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— Cosa? Ma sì, lo sai perché. Anche se sei una persona fidata, non hai però la qualifica di Necessitato a Conoscere.

— Al diavolo! Se non ho necessità io di conoscere una cosa simile…

Lui rimase a lungo silenzioso, poi alzò gli occhi e disse: — Va bene. Parlerò, Dan, perché credo di potermi fidare di te, e perché tu ti metta il cuore in pace. Non credo che si tratti di una cosa che ti possa essere utile. I viaggi nel tempo sono possibili, ma non sono una cosa pratica. Non ne potrai fare niente.

— Perché?

— Lasciami spiegare, no? Non hanno mai sviluppato praticamente la teoria, e può anche darsi che non lo facciano mai. Non è di alcun valore pratico, nemmeno nel campo delle ricerche, e se lo Stato ci ha messo le mani sopra, è solo perché si tratta di un sottoprodotto della Null-Grav.

— Ma la Null-Grav è a disposizione del pubblico, adesso — protestai.

— D’accordo, e sarebbe così anche dei viaggi nel tempo, se si dimostrassero di utilità commerciale.

Chuck continuò spiegandomi che, quando era laureando, all’università Boulder, nel Colorado, s’era impiegato come assistente di laboratorio, per guadagnare qualcosa, ed era stato assegnato al professor Hubert Twitchell, l’uomo che, battuto per un soffio dall’Università di Edimburgo per la pubblicazione sulle teorie della Null-Grav, aveva perso il Premio Nobel e se n’era fatto un cruccio tale da guastarsi il carattere.

— Twitchell riteneva che se fosse riuscito a ottenere la polarizzazione intorno a un altro asse avrebbe potuto invertire il campo gravitazionale, invece di annullarlo. Ma non accadde niente. Così ripassò al calcolatore quello che aveva elaborato, e i risultati lo fecero restare a bocca aperta. Non me li fece mai vedere, naturalmente. Dopo avermeli fatti contrassegnare, introdusse due dollari d’argento in una gabbia di prova, allora si usavano le monete metalliche, poi premette il pulsante solenoide, e le monete sparirono. Avrebbe potuto trattarsi di un trucco da prestigiatore, e io pensai che dopo un po’ le avrebbe tirate fuori dal naso di qualcuno… ma per il momento dovetti accontentarmi di quello. Una settimana più tardi, una di quelle patacche ricomparve. Una sola. Ma prima ancora, un pomeriggio, mentre stavo facendo pulizia in laboratorio, d’improvviso comparve in una delle gabbie un porcellino d’India che non faceva parte della dotazione di laboratorio e che non avevo mai visto prima. Io me lo portai a casa e lo addomesticai. Dopo la ricomparsa del dollaro d’argento, il professore intensificò tanto il lavoro da dimenticare persino di radersi. Ripeté l’esperimento con due porcellini d’India e quando uno di essi ricomparve, dieci giorni più tardi, Twitchell fu sicuro di avercela fatta. Poco dopo arrivò un funzionario del Dipartimento della Difesa, un colonnello dal piglio militaresco che non capiva un’acca di fisica, ma che si diede un gran da fare a mettere sigilli di segretezza dappertutto.

— Evidentemente — dissi — pensava che la scoperta del professore potesse servire anche in guerra. Per esempio, tornando indietro nel tempo, si poteva disporre un’armata in un determinato punto, in una determinata battaglia, e così la storia sarebbe cambiata… Ma no, adesso capisco, bisogna avere le cose due alla volta: due dollari, due cavie, due armate, una da mandare indietro e l’altra da mandare avanti, per pareggiare il conto, altrimenti una sola andrebbe perduta. Quindi, in primo luogo è meglio avere l’armata al posto giusto nel momento giusto.

— Hai ragione, ma i tuoi argomenti sono sbagliati. Non è necessario servirsi di due cose, basta pareggiare le masse. Puoi prendere un’armata da una parte e dall’altra un macigno che pesi altrettanto. È un caso di azione-reazione, corollario della Terza Legge di Newton. — Scarabocchiò qualche formula nelle sbavature di birra sul tavolino. — MV uguale a mv, è la formula fondamentale dei razzi. La formula analoga per i viaggi nel tempo è MT uguale a mt.

— Ancora non capisco. I sassi costano poco.

— Adopera il cervello, Dan. Con un razzo si può puntare sull’obiettivo, ma in che direzione si trovava la settimana scorsa? Prova a cercarla. Non hai la minima idea di quale massa vada indietro e quale vada invece in avanti. Non c’è modo di orientare l’apparecchio.

Tacqui. Certo, pensavo, sarebbe imbarazzante per un generale aspettare una divisione di soldati freschi e vedersi arrivare un monte di ghiaia. Ma Chuck continuava a parlare.

— Tu tratti le due masse come le piastre di un condensatore, portandole allo stesso potenziale temporale. Poi le scarichi su una curva morta, che in realtà è verticale. Trac! Uno dei capi sull’anno prossimo e l’altro nel passato. Ma non si conosce la destinazione del singolo capo. E questo non è ancora il peggio. Il peggio è che non si può tornare.

— E chi vuole tornare?

— Senti, a cosa servirebbe una scoperta simile senza la possibilità di tornare indietro? Sia che tu vada nel passato, sia che tu vada nel futuro, sei uno spostato, il tuo denaro non ha valore, e non puoi metterti in contatto con le persone con le quali hai sempre vissuto. Non ci sono macchine per farti tornare, né energia… E di energia ce ne vuol moltissima, sai. Noi la ricavavamo dai reattori Arco. Immaginati il costo! C’è da tenere presente anche questo, non dimenticare.

— Si può tornare col Lungo Sonno — dissi.

— Cosa? Ah, certo, se si arriva nel passato! Ma se invece arrivi nel futuro? E se arrivi in un passato così lontano che il Lungo Sonno non è ancora conosciuto?

— Eppure sono convinto che qualcuno ha già avuto il coraggio di rischiare — dissi — tanto per il gusto di provare.

Chuck tornò a guardarsi intorno. — Ho già detto troppo — disse poi.

— Un po’ di più non farà male a nessuno, ormai.

— Ebbene, credo che tre persone ci si siano provate. Ho detto credo. Uno era un istruttore. Ero in laboratorio quando il professore ce lo accompagnò. Ricordo che si chiamava Leo Vincent. Twitchell mi disse di andarmene, e io obbedii, ma rimasi nei pressi del laboratorio. Qualche tempo dopo anche il professore uscì, ma di Vincent nessuna traccia. Per quello che ne so, è ancora là dentro, e quello che è certo è che a Boulder nessuno l’ha più rivisto.

— E gli altri due?

— Erano studenti. Anche in quell’occasione Twitchell solo uscì dal laboratorio, mentre uno degli studenti ricomparve a lezione il giorno dopo, e l’altro la settimana seguente. Cosa sia successo, puoi immaginare da solo.

— E tu, non hai mai avuto voglia di provare?

— Io? Ho la faccia dello scemo? Twitchell ha insinuato più d’una volta che sarebbe stato mio dovere nell’interesse della scienza, ma io ho fatto sempre finta di non capire.

— Io invece proverei volentieri. Così avrei modo di scoprire quello che mi angustia, e poi tornerei qui con il Lungo Sonno. Ne varrebbe la pena.

— Non devi più bere birra, caro mio — disse Chuck con un profondo sospiro. — Non hai capito niente. Non ti ho detto che anziché nel passato puoi finire nel futuro?

— Sono disposto a correre il rischio. Mi trovo meglio adesso che ai miei tempi, e fra trent’anni mi troverei forse ancora meglio.

— E allora fatti un secondo Sonno, e buonanotte. Oppure campa e aspetta. E poi, anche se finisci nel passato, può darsi che i calcoli riescano sbagliati e che tu ti ritrovi in un anno diverso dal millenovecentosettanta. Per quello che ne so io, Twitchell non aveva modo di stabilire le date. Terzo: quel laboratorio era situato in una pineta, e venne eretto nel novecentottanta. Risalendo al novecentosettanta tu potresti ritrovarti nell’interno di un grosso pino. Ti piacerebbe? E poi come faresti per il Lungo Sonno?

— Che domande! L’ho già provato una volta e tutto è andato benissimo.

— D’accordo, ma che cosa useresti come denaro?

Aprii la bocca, per richiuderla subito. Un tempo il denaro l’avevo, ma adesso non ne avevo più, salvo i piccoli risparmi fatti in quei mesi di lavoro, risparmi che sarebbero comunque stati inutili qualora li avessi portati con me, perché nel 1970 non era ancora in uso la moneta di plastica.