Le prese per le mani e le condusse lungo la prima rampa di scale, tenendosi accostato al muro, lontano dal fumo; più scendevano più si faceva denso, e più era rovente l’aria.
Sandy e Rachel lo tiravano indietro e Childes dovette strattonarle per continuare a farle scendere. Quando raggiunsero un angolo tra il primo e il secondo piano le coprì con il proprio corpo. A Rachel si piegavano le gambe e si appoggiò a lui: nella luce rossastra vide che la bambina non ce l’avrebbe mai fatta. Si tolse la giacca, gliela avvolse intorno al corpo e la sollevò. Lei gli si accasciò contro la spalla, semisvenuta. Meglio così, non avrebbe creato problemi muovendosi. Prese di nuovo la mano di Sandy e riprese la discesa cercando di coprirla come meglio poteva.
«Manca poco adesso!» disse, per farle coraggio.
Lei rispose aggrappandosi ancora di più al suo braccio. Per un istante gli balenò davanti il viso di Gabby con i suoi occhiali sempre storti. Quasi gridò il suo nome. Ora fu lui a scivolare, e cadde seduto sui gradini, con Rachel in grembo, completamente avvolta nella giacca. Fu Sandy che lo tirò per un braccio, costringendolo ad alzarsi di nuovo, rifiutandosi di lasciarlo riposare.
Lo guardò, il visino sporco, rigato dalle lacrime, illuminato da un vago chiarore mentre lei ripeteva le sue parole. «Manca poco adesso.»
Manca poco si disse, manca poco, solo un’altra rampa di scale. Ma si stava sempre più indebolendo, le ultime riserve di energia esaurite da una tosse nauseante, ogni boccata d’aria era piena di fumo asfissiante, e quasi non ci vedeva più; aveva gli occhi pieni di lacrime brucianti, tanto che non riusciva più a chiuderli per il dolore…
… e Sandy lo tirava ancora, il corpicino esausto che non reggeva più, le piccole gambe nude si piegavano, ormai era quasi appesa al suo braccio e si lasciava trascinare lungo i gradini…
… perdeva i sensi, la testa piena di immagini di Gabby e di corpi mutilati e offesi, e occhi malvagi che lo fissavano attraverso le fiamme, e Amy, ferita e sanguinante, e la pietra di luna luminosa e bianca, liscia e brillante attraverso il fumo, era la luna che colava sangue denso…
… stava svenendo, scivolava lungo i gradini, perdeva la presa sulla bambina, la mano gli si posò sul gradino, si sosteneva per non cadere, il corpo gli si piegò in due, e si lasciò sopraffare dal caldo soffocante, ma mancava così poco, appena qualche gradino ancora…
Una parte della sua mente ancora cosciente si accorse di qualcosa, qualcosa che avveniva in basso. Cercò di alzare la testa.
Voci. Sentiva delle voci. Grida. Ombre scure contro le fiamme gialle che uscivano dal corridoio del pianterreno. Ombre lungo le scale, che si avvicinavano…
PIETRA DI LUNA
(silicato di potassio e alluminio — KA 1Si3O8)
DENSITÀ: 2,57
DUREZZA: 6
INDICE DI RIFRAZIONE: 1,519 — 1,526 (basso)
Una varietà di feldspato ortoclasio; la pietra di luna emette una leggera e caratteristica fluorescenza quando sottoposta a raggi X.
E detta pietra di luna perché presenta alla luce una colorazione argentea simile a quella della luna. Colore bianco, definito come schillerizzato, dal tedesco ‘schiller’, iridescenza. Estratto in Madagascar, Sri Lanka, e Burma.
Overoy spense un’altra sigaretta e poi si strofinò gli occhi stanchi. Era seduto al tavolo da pranzo, una luce appesa si rifletteva nel cristallo brunito. La stanza da pranzo era separata dal soggiorno da un arco, due stanze piccole erano così state unite. Un lavoretto che aveva fatto da solo, quando con Jpsie erano venuti a vivere lì, un tempo in cui aveva ancora l’energia per affrontare sia i lavori domestici che quelli professionali. La televisione nell’angolo era spenta, le tende tirate contro la notte estiva, l’unica lampada accesa era la sua. Nulla! Riguardò gli appunti. «Nulla!», disse con disgusto.
La piccola gemma era soltanto un folle biglietto da visita. Ma i biglietti da visita di solito dicevano qualcosa.
E allora cosa significava quella pietra?
Un riferimento alla luna?
Con la mano distese davanti a sé gli appunti, disponendoli ad arco come un punto vincente a carte. Amy Sebire aveva pensato alla parola MOON come a un nome. Ma Childes aveva visto la luna come un simbolo. Un simbolo che rappresentava un nome?
Overoy prese il pacchetto di sigarette, scoprì che era vuoto e lo gettò in fondo al tavolo. Si alzò e per sgranchirsi le gambe fece il giro del tavolo. Tornò a sedersi incrociando le mani dietro la nuca.
Cosa stava combinando Childes? Contro ogni regola Overoy aveva lasciato a Childes la prova trovata sulla scena del delitto. Una prova minuscola, la pietra. Childes l’aveva voluta ad ogni costo. Perché no? La polizia non ci faceva nulla. Ma quella pietra aveva pure un briciola di importanza per l’assassino. Le verifiche fatte presso i gioiellieri di Londra e dintorni non avevano prodotto alcun indizio nonostante le pietre non montate non si vendessero molto frequentemente. La persona che cercavano cambiava spesso luogo d’acquisto, per non farsi notare.
Gli occhi stanchi osservarono la pila di libri ammucchiati sul tavolo, la maggior parte inutili, perché per le informazioni che gli servivano ne erano stati a malapena sufficienti un paio. Erano informazioni che riguardavano principalmente la luna nei suoi aspetti mistici. Follia lunare: Josie lo aveva sgridato prima di lasciarlo per andare a dormire. Ma non mia, Josie, quella di un altro.
Bastava chiedere a un qualsiasi poliziotto, con la luna piena il numero dei crimini aumentava, inspiegabile ma vero. Anche gli strizzacervelli pensavano che la luna potesse influenzare gli squilibrati. Overoy aveva sottolineato un appunto che aveva preso in proposito: “se la luna può agire sulle maree, allora perché non sul cervello che è composto in gran parte di acqua?”. Era una cosa da tenere presente.
Due lune piene nello stesso mese erano considerate una calamità da coloro che credevano in queste cose. C’erano state due lune piene in maggio quando erano iniziate quelle atrocità. Anche questo era stato sottolineato negli appunti.
Un’altra credenza popolare era quella che l’influenza malefica della luna (nonostante la stanchezza sorrise pensando alla storia del vecchio uomo sulla luna e alle sue maniere eccentriche), si potesse manifestare sulla terra come una funesta emanazione di coloro che avevano poteri occulti. Interessante ma non certo un argomento da portare al commissario.
Raccolse un pennarello rosso e cerchiò una parola scritta a stampatello: MUTILAZIONI, poi tirò una riga fino a un’altra parola: RITO. Accanto scrisse: SACRIFICI??? Forse una parola migliore era: OFFERTE.
Ma offerte a che cosa? Alla luna? No, c’era qualche genere di ragionamento, anche se folle! Ad una divinità lunare allora? Erano quasi tutte divinità femminili. Dio, se lo avessero visto i suoi colleghi! Bene ce n’erano parecchie di dee lunari da analizzare:
Diana
Artemide
Selene
Poi ce n’erano tre che erano in realtà la stessa:
Agriope (greca)
Sheol (ebraica)
Nephys (egizia)
Ecate. Il nome gli ricordava qualcosa, un ricordo sfumato. Questo nome lo aveva spinto ad approfondire le ricerche sui riti lunari e su dei e dee particolarmente significativi. (Questa sembrava però essere la più popolare, ma cosa poteva significare? Vediamo!)