggersi in piedi da solo ormai, sebbene non resistesse all’impulso di accasciarsi sul divano vicino. Le gambe sembravano di piombo come se il sangue non vi fluisse più. Vivienne Sebire era accanto al marito, pallida, negli occhi uno sguardo di scuse. Sebire continuava a dimenarsi, ma i suoi sforzi si facevano sempre meno convinti, senza vigore, sembrava aver esaurito la rabbia in quell’unico pugno. E forse anche una traccia di vergogna si nascondeva dietro la sua rabbia.
«Dai Jon, andiamocene» disse Overoy chiamandolo per la prima volta con il suo nome di battesimo. «Usciamo di qui. Hai l’aria di uno che ha bisogno di un buon bicchiere di qualcosa di forte. Offro io.»
«Il signor Childes non è stato ancora visitato» disse ansioso il medico.
«A me sembra che stia benone» rispose il poliziotto tirando la manica di Childes. «Forse un po’ ammaccato ma sopravviverà. Caso mai glielo riporto più tardi.»
«Come crede» disse Poulain, poi si rivolse a Sebire tentando di sdrammatizzare la situazione. «Forse potreste dare un’occhiata a Amy, se promettete di non fare rumore e di non distrurbarla.»
Il finanziere sbatté gli occhi un paio di volte, il viso ancora rosso di rabbia, poi distolse lo sguardo da Childes e annuì con la testa. Robillard io lasciò andare.
«Andiamo!» disse Overoy a Childes. Lui esitò, aprì la bocca per dire qualcosa alla madre di Amy ma non riuscì a trovare le parole giuste. Si incamminò con il poliziotto al fianco.
Una volta nell’ascensore Overoy premette il pulsante e disse: «La guardia che sta con la ragazzina ci ha chiamati per dirci che lei era di nuovo qui in ospedale. Le deve piacere proprio questo posto.»