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Al Ricovero Satwell non c’era una biblioteca fornita di trattati di meccanica, così feci sapere al dottor Albrecht che avevo intenzione di uscire al più presto. Lui venne da me per dirmi, con un’alzata di spalle, che potevo, sì, uscire subito, ma che se lo facevo ero un idiota… Acconsentissi almeno ad aspettare il giorno dopo. Lo accontentai, se non altro perché mi sentivo stanco e frastornato.

La mattina seguente, subito dopo colazione, mi portarono degli abiti di taglio moderno… e dovetti farmi aiutare a vestirmi! Non ero tanto disgustato dai pantaloni color ciliegia tagliati a campana, quanto impacciato dai nuovi sistemi di chiusura. Certo mio nonno ai suoi tempi si sarebbe trovato nelle mie stesse condizioni davanti a una cerniera lampo, se non gli avessero spiegato come funzionava. Così io dovetti farmi aiutare, come un bambino piccolo, prima di capire che le chiusure a cucitura Sticktite erano assialmente polarizzate e funzionavano a pressione.

Quando finalmente fui pronto, il dottor Albrecht mi chiese: — Potreste dirmi che cosa avete intenzione di fare?

— Io? Prima di tutto voglio procurarmi una carta della città, poi voglio trovare un posto dove poter dormire, e infine, per un bel po’, non voglio far altro che leggere per aggiornarmi in campo meccanico. Dottore, sono un ingegnere, e la tecnica che io conosco è sorpassata.

— Capisco. Allora buona fortuna, e venite da me se avete bisogno di qualche cosa.

— Grazie, dottore — risposi tendendogli la mano — siete stato molto gentile, e non mi dimenticherò di voi.

Lui ricambiò la stretta, poi disse: — Arrivederci, e sappiate che se fuori vi sentirete troppo spaesato, nel vostro contratto sono compresi quattro giorni interi detti di ricupero e di orientamento, senza aggiunte extra. Potete quindi tornare qui quando volete.

— Grazie ancora — dissi, sorridendo — ma potete scommettere che non usufruirò di questa facilitazione.

Prima di uscire passai dalla direzione, dove la segretaria mi porse una busta e mi disse che la signora Schultz aveva telefonato di nuovo per cercare di me. Io non l’avevo ancora chiamata perché non sapevo chi fosse, e la direzione del Ricovero non permetteva visite e telefonate per i clienti risorti, a meno che non lo desiderassero espressamente. Misi la busta in tasca, mentre la segretaria mi diceva che avrei dovuto passare dal tesoriere che aveva bisogno di parlarmi. Dal momento che anch’io avrei scambiato volentieri qualche parola con lui sull’argomento quattrini, ci andai subito, chiedendomi quanto possedessi e dicendomi quanto buon senso avevo dimostrato nel cambiare il mio contante in azioni, piuttosto che metterlo su un libretto, perché così, se anche nel crollo dell’87 le azioni erano scese di parecchio, ora avevano certo fatto in tempo a riprendersi, dato che avevo scelto titoli industriali sicuri. La lettura della rubrica finanziaria del Times mi autorizzava, del resto, ad avere fiducia.

Il tesoriere, un uomo asciutto e dall’aria capace, mi strinse frettolosamente la mano, dicendo: — Piacere di conoscervi, signor Davis. Io mi chiamo Doughty. Sedetevi, prego.

— Non voglio rubarvi troppo tempo, signor Doughty — dissi io, mettendomi a sedere. — Ditemi solo una cosa: la mia Compagnia di Assicurazioni ha trattato attraverso i vostri uffici gli affari che mi riguardano, o devo andare da loro?

— Abbiate un momento di pazienza, perché devo spiegarvi alcune cose.

Il suo assistente, un altro esemplare aggiornato del mio vecchio Sergio, gli porse un fascio di carte, e Doughty spiegò: — Questo è l’originale del vostro contratto. Volete dargli un’occhiata?

Afferrai avidamente i fogli, desideroso di esaminarli a fondo, nel timore che Belle mi avesse giocato qualche brutto scherzo. Perciò tirai un sospiro di sollievo nel constatare che tutto era come ricordavo, salvo, naturalmente, il pacchetto azionario della Domestica Perfetta, di cui avevo disposto dopo gli accordi con la Società Assicuratrice, il contratto con la Società Assicuratrice e il contratto per il Lungo Sonno di Pete. Esaminai con la massima attenzione i punti in cui quella deliziosa donnina aveva alterato la scritta Compagnia Mutua Assicurazioni in Compagnia Madre Assicurazioni, e dovetti ammettere che, nel suo campo, Belle era stata una vera artista. Certo un esperto di criminologia scientifica, munito di microscopio e di reagenti chimici, avrebbe potuto scoprire che tutti quei documenti erano stati alterati, ma un profano non ci sarebbe riuscito certamente.

In quel mentre, sentii che il signor Doughty si schiariva la voce, e alzai gli occhi su di lui. — Avete qui il mio deposito? — gli chiesi.

— Sì.

— Allora ditemi senza preamboli a quanto ammonta.

— Ecco, signor Davis, prima di addentrarci nell’argomento che vi interessa vorrei attirare la vostra attenzione su un documento aggiunto e su una specifica circostanza. Questo è il contratto stipulato fra il Ricovero e la Compagnia Madre di Assicurazioni per la vostra ipotermia, custodia e revivificazione, e potete constatare che la retta è stata interamente pagata in anticipo, ma quanto all’amministrazione del vostro patrimonio, è tutta un’altra cosa. Il contratto di custodia con cui la Società Assicuratrice ci affida i suoi clienti non ha niente a che fare con l’amministrazione dei loro beni, cui provvede la Società stessa, che poi passa a noi i documenti e i certificati, al risveglio del cliente.

— Insomma, signor Doughty, non capisco… Dove volete arrivare?

— Avete altri beni, oltre quelli affidati alla Compagnia Madre?

Ci pensai: una volta avevo un’automobile, ma Dio solo sapeva cosa ne era stato. Quanto al resto, qualche abito, parecchi libri, un paio di regoli e un tavolo da disegno, erano stati tutto il mio patrimonio.

— Niente, signor Doughty — dichiarai alla fine.

— E allora mi duole dirvi che non disponete di un soldo.

Dovetti afferrarmi al tavolo per reggermi. — Cosa volete dire? — balbettai. — Avevo incaricato, com’è scritto nel contratto, di cambiare il mio denaro liquido in titoli industriali di cui ho potuto constatare la validità nel listino di borsa del giornale di ieri!

— Mi spiace, signor Davis — ribatté lui — ma sta di fatto che l’Assicurazione Madre è fallita.

Fui contento che mi avesse invitato a sedere perché altrimenti le gambe non mi avrebbero retto.

— Cos’è successo? — domandai. — Il Grande Panico?

— No, no, il suo fallimento è stato una conseguenza di quello del Gruppo Mannix… ma naturalmente voi non potete essere al corrente dell’accaduto. L’Assicuratrice era più che altro una Società prestanome, e serviva a coprire alcune transazioni clandestine della Mannix. Quando si scoprì tutto questo era troppo tardi, altrimenti si sarebbe forse potuto salvare qualcosa. Se questo può esservi di consolazione, sappiate che, con le nuove leggi, una cosa simile non avrebbe potuto succedere.

No, non era affatto una consolazione. E inoltre non ci credevo. Mio padre sosteneva sempre che più una legge è complicata più gli imbroglioni riescono a violarla.

— Sentite — chiesi per curiosità — volete dirmi se la Compagnia Mutua Assicurazioni si è salvata?