Il 5 marzo 2001 mi recai quindi all’ufficio personale della Domestica Perfetta, riempii una dozzina di formulari, e l’impeccabile impiegato (non automatico) cui li consegnai arricciò il naso nel leggere la data del mio diploma di laurea.
— Risale a oltre trent’anni fa — disse — e non vale niente, se in tutto questo tempo non vi siete tenuto al corrente.
Io gli feci notare che ero una talpa.
— Questo, caso mai, peggiora la situazione. Comunque non assumiamo persone che abbiano superato il quarantanovesimo anno di età.
— Ma io ho solo trent’anni! — protestai.
— Mi spiace, ma qui vedo che siete nato nel 1940.
— E allora che cosa dovrei fare? Spararmi?
— Se fossi in voi farei domanda per avere la pensione.
Me ne andai prima di dirgli cosa avrei fatto io se fossi stato in lui, e dopo essermi calmato con una passeggiata rientrai alla sede della società dall’ingresso principale, chiedendo del Direttore Generale.
M’ero assicurato in precedenza che si chiamava Curtis.
Riuscii a superare le prime due guardie del corpo insistendo che avevo un affare urgente da discutere con lui (la Domestica Perfetta non usava i suoi automi come impiegati, ma gente in carne e ossa) e solo quando fui nell’anticamera del grand’uomo, un tipo inflessibile volle sapere a tutti i costi di che affare si trattava.
Allora mi venne un’ispirazione. Facendo una grinta feroce, e urlando con piglio deciso, dissi: — Voglio sapere direttamente da lui che cosa vuole da mia moglie!
Un minuto dopo ero nell’ufficio del signor Curtis. Ci vollero mezz’ora e un mucchio di vecchie carte ripescate in archivio per convincerlo che la storia della moglie era uno stratagemma e che io ero il fondatore della ditta che lui ora dirigeva.
— Credevamo che foste morto — dichiarò Curtis. — In effetti così risultava dai nostri atti.
— Si tratterà d’un caso di omonimia — risposi.
Galloway, il direttore alle vendite, che era presente, intervenne in quel momento per chiedermi: — E adesso che cosa fate, signor Davis?
— Niente di interessante… Sono nel ramo automobili, ma ho intenzione di lasciarlo presto. Perché?
— Perché? Ma è chiaro! — Rivolgendosi a un altro papavero presente, il direttore tecnico Mac Bee, Galloway disse: — Hai sentito, Mac? Voi tecnici siete tutti uguali. Non valete un soldo nel ramo commerciale… Il signor Davis mi chiede: perche? Ma non capite che pubblicità potete essere per noi, signor Davis? Il Fondatore Torna dalla Tomba per Rivedere le Sue Creature. L’inventore del Primo Automa Servitore Osserva i Frutti del Suo Genio, e via di questo passo.
— No, aspettate un momento — dissi io in fretta. — Non sono né un manichino pubblicitario né una stella del cinema. Tengo alla mia intimità e sono un uomo riservato. Non sono venuto per questo… sono venuto perché mi diate un lavoro da tecnico.
Il signor Mac Bee inarcò le sopracciglia ma non fece commenti.
Seguì qualche minuto di confusione, durante i quali tutti volevano parlare. Finalmente Curtis ebbe il sopravvento, e disse: — Sentite, signor Davis, non potete negare di essere in una posizione particolarissima. Si può dire che voi non avete fondato solo questa azienda ma tutta l’industria similare. Tuttavia, come il signor Mac Bee può dimostrarvi, questa industria ha fatto passi da gigante nel periodo in cui voi eravate immerso nel Lungo Sonno. Per accontentarvi, potremmo mettervi nel ruolino paga con l’incarico di… vediamo un po’… di tecnico emerito delle ricerche.
— Che razza di roba sarebbe? — chiesi, sospettoso.
— Sono parole a cui potete dare il significato che preferite. Ma se volete il mio parere, vi consiglierei di collaborare con il signor Galloway. Noi non ci limitiamo a fabbricare gli apparecchi, dobbiamo anche venderli.
— E potrei avere la possibilità di lavorare?
— Sì — rispose Curtis dopo una breve esitazione. — Se proprio volete potremmo mettervi a disposizione un laboratorio di ricerca.
— Dunque, siamo d’accordo — saltò su Galloway tutto arzillo. — Scusatemi un momento… torno subito. Non ve ne andate, signor Davis. Voglio farvi fotografare accanto al prototipo della Domestica Perfetta.
Per tutto marzo e tutto aprile mi divertii alla Domestica Perfetta. Avevo a disposizione un’officina bene attrezzata e tutti i volumi scientifici che mi occorrevano, un Dino Disegnatore (l’azienda non produceva macchine di questo tipo, ma si serviva delle migliori in commercio), e come graditissimo accompagnamento musicale discorsi a base di termini tecnici dalla mattina alla sera.
Mi affiatai in modo particolare con Chuck Freudenberg, vicedirettore del reparto montaggio. A mio giudizio, Chuck era il migliore tecnico della ditta, anzi l’unico, in quanto gli altri, compreso Mac Bee, erano dei meccanici riveduti e corretti, con tante arie e poco sale in zucca. Quando ci conoscemmo meglio, Chuck ammise di essere del mio stesso parere, e disse: — Mac è un retrogrado. Detesta tutto quello che è veramente nuovo.
Quando gli chiesi se conosceva le origini della Società così com’era attualmente, mi spiegò che l’azienda aveva una ventina d’anni ed era stata fondata, con lo stesso nome di quella che l’aveva preceduta, da qualcuno che possedeva azioni della vecchia Società, e che si era assicurato il godimento dei brevetti che in origine io stesso avevo chiesto a nome della Ditta. — Mac Bee è stato assunto allora, credo — concluse Chuck.
Io e lui eravamo soliti trascorrere le serate davanti a un boccale di birra a discutere di argomenti tecnici, a criticare il sistema di lavoro, a elaborare progetti e idee. Sotto la sua guida amichevole comincia i a sentirmi finalmente all’altezza dei tempi, ma quando, una sera d’aprile, gli rivelai la mia idea di costruire una segretaria d’ufficio automatica, lui si fece dubbioso.
— Prima di esporre le tue idee alla ditta, pensaci bene. Da cinque anni non si cerca più niente di originale ma ci si limita a produrre su licenza altrui. Mac non ti lascerebbe passare il progetto, e prima di arrivare a Curtis devi passare attraverso l’ufficio di Mac, lo sai bene — mi disse.
Seguii il suo consiglio, e pur continuando a far progetti e a studiarci sopra, non lasciai in giro una carta. Bruciavo tutto, dopo essermene servito. Non avevo rimorsi nel farlo: mi avevano assunto come attrazione, e mi lasciavano lavorare purché non dessi loro fastidio.
La pubblicità suscitata intorno al mio nome da Galloway fruttò parecchi articoli su quotidiani e riviste, e mi procurò parecchie lettere, alcune di plauso e molte che mi promettevano le pene eterne perché con le mie invenzioni avevo voluto mettermi alla pari con il Creatore.
Ma la cosa più interessante di tutte fu una telefonata che ricevetti giovedì 3 maggio 2001.
— La signora Schultz è in linea, signor Davis. Schultz?
Al momento non ricordai, poi mi tornò alla mente la sconosciuta che mi aveva cercato al ricovero e di cui mi ero dimenticato.
— Passatemela — risposi.
— Parlo con Danny Davis?
Il telefono del mio ufficio non aveva schermo, quindi la donna non poteva vedermi.
— Sono io. E voi siete la signora Schultz?
— Oh, Danny caro, che piacere risentire la tua voce.
Poiché non rispondevo, lei proseguì: — Non mi riconosci?
Se l’avevo riconosciuta? Era Belle Gentry!
7
Il mio primo impulso fu di dirle di andare all’inferno, e sbattere giù il ricevitore. Avevo ormai capito da un pezzo che pensare a una vendetta era infantile. Vendicandomi non avrei riavuto Pete e sarei probabilmente finito in prigione. A essere sincero, dopo che le ricerche erano risultate vane, avevo quasi dimenticato Belle e Miles.