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Lei posò le braccia sul tavolino. «Ehi, non mi hai ancora dato una risposta.» Sbuffò per l’espressione di sorpresa che vide sul viso di lui. «L’invito a cena, non hai ancora detto se vieni o no.»

«Ho scelta forse?» I cattivi pensieri fugati dal sorriso innocente e malizioso di Amy.

«Certo! Puoi accettare oppure essere deportato. Papà non sopporta le cattive maniere.»

«E conosciamo bene il suo potere sugli affari di stato.»

«Esattamente!»

«Allora verrò.»

«Ma come sei ragionevole!»

«Quanto ha dovuto brigare tua madre?»

«Non molto, lo ha ricattato.»

«È difficile immaginare tuo padre cedere a qualcuno.»

«Non conosci la mamma. All’apparenza può sembrare tutta dolcezza e soavità, ma sotto sotto c’è una vena d’acciaio che qualche volta intimorisce anche me.»

«Per lo meno fa piacere sapere che a lei piaccio.»

«Non direi proprio così, diciamo che non ti è del tutto contraria.»

Lui rise sottovoce. «Mi divertirò da matti a questa cena.»

«Sai, credo che ti trovi misterioso. Uomo cupo ma attraente con un passato oscuro, e così via.»

Childes abbassò lo sguardo sul bicchiere di birra. «È così che lo vede il mio passato?» chiese.

«La incuriosisce e questo la diverte.»

«E il caro paparino?»

«Non vali sua figlia, tutto lì.»

«Ne sei sicura?»

«No, ma non è molto importante. Lui rispetta i miei sentimenti, e io gliel’ho fatto capire quello che sento per te. Nonostante la testardaggine non mi farebbe mai il torto di darti addosso.»

Childes avrebbe voluto esserne certo. Nelle poche occasioni in cui si erano incontrati l’ostilità del finanziere era stata celata a malapena. Forse non gli piacevano i divorziati, o forse non si fidava di nessuno che non fosse conforme ai suoi standard, al suo concetto di normalità.

Per evitare di diventare nuovamente cupo Childes fece una smorfia e chiese: «Mi serve l’abito da sera?»

«Beh, sono stati invitati anche un paio di soci in affari, compreso un consigliere d’amministrazione del La Roche con la moglie, quindi non sarà proprio informale la cosa. La cravatta è d’obbligo.»

«E io che pensavo che la serata fosse in mio onore!»

«La tua presenza sarà in mio onore» rispose guardandolo intensamente. «A te potrà sembrare strano, ma per me è molto importante averti vicino. Io non so perché c’è questo antagonismo tra te e mio padre, Jon, ma è comunque sciocco e dannoso.»

«Da parte mia non c’è animosità.»

«Lo so. E non ti chiedo di cedergli. Voglio solo che ci veda insieme in una situazione mondana, dimostrargli come stiamo bene insieme.»

Lui fece un sogghigno e lei lo rimproverò con gli occhi. «Lo so a cosa stai pensando tu, ma non intendevo quello, sono sempre la sua bambina, non te lo scordare.»

«Non immagina nemmeno quanto sei donna.»

«Non c’è n’è bisogno, sono sicura che non mi crede ancora candida come neve, comunque.»

«Chissà? Non è facile per un padre così premuroso accettare certe cose.» L’intimità dell’argomento gli aveva trasmesso un gradevole calore, la vicinanza di lei lo emozionava piacevolmente. Anche Amy sorrideva diversamente, non ammiccante ma partecipativa, gli occhi verdi pieni di un luminoso languore. Distolse gli occhi agitando i cubetti di ghiaccio nel bicchiere, guardandoli attentamente come se nelle tonde palline fosse nascosto chissà quale messaggio. Dagli altri tavolini arrivavano brandelli di conversazione punteggiati da risate, un aereo virava attorno alla punta occidentale dell’isola, già volando sul mare appena pochi secondi dopo il decollo dal minuscolo aereoporto dell’isola, con le ali che riverberavano il rosso del sole. Una leggera brezza mosse una ciocca sul viso di Amy.

«Io dovrei andare» disse dopo una pausa.

Sapevano ambedue cosa volevano veramente. Childes disse: «Ti riporto al La Roche così prendi la macchina.»

Finirono le bevande e si alzarono all’unisono, attraversando il giardino verso il cancello bianco del parcheggio. Lei gli prese la mano, stringendogli le dita in risposta alla stretta di lui.

Montati in macchina si protese e lo baciò sulle labbra, la passione di lui acuita e addolcita al tempo stesso dalla dolcezza di lei. Questa sensazione contraddittoria era come il bacio stesso, leggero e profondo. Quando si separarono, ansimanti, infiammati, lui lasciò scivolare le dita sulla sua guancia sfiorandole le labbra umide. Si rese conto che il loro rapporto aveva raggiunto inaspettatamente e sorprendentemente una nuova vetta. Si era sviluppato lentamente dapprima, ed era emerso con una gradualità attenta, lui timoroso di dare troppo di sé, lei guardinga nei confronti dello straniero, diverso dagli uomini che aveva conosciuto. Ora pareva che avessero superato quel limite oltre il quale un eventuale ritorno non può che essere un cammino lungo e doloroso. Conoscevano tutt’e due questa verità inesorabile, ma erano incapaci di sfuggire agli eventi.

Lui guardò fuori, sconvolto da questa ondata di emozioni, incapace di capire come avessero preso il sopravvento così rapidamente. Mise in moto, ingranò la marcia e infilò fa viuzza dell’albergo.

Childes aprì l’uscio e sostò un attimo nel piccolo atrio, per schiarirsi le idee, riprendere fiato. Chiuse la porta.

La presenza di Amy gli era rimasta addosso, galleggiava impalpabile nell’aria, e di nuovo egli si meravigliò dello stupefacente evolversi dei loro sentimenti. Aveva tenuto a freno le emozioni così a lungo, godendo della sua compagnia, di tutti i suoi pregi, la maturità, l’innocenza, e ceno la sua bellezza fisica, conscio che il loro rapporto era più di un’amicizia, ma sempre controllato, non voleva lasciarsi andare, soccombere, a qualcosa di più profondo. Le ferite del matrimonio distrutto non erano ancora cicatrizzate, c’era ancora un fondo d’amaro in quel ricordo.

Non poté reprimere un sorriso infelice, quasi fosse stato preso dal rimpianto.

Il telefono lo fece sussultare. Si allontanò dalla porta e sollevò la cornetta.

«Jon?». Aveva come il fiato corto.

«Sì, Amy?»

«Cosa ci è accaduto?»

«Anche tu, allora?» rispose lui dopo un attimo.

«E meraviglioso e terribile al tempo stesso. È come una malattia eccitante.»

Lui rise al paragone, rendendosi conto di quanto fosse corretto. «Dovrei dirti che passerà ma non voglio.»

«Mi fa paura ma sto tanto bene.»

Lui capì l’incertezza di lei, che aggiunse poi a mezza voce: «Non voglio soffrirne.»

Chiuse gli occhi e si lasciò andare contro il muro. Lottava con le proprie emozioni. «Diamoci un po’ di tempo per pensarci su!»

«Ma non voglio.»

«Forse sarebbe meglio per tutt’e due.»

«Perché? Cosa abbiamo ancora da sapere l’uno dell’altro? Voglio dire, niente d’importante, no? Abbiamo parlato, m’hai detto di te, del tuo passato, di cosa provi. C’è altro che devo sapere?»

«No, Amy, niente più segreti. Sai tutto di me, molto più di chiunque altro.»

«Allora perché? Hai paura di quello che sentiamo?»

«Pensavo che l’avessi anche tu.»

«Non così, io ho solo paura della mia vulnerabilità.»

«Eccola la risposta, vedi!»

«Pensi che potrei mai fare qualcosa che ti farebbe del male?»

«Possono accadere delle cose su cui non abbiamo potere.»

«Pensavo che fossero già accadute.»

«Non parlavo di quelle. Gli avvenimenti possono interferire con ciò che sentiamo, cambiare i sentimenti, mi è già successo altre volte.»

«Mi avevi detto che il tuo matrimonio traballava prima ancora che ti accadessero quelle terribili cose, che hanno solo allargato la frattura tra te e Fran. Non scappare Jon, non…»