— Lavorerei, e risparmierei per pagarmi il Lungo Sonno — dissi.
— Già, e come potresti essere sicuro di fare in tempo? Ma c’è ancora l’ultimo punto, quello che taglia la testa al toro. Non puoi sottoporti all’esperimento, perché non te lo permetterebbero. Basta che tu ne parli, e l’FBI mi si mette subito alle calcagna. Io solo, infatti, da queste parti, sono al corrente degli esperimenti di Twitchell. Così adesso beviamoci un’altra birra, poi io, lunedì mattina, se non sarò in prigione, telefonerò al direttore tecnico della Aladino per sapere a che nomi corrispondono le iniziali del D. B. Davis che ha firmato quella famosa richiesta di brevetti. Quanto a te, dimenticati tutte queste sciocchezze del viaggio nel tempo… Io non ne ho mai parlato, ricordatelo bene, e se mai insisterai ti guarderò fisso negli occhi e ti dirò che sei il più gran bugiardo che abbia mai conosciuto.
Bevemmo un altro boccale di birra, e poi ci lasciammo per andare a dormire. Appena a casa, un doccia fresca mi rischiarò le idee, e dovetti convenire che Chuck aveva ragione. Tanto per cominciare era meglio che aspettassi l’esito delle sue ricerche presso gli archivi della Aladino. Così, messomi almeno temporaneamente il cuore in pace, mi arrampicai sul letto, e lessi il giornale, che in quella movimentata giornata di venerdì 4 maggio 2001 non avevo avuto ancora il tempo di guardare. Ma non c’era molto d’interessante, salvo che le ricerche dell’astronave per Marte continuavano ancora, febbrili quanto inutili. Lessi anche tutti gli annunci economici, i necrologi, le partecipazioni di nascita, rinascita e matrimonio, e finalmente spensi la luce e mi addormentai.
Alle tre di notte mi svegliai all’improvviso, e accesi la luce, perfettamente lucido. Avevo sognato, e più che un sogno era stato un incubo, che mi era sfuggita, sul giornale, la partecipazione di rinascita della piccola Ricky.
Il sogno era stato talmente vivido e realistico che, sebbene mi dessi del visionario, fui costretto a riprendere in mano il giornale per controllare e tranquillizzarmi. Nella colonna Rinascite uno degli annunci diceva: Ricovero Riverside: mercoledì 2 maggio 2001 F. V. Heinicke.
F. V. Heinicke!
Ricordai d’improvviso che Heinicke era il nome della nonna di Ricky, sì, ne ero certo! Non sapevo il perché di questa certezza, ma era come se d’improvviso mi si fosse aperto uno sportello nella memoria. Forse avevo udito quel nome da Miles o da Ricky, nel passato, e ora esso riaffiorava d’un tratto, solo che dovevo avere ancora la prova che fosse lei, che quelle iniziali F. V. stessero per Federica Virginia. Roso dall’impazienza e dall’eccitazione, scorsi febbrilmente l’elenco dei telefoni alla ricerca del numero del Ricovero Riverside.
— Pronto, Ricovero Riverside — disse una voce assonnata. — Siamo chiusi per la notte.
— Non riattaccate, per favore.
— Cosa volete, a quest’ora?
— Ho bisogno di notizie su una vostra cliente risvegliata il 2 scorso, si chiama Heinicke…
— Non diamo informazioni telefoniche sui nostri clienti, soprattutto in piena notte. Provate comunque a ritelefonare alle dieci, ma sarà meglio che veniate di persona.
— Verrò, non dubitate, ma intanto non potreste dirmi a quale nome corrispondono le iniziali di questa persona: F. V. Heinicke?
— Vi ho già detto…
— Volete ascoltarmi, per favore? So benissimo come funzionano i ricoveri, perché sono uscito anch’io da poco dal Lungo Sonno, a Satwell. So che non date informazioni sui clienti, ma in questo caso il nome è già stato pubblicato dai giornali, che per risparmiare spazio hanno pubblicato solo le iniziali dei prenomi. Quindi non credo che ci sia niente di male se me li dite per intero.
Dopo una breve esitazione, il mio interlocutore concesse: — E sia! Aspettate un momento. — Attesi col cuore che mi martellava, finché risentii la sua voce. — Ecco qua. Un momento perché c’è poca luce… Dunque… Francesca… no, Federica. Federica Virginia.
Mi sentii rombare le orecchie e per poco non svenni.
— Basta così?
— Sì, grazie, grazie dal profondo del cuore.
— Sentite, credo che non ci sia niente di male a dirvi un’altra cosa, così vi risparmierete un viaggio inutile. La signora in questione è già stata dimessa.
9
Quando arrivai al Ricovero albeggiava appena. Trovai il portiere notturno, lo stesso che mi aveva risposto quando avevo telefonato, e sua moglie, infermiera di notte.
Sebbene avessi la barba lunga, gli occhi arrossati per il sonno, gli abiti in disordine per la fretta con cui li avevo indossati, loro non si mostrarono diffidenti. Anzi, la signora Larrington, l’infermiera, cercò di rendersi utile quanto più poteva. Prese una fotografia e, mostrandomela, chiese: — E lei? E vostra cugina, signor Davis?
Sì, era lei, Ricky. Non c’erano dubbi. Certo, non si trattava della Ricky che avevo conosciuto, perché questa non era una bambina ma una bella ragazza sorridente, di vent’anni o poco più.
Ma gli occhi erano immutati, e l’espressione, ferma e dolce a un tempo, era quella di sempre.
La stereofoto si confuse davanti ai miei occhi offuscati dalle lacrime: — Sì — balbettai con voce soffocata. — Sì, è Ricky.
Il signor Larrington rimproverò la moglie. — Nancy, non avresti dovuto fargli vedere la foto.
— Perché, cosa c’è di male? — disse lei.
— Conosci bene il regolamento — la rimproverò il marito. Poi, a me: — Signore, come vi ho già detto per telefono, non diamo informazioni sui nostri clienti. Quindi, siate così gentile da tornare alle dieci, quando sono aperti gli uffici.
— Potrebbe tornare alle otto, se ha tanta premura. A quell’ora c’è il dottor Bernstein — intervenne sua moglie, sempre conciliante. — E poi la cugina di questo signore è già uscita. Non è la ragazza che è partita per Brawley?
Suo marito protestò, ma la donna era decisa a proteggermi, e mi consigliò di andare a fare colazione in un caffè lì vicino, per ingannare il tempo in attesa delle otto. Seguii il suo consiglio, e all’ora fissata tornai al Riverside.
Il dottor Bernstein era un giovanotto rigido e serio, molto compreso delle sue funzioni. Non si lasciò commuovere dalla mia eloquenza, e si limitò a promettermi che avrebbe parlato col direttore, ma solo dopo aver controllato presso il dottor Albrecht la verità sul mio conto.
Volente o nolente, non riuscendo a ottenere altro da lui, me ne andai. E forse commisi uno sbaglio, perché invece di aspettare l’esito del suo colloquio col direttore preferii recarmi in quel paese, Brawley, che l’infermiera aveva nominato qualche ora prima.
Arrivato a Brawley, dovettero passare tre giorni prima che mi fosse possibile ritrovare traccia di Ricky. Sì, era vissuta là, con la nonna, la quale però era morta da vent’anni, e lei s’era sottoposta al Lungo Sonno. Brawley ha solo centomila abitanti, così potei scoprire anche tracce del suo passaggio recente, ma con mio disappunto appresi che non era sola. Io ero sulle tracce di una ragazza sola, invece scoprii che viaggiava insieme a un uomo. Chi poteva essere? Seguii una falsa pista a Calexico, poi tornai a Brawley, dove trovai altre tracce che mi portarono a Yuma. E qui rinunciai a continuare perché Ricky si era sposata. Quel che lessi sul registro del municipio mi sconvolse al punto che piantai tutto in asso e presi il primo mezzo celere per Denver, dopo aver scritto in fretta e furia a Chuck per chiedergli di vuotare la mia scrivania e portare tutto nella mia camera.
A Denver mi fermai il tempo necessario per recarmi alla sede di una ditta fornitrice di materiale per odontotecnici. Non ero mai stato a Denver dopo che era diventata la capitale. Alla fine della Guerra delle Sei Settimane, Miles e io eravamo andati direttamente in California, e così trovai la città mutata al punto da non potermici orizzontare. Mi avevano detto che tutti gli uffici governativi erano in un sotterraneo scavato sotto le Montagne Rocciose, ma con tutto questo, Denver era ancora più estesa di Los Angeles.