«Mah. Ho l’impressione che creda che la sua amichetta sia ancora viva.»
Fran non rispose subito. Alla fine disse. «Ha cominciato a sognare molto da qualche giorno. Niente sogni brutti, o incubi, però parla nel sonno.»
«Ma ha fatto il nome di Annabel?»
«Sì, un paio di volte all’inizio, ma adesso ha smesso. Credo che abbia accettato l’idea che non la vedrà mai più.»
«Come mai ha improvvisamente paura dell’acqua?»
«Cosa?»
«Pare che non le piacciano più le barche né l’acqua.»
«Questa è nuova. Il fuoco potrei capirlo, dopo quello che ti è capitato, ma l’acqua! Non capisco!»
«Le hai raccontato del La Roche?»
«Certo. Il suo papà è un eroe.»
«Eroe proprio non direi.»
«Troppo modesto!»
«Molti da queste parti vorrebbero sapere come ho fatto ad arrivare a scuola così presto, prima ancora che venissero avvertiti i pompieri.»
«Sei sicuro che la polizia non ti sospetti?»
«Non proprio, ma fino ad ora nessuno è venuto a farmi i complimenti.»
«Oh Jon, non ci posso credere. Non possono essere così stupidi! A momenti ci rimanevi anche tu lì dentro. E poi hai salvato la vita di quelle due bambine e …»
«Ne ho lasciate morire altre sette!»
«Hai cercato di salvarle! Lo hai detto tu, hai fatto del tuo meglio.»
«È successo tutto per causa mia.»
«Smettila di fare il martire e cerca di pensare a te stesso. Solo perché un qualche psicopatico ha scelto te per una sua vendetta personale non puoi incolpare te stesso. Niente di quello che è successo dipende da te. Adesso spiegami cosa fanno quei cretini di poliziotti.»
«Bisogna cercare di vedere le cose dal loro punto di vista.»
«Col cavolo!»
«Volevano sapere come mai ero andato alla scuola prima ancora che scoppiasse l’incendio.»
«Questo deve essere stato difficile da giustificare. Spiegamelo di nuovo.»
«Te l’ho già detto, non facciamo il bis. Comunque mi hanno fatto un casino di domande, persino in ospedale quando ancora mi stavano dando l’ossigeno.»
«Che disgraziati!»
«Cosa t’aspetti con una scuola incendiata, parecchi morti e un poliziotto assassinato? Quella era la seconda volta che arrivavo sul luogo del delitto prima di chiunque altro.»
«E quindi ti sospettano di omicidio e incendio doloso. Fantastico! Jon che cavolo aspetti a scappare di lì? Torna qui, subito! Prendi il volo di mezzanotte oppure il primo di domani mattina. Perché sopportare tutto questo?»
«Non credo che sarebbero molto contenti qui.»
«Non possono mica trattenerti!»
«Potrebbero anche. Comunque non parto, Fran. Non ancora.»
Lei era esasperata. «E perché?»
«Perché è qui Fran. E finché rimane qui non può fare del male a te e a Gabby. Questo lo capisci, vero?»
Sì, lo capiva. E lo disse. Sottovoce.
Childes passò nel soggiorno dirigendosi verso un vassoio di bottiglie su una delle mensole della libreria. Prese la bottiglia di whisky, svitò il tappo, poi si fermò. Non serve a niente, si disse, non stanotte.
Ripose la bottiglia.
La stanza era in ombra, unica luce accesa una lampada da tavolo. Ai due lati della stanza le tende erano aperte e lasciavano penetrare una fredda luce notturna. Il cielo era di un colore metallico e scuro. La luna piena ancora bassa nel cielo terso assomigliava a un’ostia, sottile e candida. Chiuse le tende, lasciando fuori la notte.
Infilò le mani nelle tasche dei jeans e andò verso il tavolino accanto al divano, lentamente, ma con un fare deciso. Una barba vecchia di due giorni gli ingrigiva il mento e aveva lo sguardo fisso e intenso, stanco eppure desto. Si adagiò sul divano, i gomiti sulle ginocchia, e studiò il piccolo oggetto tondo sulla superficie di legno lucido del tavolino accanto. Negli occhi una volontà incrollabile.
La luce della lampada donava alla freddezza traslucida della pietra un certo calore: il blu liquido, cangiante in viola, ricordava i colori dell’inverno.
Scrutò nelle profondità della pietra, come una specie di chiaroveggente con la sua sfera di cristallo, affascinato dalle tenui sfumature di colore ma guardava molto più a fondo, cercando forse dentro se stesso, in realtà cercando altro, un nesso, un collegamento: un codice d’accesso!
Trovò solo nomi. E volti morti. Kelly, Patricia, Adele, Caroline, Isobel, Sarah-Jane. E Kathryn Bates, la governante. Tutte morte. Estelle Piprelly, cenere.
Annabel. Morta.
Ma Jeanette era viva. Amy, la dolce Amy, viva. E Gabby. Stranamente queste ultime tre non erano così chiare nelle sue visioni; il pensiero di esse non aveva profondità, era superficiale, come se non avessero a che fare con questa nuova cosa.
I suoi pensieri si aggiravano tra i morti. Persino quelli che non aveva mai conosciuto.
La prostituta. Il bambino violato nella tomba. Il vecchio con la testa segata via. Gli altri del manicomio. Non voleva vederli, né sentirne le voci, perché cercava qualcosa, qualcun altro. Ma le loro immagini e i loro suoni gli pulsavano davanti, pulsavano dentro la sua mente… palpitavano… crescevano, svanivano… crescevano, svanivano… si espandevano, si contraevano… un pallone prima gonfio, poi sgonfio, incorporeo… una palla di foschia bianca… La luna…
Sussultò e si portò la mano alla fronte, un dolore improvviso e acuto si fece strada attraverso quel sordo risentimento che lo aveva tormentato tutto il giorno. Cadde all’indietro sul divano.
La sua mente aveva quasi toccato…
«Vivienne?»
«Sì»
«Sono Jonathan Childes. Mi dispiace disturbare a quest’ora.»
Un breve silenzio all’altro capo del filo. «Scusa, ho chiuso la porta» disse Vivienne. Childes pensò che doveva esserci Paul Sebire nei pressi. «Come stai Jonathan? Sei riuscito a riprenderti da quella tremenda esperienza?»
«Sì. Sto bene grazie». Fisicamente almeno, pensò tra sé e sé.
«Amy è molto fiera di ciò che hai fatto. E anch’io.»
«Vorrei…»
«Lo so. Vorresti aver salvato anche le altre. Ma hai fatto quello che potevi. Spero solo che catturino presto il pazzo che ha fatto questa cosa orrenda. Dunque, non credo che tu voglia perdere tempo con me. Amy sta riposando nella sua stanza, ora te la passo. So che non dorme perché sono passata da lei poco fa. Sarà contenta di sentirti.»
«Sei sicura che non ci sono problemi?»
Vivienne rise piano. «Sicurissima. Comunque… beh, dovrò andare ad avvertirla invece di chiamarla da qui.»
«Il padre?»
«Il padre. Non è cattivo come pensi, Jon. È solo che gli piace dare un’impressione di durezza. Alla fine capirà, vedrai. Adesso riattacco e vado ad avvertire Amy.»
Attese, la testa ancora gli doleva, la stesso sordo pulsare di prima. Un clic, Amy era in linea.
«Jon, che succede?»
«Niente, niente Amy. Volevo solo sentire la tua voce. Ne avevo bisogno.»
«Sono contenta che hai chiamato.»
«Come ti senti?»
«Come l’ultima volta che mi hai chiamata. Ho sonno, ma devono essere le pastiglie. Non ci sono problemi, è passato il dottore prima, ha detto che i tagli sono molto meno gravi di quanto non sembrasse a prima vista. ‘Belle cicatrici’ ha detto. Potrò alzarmi e uscire già domani, e indovina dove vado?»
«No Amy, non qui. Non è il momento.»
«È lì che voglio essere. Sono in grado di superare qualsiasi problema di gelosia per te e Fran. Non è una cosa facile ma ce la farò. Io voglio stare con te. È inutile discutere.»
«Amy, non devi venire!»
«Spiegami perché?»
«Lo sai il motivo.»
«Tu pensi di rappresentare un pericolo per me.»
«Io sono un pericolo per chiunque in questo momento. Ho persino pensato ai rischi che facevo correre a Gabby chiamandola questa sera. Cerco perfino di evitare di pensare a lei, per paura che questo mostro scopra dov’è.»