— La Mutua? Certo. È una ditta seria e solida. Non dico che abbia passato dei bei momenti durante il Grande Panico, ma se l’è cavata. Avete forse qualche polizza con loro?
— No — mi limitai a rispondere. Mi sembrava inutile ogni spiegazione. Il contratto con la Mutua non era mai stato valido, perché non mi ero mai potuto recare dal medico, quel famoso giorno. Belle se ne era servita per falsificarlo e intestare i fogli all’Assicurazione Madre, e ormai non avrei potuto più far altro che tentare di perseguire per via legale Belle e Miles, posto che fossero ancora vivi. Ma che cosa ci avrei guadagnato? E poi, come già una volta trent’anni prima, non avevo prove.
D’un tratto mi ricordai che, appunto quando mi avevano defenestrato, Miles e Belle avevano ventilato il progetto di fare della Domestica Perfetta una affiliata della Mannix, perciò chiesi: — Scusate, signor Doughty, voi mi avete detto che la Mannix è fallita, e così pure le sue affiliate. Siete sicurp che la Domestica Perfetta non si sia salvata?
— La Domestica Perfetta? Quell’azienda che produce elettrodomestici automatici specializzati?
— Sì.
— Mi pare impossibile quello che dite, perché l’impero Mannix non esiste più da anni. Evidentemente sbagliate, credendo che la Domestica Perfetta sia stata un’emanazione del gruppo Mannix, a meno che qualcuno non abbia rilevato, in seguito, la ragione sociale.
Lasciai cadere l’argomento. Se Miles e Belle erano stati trovolti nel fallimento del gruppo Mannix tanto meglio, ma questo significava anche la rovina di Ricky, e mi dispiaceva enormemente.
— Vi ringrazio — dissi, alzandomi. — Vedrò di arrangiarmi come posso, signor Doughty.
— Credete pure, signor Davis, che noi del Ricovero ci sentiamo responsabili nei riguardi delle persone che ci sono affidate, e poiché il vostro è il primo caso in cui un cliente viene a trovarsi in condizioni… spiacevoli, ebbene vi rendo noto che la Direzione ha stanziato una piccola somma da mettervi a disposizione per…
— Vi ringrazio, signor Doughty — tagliai corto — ma non accetto la carità di nessuno.
— Non si tratta di carità, ma di un prestito, se preferite, e noi saremo molto più tranquilli se non ve ne andate di qui con le tasche vuote.
Ci pensai su. Non avevo in tasca neanche quel tanto che occorreva per tagliarmi i capelli, d’altra parte accettare un prestito è come cercare di nuotare con un mattone in ciascuna mano… ed è più difficile restituire una piccola somma che un milione. — Signor Doughty — dissi dopo una lunga meditazione — il dottor Albrecht mi ha detto che avrei diritto ad altri quattro giorni di permanenza gratis qui.
— Sì, credo che si tratti di quattro giorni, sebbene il periodo vari a secondo dei contratti.
— Ora ditemi, qual è la retta giornaliera qui al Ricovero per una stanza come quella che occupavo io?
— Non posso dirvelo esattamente. Questo non è un ospedale con retta quotidiana, ma teniamo delle camere a disposizione dei clienti, dopo il risveglio. Comunque credo che cento dollari al giorno siano la cifra esatta.
— E siccome io ho diritto a quei quattro giorni, potreste prestarmi quattrocento dollari?
Senza rispondermi, il signor Doughty parlò in codice al suo assistente automatico, e poco dopo mi porse otto biglietti da cinquanta.
— Grazie — gli dissi di tutto cuore, mentre intascavo la somma. — Ve li restituirò appena posso, con l’interesse. Va bene il sei per cento?
Lui scosse la testa. — Non è un prestito, signor Davis, dal momento che avete chiesto questa somma in cambio dei giorni di degenza che vi spettavano.
— Ma no, non voglio…
— Vi prego di non insistere. Volete che sprechiamo tempo e denaro per le pratiche relative a un prestito così esiguo? Ero disposto a darvi molto di più.
— Allora non insisto, ma ditemi piuttosto qual è il valore d’acquisto del denaro, oggi.
— Mah, non saprei con precisione. Però a occhio e croce direi che con dieci dollari si può fare un ottimo pasto, se non andate in un locale di gran lusso.
Lo ringraziai di nuovo calorosamente, e me ne andai.
Fuori dal Ricovero, che si trovava sul Wilshire Way, c’erano delle panchine al sole. Dopo aver fatto pochi passi, mi sedetti, e aperto il Times che avevo portato con me, mi misi a leggere gli avvisi economici, alla colonna offerte di lavoro. Vinsi la tentazione di leggere l’elenco delle richieste di tecnici esperti, e cercai quelle per lavoratori inesperti al primo impiego.
Era una lista maledettamente breve, tanto breve che per poco non mi sfuggì.
6
Due giorni dopo, venerdì 15 dicembre, trovai lavoro. Le mie mansioni consistevano nel fracassare automobili di lusso nuove di zecca in modo che potessero essere spedite a Pittsburgh come rottami. Si trattava di Cadillac, Chrysler, Eisenhowers, Lincoln, ecc. tutte enormi, bellissime, potenti turbomobili col contachilometri ancora a zero. Io dovevo spingerle fra le mascelle di un’enorme tenaglia che le stritolava, e da dove le ritirava in condizioni pietose.
Sulle prime mi piangeva il cuore a dover rovinare tutto quel ben di Dio, ma ero una talpa (così erano chiamati i reduci del Lungo Sonno), e dovevo imparare molte cose prima di reinserirmi nella vita normale.
Il mio capo-officina, un tipo gioviale e paterno che mi aveva preso subito in simpatia, mi spiegò: — Si tratta semplicemente di questioni economiche, figliolo. Queste vetture costituiscono un eccesso di produzione che il governo ha accettato come garanzia per evitare l’aumento dei prestiti statali. Queste macchine hanno due anni e ormai sono di un modello sorpassato e non si venderebbero più, così il governo le fa distruggere e le rimanda alle acciaierie. Il minerale grezzo ad alta percentuale è scarso, perciò i rottami sono più che mai ricercati, e le acciaierie hanno bisogno di queste macchine.
— Ma perché costruirle, se è noto in anticipo che non saranno vendute? Mi sembra uno spreco di tempo e di denaro.
— Appunto, sembra. Volete che aumenti la schiera dei disoccupati? Oppure volete che il tenore di vita si abbassi?
— Non si possono esportare? Mi pare che ricaverebbero di più vendendole all’estero che non come rottami.
— Già, per farci guardare storto dal Giappone, dalla Francia, dalla Germania, dalla Grande Asia, e così via, e per rovinare il mercato estero? Cosa vorreste fare, fornire il pretesto per una guerra? — Sospirò, e riprese paterno: — Nelle ore libere andate alla biblioteca pubblica a leggere qualche libro di economia politica. Vedrete che, dopo, le cose vi appariranno sotto un altro aspetto.
Chiusi la bocca, e non insistetti, né gli dissi che passavo già tutto il mio tempo libero ad aggiornarmi.
Continuai così a maciullare automobili di lusso, e a guardarmi intorno. Già dal primo giorno avevo scoperto che, con qualche sacrificio, potevo mangiare anche con meno di dieci dollari a pasto, specialmente se mi accontentavo di cibi sintetici. Trovare un alloggio non mi era stato facile, perché Los Angeles rigurgitava di profughi e sfollati, ma finalmente mi sistemai in una catapecchia dell’estrema periferia, non lontano dalla fabbrica dove lavoravo. Los Angeles si era ingrandita immensamente nei trent’anni in cui avevo dormito, e rimpiangevo i tempi in cui lo smog, che adesso erano riusciti a eliminare, teneva lontano da quella città un sacco di gente, e faceva desiderare, a chi ci abitava, di andarsene.
Una volta trovato alloggio e lavoro, mi restava ancora da ritrovare Ricky, Miles e Belle, e, se possibile, risalire ai brevetti originali di Pronto-agli-Ordini che, ne ero assolutamente certo, discendeva in linea diretta dal mio prototipo del Servizievole Sergio. E scoprire la storia della Società Domestica Perfetta. Il tutto mentre continuavo a leggere a a studiare in modo da poter pretendere, nel minor tempo possibile, un impiego all’altezza delle mie possibilità.