No, non si trattava dell’ingombrante e mostruoso prototipo che Miles e Belle mi avevano rubato. Sotto questo punto di vista l’inserviente automatico somigliava a Sergio come una turbospider somiglia alle prime automobili, ma un padre riconosce le proprie creature, e nonostante le migliorie e la necessaria evoluzione avevo la certezza che quello che mi stava davanti era un nipote del mio Sergio.
— Desiderate altro?
— Aspetta un momento.
Evidentemente avevo detto una cosa cui esso non era preparato a rispondere perché frugò in un piccolo scomparto che aveva sul petto e trattone un biglietto di plastica legato a una catenella, me lo porse.
Lo guardai e vidi che recava stampate le seguente istruzioni:
Codice verbale: Pronto-agli-ordini-Modello XVII-a.
Importante: Questo automa-servitore non capisce il linguaggio umano, in quanto, essendo puramente una macchina, non ha intelligenza. Ma, per comodità delle persone cui è al servizio, è stato costruito in maniera da poter rispondere a una serie di ordini espressi a voce. Ignora pertanto qualsiasi altra cosa possa essere detta in sua presenza, e se gli vengono espresse direttamente delle richieste cui non è in grado di rispondere vi mostrerà il presente foglio di istruzioni, che vi preghiamo di leggere con la massima attenzione. Grazie.
Soc. Aladino per la Fabbricazione di Apparecchiature Automatiche. Creatrice di Pronto-agli-Ordini — Dino Disegnatore, Pollice Verde e Berta Bambina. Ai vostri ordini.
Il motto che dava il nome all’automa era scritto sopra il marchio di fabbrica che rappresentava Aladino intento a strofinare la lampada da cui usciva il Genio.
Sotto, c’era l’elenco degli ordini: Fermati-Vai-Vieni-Sì-No-Più adagio-Più in fretta-Chiama un’infermiera, ecc, cui ne seguivano altri, di tenore sanitario quali l’ordine di massaggiare la schiena o di sprimacciare il guanciale.
Il mio vecchio Sergio non rispondeva a ordini espressi verbalmente, ma solo in seguito alla pressione di determinati pulsanti, e non perché non avessi pensato al primo e più comodo sistema, ma perché l’analizzatore e il centralino telefonico occorrenti sarebbero venuti a pesare e a costare troppo. Evidentemente, nei trent’anni in cui avevo dormito, la meccanica aveva fatto progressi notevoli, perché questo automa non era né mostruoso, né ingombrante. Avrei avuto molte cose da imparare, appena fossi uscito, ma non nutrivo rimpianti. Ogni cosa a suo tempo! era il motto del mio vecchio professore di meccanica applicata. Quando il tempo è maturo per la ferrovia, allora si inventano le locomotive, non prima, altrimenti si finisce come il povero professore Langley che morì di crepacuore perché nessuno prese sul serio la sua macchina volante, creata qualche anno prima che i tempi fossero maturi per il volo, o come il grande Leonardo da Vinci, che anticipò talmente i tempi che quasi tutte le sue brillantissime concezioni risultarono irrealizzabili. Sì, mi sarei divertito nel 2000!
Restituii all’automa il biglietto, e poi scesi dal letto per andare a leggere la piastrina che aveva sulla schiena. M’aspettavo, quasi quasi, di leggere Soc. Domestica Perfetta, e pensai che forse la Aladino doveva essere una sua discendente… e chissà che non fosse affiliata alla Mannix! I dati incisi mi rivelarono il numero della serie e del modello, e l’elenco dei brevetti da cui la Società era protetta. Erano molti, una quarantina circa, e io corsi ai più vecchi, interessatissimo a vedere se il primo portava la data del 1970. Afferrai matita e taccuino che erano sul tavolo e mi affrettai a trascrivere i numeri dei brevetti, spinto tuttavia da un interesse fine a se stesso, in quanto anche se il primo dei brevetti fosse risultato del 1970 e rubato a me, ormai non sarebbe stato più di mia proprietà dal 1987, a meno che nel frattempo non fossero mutate le leggi in proposito.
Una luce si accese sull’automa che annunciò: — Mi chiamano. Posso andare?
— Eh? Certo. Vai!
— Grazie, arrivederci.
— Grazie a te.
— Non c’è di che.
Chiunque avesse inciso la risposta aveva una bella voce baritonale.
Tornai a letto e feci colazione, senza badare tuttavia a quello che mangiavo perché avevo notato che insieme al cibo mi avevano mandato anche un giornale. Era una copia del Times della grande Los Angeles, in data 13 dicembre 2000.
I giornali non erano mutati molto, almeno nel formato, però la carta era patinata e le illustrazioni tutte a colori, e alcune anche a tre dimensioni, perfette anche senza l’uso di occhiali colorati o lenti speciali come bisognava usare per le immagini tridimensionali ai tempi della mia gioventù.
Pronto-agli-Ordini aveva sistemato il giornale su un leggio dove pareva fissato da invisibili chiodi. Quando ebbi guardato la prima pagina, feci distrattamente per voltare i fogli, senza però riuscirci. Pareva che le pagine fossero tutte incollate insieme. Solo quando, a furia di provare, tastai per caso il lembo inferiore destro del foglio questo parve accartocciarsi, sbiadire e svanire, per non so qual fenomeno. Così accadde per tutte le altre pagine. Più della metà degli articoli mi erano noti. L’oroscopo del giorno. Il sindaco inaugura una nuova opera pubblica. La libertà di stampa minacciata. Il caldo fuori stagione minaccia gli sport invernali. Il Pakistan ammonisce l’India a non… E così via, fino alla noia. Altre notizie, diverse da quelle che avrei potuto trovare con poche varianti nei giornali di trenta anni prima, si spiegavano da sole nei titoli: Il razzo lunare sospeso fino a nuovo ordine — La Stazione Spaziale 24 ore ha avuto due forature: non si lamentano vittime — Le madri adottive si organizzano esigendo un aumento dei salari — Le richieste delle dilettanti verranno ritenute illegali — Un piantatore del Mississippi accusato in base alla legge anti-zombie, ma l’accusato si difende dicendo: I ragazzi non sono stati drogati, sono idioti per natura.
Capivo benissimo, per esperienza, il significato di queste notizie. Ma ce n’erano altre il cui senso mi sfuggiva del tutto. Per esempio: cos’erano i wogglies che si estendevano in altre città francesi? Un’epidemia, un partito politico? E chi lo sa! Certo è che le città sarebbero state polverizzate per ordine del re… Il re di Francia! Mah! Con la politica francese non bisognava mai stupirsi.
Stavo per chiudere, o meglio per smettere di leggere il giornale, quando notai alcune rubriche che mi riportarono indietro negli anni, tanto erano identiche a quelle che si pubblicavano nel ’70. Si trattava dei necrologi, delle partecipazioni di nascita, di matrimonio, di fidanzamento, di divorzio… e anche, come vidi, di resurrezione, ciascuna raggruppata per Ricovero. Guardai nell’elenco del Ricovero Satwell e trovai anche il mio nome. Ma quello che m’interessò più di tutto fu una inserzione pubblicitaria grazie alla quale potei scoprire che la Domestica Perfetta esisteva ancora, col marchio di fabbrica, una donnina munita di scopa, che io stesso avevo disegnato più di trent’anni prima. Mi consolai pensando alle azioni della Società. Se quella sera del 1970 le avessi avute con me quei due mascalzoni se ne sarebbero impossessati, così invece erano finite in mano a Ricky, e se Ricky adesso era ricca, io ne ero felice. Presi mentalmente nota di cercarla al più presto, dato che era l’unica persona cara che mi fosse rimasta al mondo. Cara Ricky! Se allora avesse avuto dieci anni di più, io non mi sarei nemmeno sognato di guardare Belle, e non mi sarei scottato a quel modo!
Quanti anni avrebbe avuto, adesso? Vediamo un po’… quaranta. No, quarantuno. Non riuscivo a immaginarmi Ricky quarantunenne, anche se coi progressi che aveva certamente fatto la medicina negli ultimi trent’anni ormai fra una ventenne e una quarantenne sarebbe stato difficile scoprire quale fosse la più vecchia.