La parola fu solo un rantolo, ma lei capì. Sentì, vide, che cambiava atteggiamento, non più divertita.
«Per Lei!», rispose con quella voce afona e allungò il collo per rivolgersi verso la luna. «Per la Mia Signora!»
Aprì la bocca e lui vide i denti storti e anneriti. Sembrò bere la luce della luna e quando voltò di nuovo la testa per un attimo sembrò che la luce bianca che si rifletteva nei suoi occhi piccoli e crudeli provenisse dal suo interno, la luna era dentro di lei e gli occhi non erano che finestrelle attraverso cui filtrava la luce. L’illusione durò poco, ma l’immagine si fissò nella mente di Childes.
«Dimmi… dimmi, chi sei?» chiese Childes balbettando, dubitando della propria sanità di mente.
La donna grossolana lo guardò a lungo prima di rispondergli ancora. I suoi occhi ora erano spenti ma aveva uno sguardo più cupo, più maligno. «Non lo sai?» gli chiese sempre scandendo le parole. «Non hai imparato niente di me? Io ho saputo tante cose di te, bello mio.»
Lui si staccò dal parapetto. «Non capisco» riuscì a dire, cercando di mantenere ferma la voce, e tentando di far smettere il tremolio delle gambe. È solo una donna, si disse, non è un mostro, è solo una donna. Ma era una donna pazza, gli disse una vocina stridula nella testa. Una pazza eccezionalmente forte, disse ancora. E sa che tu sei terribilmente spaventato, bello mio!
«Ti ho rubato la bambina». La donna ridacchiò. Aveva cambiato di nuovo umore, anche Childes ne subiva l’influenza, come se i loro sentimenti fossero collegati.
«Non la tua bambina…» disse maliziosa, «… per sfortuna. L’altra bambinella. Come si dimenava la piccola, quanto lottava!»
Un inizio di rabbia gli fiammeggiò dentro, una fiammella persa nel buio della paura. La fiamma si dilatò disperdendo una parte delle tenebre.
«Tu … hai ammazzato Annabel» disse secco.
«Anche le altre». La sua voce era un ruggito cupo, un ruggito quasi divertito. «Non ti dimenticare le altre. Anche quelle ragazze erano per la Mia Signora.»
La brezza che soffiava sulla diga si era fatta più fredda, più intensa, e portava con sé l’odore salmastro del mare.
«Le hai assassinate.»
«Il fuoco le ha assassinate, bello mio. E anche la donna che ha cercato di fermarmi. Il fuoco ha ammazzato anche quei ritardati nel manicomio. Oh, come mi sono divertita in quel posto lì.» Sporse in avanti la testa con fare confidenziale, gli occhi di nuovo in ombra. «Sì, come mi sono divertita!» ripeté sottovoce. «Il mio manicomio. Nessuno credeva a quegli imbecilli, alle loro storie pietose. Chi avrebbe mai creduto a quello che facevo loro quando li beccavo da soli? Chi può credere a dei pazzi? Era così divertente, così piacevole! Che peccato che sia tutto finito, ma tu ti stavi avvicinando, non è vero, bello mio? E tu mi avresti denunciata, vero? Hai fatto infuriare la Mia Signora.»
Ora Childes si era leggermente avvicinato a lei. «Continuo a non capire, quale signora?»
Fece una smorfia, o forse era una sorta di sorriso malvagio. «Ma come, non lo sai? Non hai sentito il suo potere divino dentro di te? Il potere della Dea della Luna che cala e che cresce con i cicli del pianeta? Non senti la sua forza nelle nostre menti? Hai anche tu il ‘potere’, bello mio. Non capisci?»
«Le visioni…»
Diventò impaziente, Childes sentiva la sua irritazione. «Chiamala come ti pare, non ha alcuna importanza. Quando il ‘potere’ è in comunione, quando le nostre menti sono unite … come adesso, la sua forza è meravigliosa, così… potente.» Il pensiero la lasciò senza fiato e dondolò sui piedi, ammirando di nuovo la sfera bianca nel cielo.
Il puzzo della sua follia era rancido.
Si immobilizzò e abbassò la testa. «Non ti ricordi più del nostro giochino con le macchine?»
«I computer?» Scosse la testa perplesso. «Tu hai fatto apparire la parola MOON sugli schermi!»
Rise, e il suono era minaccioso. «Tu hai fatto apparire la parola nelle loro teste! Non sulle macchine, caro il mio sciocco. Lo abbiamo fatto insieme, tu e io, abbiamo fatto vedere alle tue brave ragazzine quello che volevamo! E io ho fatto vedere a te ciò che volevo.»
Illusioni! Erano tutte illusioni. E forse era meglio così, era più normale, più logico, sapere che niente di tutto ciò era vero.
«Ma perché?» la pregò. «In nome di Dio perché sono dovute morire?»
«Non per Dio, ma per la nostra Dea. Agnelli sacrificali, bello mio. Per la loro energia spirituale, che non era un granché, comunque. Era interessante nella donna invece, quella a cui ho rotto il collo.»
«La signorina Piprelly?»
Scrollò le spalle immense. «Se è così che si chiamava. Hai capito di che energia parlo, vero? La chiameresti forza psichica, o qualche altra parolona così. L’energia che è racchiusa qui dentro.» Si toccò la fronte con un grosso dito e Childes rabbrividì nel constatare quanto fossero grandi le sue mani. Mani potenti, gonfie come il suo corpo.
«Ma quella della donna era niente in confronto alla tua, bello mio. Oh no, la tua è speciale. Ti ho guardato dentro, ho toccato il tuo spirito. Tanta forza, e trattenuta così a lungo! Ma ora appartiene a me.»
Sogghignò ancora e si avvicinò.
«E tutti gli altri?» chiese Childes, che aveva bisogno di tempo affinché la rabbia gli prestasse forza. «Perché li hai mutilati in quel modo?»
«Ho assaggiato le loro anime attraverso le loro carni interne. Era il solo modo, capisci bello mio? Li ho svuotati e poi riempiti di nuovo, ma non con i loro stessi organi … no, no, altrimenti gli organi si sarebbero ripresi l’anima, e la loro anima apparteneva alla Dea. Ma ho lasciato loro una pietra, la Sua presenza materiale sulla terra. L’hai conosciuto il suo spirito terrestre, vero? Quella fiammella azzurra che è la sua essenza. Era il mio dono a quegli sfortunati che dovevano morire per lei.»
Pazza. Era completamente pazza. E si era avvicinata molto, troppo.
Un terrore muto e gelido lo serrava con dita d’acciaio, immobilizzandolo mentre lei tendeva una di quelle grosse mani verso di lui. Le dita si schiusero lentamente, il palmo rivolto in su in modo che la luna ne illuminasse la superficie.
«Ne ho una anche per te» sibilò, sorridendo per tutto quanto era implicito nell’offerta.
Una minuscola pietra di luna giaceva nella sua mano aperta, ma forse era la mente di quella donna folle ad agire sulla sua, impiantandovene il pensiero, l’illusione. Era indubbio che la donna possedeva una forza mentale incredibile. Dentro la gemma un fulgore, una fosforescenza azzurra che la luce della luna rendeva ancora più vivida. E in quella luce egli ripercorse nuovamente tutte le morti.
Con un grido di rabbia Childes colpì la mano protesa e la pietra volò in aria, una minuscola stella cadente che sparì subito nel vuoto della valle.
La folle donna che aveva in sé quella temibile energia rimase immobile in silenzio, la mano sempre protesa, il volto dagli occhi in ombra insondabile. Anche Childes rimase inchiodato, l’aria tra di loro sembrava pericolosamente carica, una corrente insidiosa pareva scorrere dall’uno all’altro. I peli gli si drizzarono sulla pelle. Un pensiero gli esplose nella mente e lo fece barcollare.
Amy era riversa a terra dietro il basso muretto accanto alla strada, con il viso pieno di frammenti taglienti di vetro, il collo ritorto in modo strano, la testa contro un tronco d’albero, la bocca aperta da cui colava sangue schiumoso.
«Noo!» urlò. Il pensiero svanì.
La scura fessura sul viso della donna era un ghigno.
Si coprì il volto con le mani appena lo colpì un’altra visione.
Jeanette appesa sulle scale, il collo strozzato dal cappio della cravatta, la carne tumefatta che premeva sui bordi. La lingua gonfia le usciva dalla bocca allungandosi come un orrido verme violaceo che le strisciava lungo il mento. Gli occhi sporgevano dalle orbite, prima uno poi l’altro uscirono dalle cavità e rimasero appesi per i nervi contro le guance. Un rivolo di liquido giallastro le colò tra le gambe macchiandole un calzino bianco, poi cadde gocciolando nella tromba delle scale.