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— Già, per farci guardare storto dal Giappone, dalla Francia, dalla Germania, dalla Grande Asia, e così via, e per rovinare il mercato estero? Cosa vorreste fare, fornire il pretesto per una guerra? — Sospirò, e riprese paterno: — Nelle ore libere andate alla biblioteca pubblica a leggere qualche libro di economia politica. Vedrete che, dopo, le cose vi appariranno sotto un altro aspetto.

Chiusi la bocca, e non insistetti, né gli dissi che passavo già tutto il mio tempo libero ad aggiornarmi.

Continuai così a maciullare automobili di lusso, e a guardarmi intorno. Già dal primo giorno avevo scoperto che, con qualche sacrificio, potevo mangiare anche con meno di dieci dollari a pasto, specialmente se mi accontentavo di cibi sintetici. Trovare un alloggio non mi era stato facile, perché Los Angeles rigurgitava di profughi e sfollati, ma finalmente mi sistemai in una catapecchia dell’estrema periferia, non lontano dalla fabbrica dove lavoravo. Los Angeles si era ingrandita immensamente nei trent’anni in cui avevo dormito, e rimpiangevo i tempi in cui lo smog, che adesso erano riusciti a eliminare, teneva lontano da quella città un sacco di gente, e faceva desiderare, a chi ci abitava, di andarsene.

Una volta trovato alloggio e lavoro, mi restava ancora da ritrovare Ricky, Miles e Belle, e, se possibile, risalire ai brevetti originali di Pronto-agli-Ordini che, ne ero assolutamente certo, discendeva in linea diretta dal mio prototipo del Servizievole Sergio. E scoprire la storia della Società Domestica Perfetta. Il tutto mentre continuavo a leggere a a studiare in modo da poter pretendere, nel minor tempo possibile, un impiego all’altezza delle mie possibilità.

Le due cose che mi colpirono maggiormente fra le tante novità piccole e grandi che avevano impressionato il mio risveglio furono due: una importante, e una frivola.

La prima era, occorre dirlo?, la Null-Grav, cioè la grande scoperta fatta qualche anno prima, e grazie alla quale era stata vinta la legge di gravità. Nel 1970 sapevo che esisteva l’Istituto Babson, in cui si compivano ricerche sull’attrazione, ma non mi sarei mai aspettato che gli esperimenti avessero esito positivo. E a rigor di logica avevo ragione, in quanto fu l’Università di Edimburgo a scoprire la teoria fondamentale su cui è basata la Null-Grav. A scuola mi avevano insegnato che la forza di gravità è qualcosa contro cui non si può fare niente, in quanto inerente all’intima struttura dello spazio.

Infatti, per vincerla, avevano mutato la struttura dello spazio… Solo temporaneamente e localmente, certo, ma era tutto quanto occorreva per trasportare un oggetto pesante. Naturalmente, bisognava restare entro l’ambito terrestre, così la Null-Grav non poteva servire per i viaggi spaziali, almeno nell’anno 2000, perché per il futuro le cose sarebbero probabilmente cambiate. Comunque, imparai che se per sollevare un oggetto occorreva ancora consumare energia onde superare il potenziale di gravità, e viceversa per abbassare un oggetto bisognava avere una carica di energia in cui immagazzinare tutti quei chilogrammetri, per trasportare invece orizzontalmente lo stesso oggetto bastava sollevarlo, sì, e poi lasciarlo fluttuare, e lui arrivava, senza energia né spinta, da Los Angeles a San Francisco o viceversa, come un pattinatore che scivola sul ghiaccio. Magnifico!

Cercai di studiare la teoria, ma cominciava dove finisce il calcolo sensoriale, perciò rinunciai.

Quanto alla frivolezza che mi aveva colpito, eccola: gli abiti delle donne. Mio nonno, nato nel 1890, sarebbe probabilmente rimasto allibito di fronte alla moda del 1970 come rimasi allibito io nel veder quello che riuscivano a fare le donne nel 2000 con la Sticktite.

Comunque, nel complesso, me la cavavo, anche se qualche volta mi trovavo spaesato, e avrei gradito un po’ di compagnia. Rimpiangevo più che mai Pete e Ricky, e anche i bei giorni in cui l’amicizia con Miles non era ancora stata guastata dall’intrusione di Belle.

Nei primi del 2001, convinto ormai di essere al corrente con la meccanica moderna, mi sentii riprendere dall’estro dell’inventore mai sopito in me. Il mondo era pieno di nipoti e pronipoti del mio Servizievole Sergio, usati in tutti i campi e con le più svariate mansioni, ma c’era ancora qualche lacuna da colmare: per esempio una segretaria per ufficio, automatica. Sì, qualcuno aveva inventato una macchina da scrivere cui bastava dettare per veder uscire le parole sul foglio, ma si trattava di un numero limitato di parole che andavano pronunciate con la massima chiarezza per non generare confusione. Io invece pensavo che con le valvole mnemoniche perfezionate, e l’oro come materiale di lavorazione meccanica, avrei potuto racchiudere in poco spazio i suoni chiave di tutte le parole più importanti di uso comune in commercio e nell’industria. Infatti chi si sognerebbe di dettare a una segretaria parole come ordalia o obnubilato? La mia Daisy Dattilografa avrebbe fatto scintille! Ma bisognava che prima facessi io un po’ di pratica: le idee brillanti non bastavano. Perciò decisi di cercare un lavoro più qualificato di quello che svolgevo attualmente. Per esempio potevo fare il disegnatore, tanto per cominciare.

Sapevo che erano in uso tavoli da disegno semiautomatici: ne avevo visto il disegno e la descrizione, anche se non avevo ancora avuto occasione di vederne uno da vicino.

Ero certo che mi sarebbero bastati pochi minuti per impararne l’uso in quanto, in linea di massima, erano stati costruiti secondo il progetto che avevo avuto in mente anch’io una volta, anche se, nel caso specifico, non potevo dire che l’idea mi era stata rubata, come era avvenuto invece nel caso del Servizievole Sergio. Qualcuno aveva avuto la mia stessa idea, ecco tutto, solo che quel qualcuno aveva avuto tempo e modo per realizzarla prima di me.

Quelli della Aladino, la stessa ditta che produceva Pronto-agli-Ordini, fabbricavano anche uno dei migliori tipi di macchine da disegno: Dino Disegnatore. Diedi fondo ai miei risparmi per acquistare un abito nuovo e una cartella di seconda mano, riempii quest’ultima di giornali, e mi presentai al reparto vendita della Aladino, chiedendo che mi dessero una dimostrazione del funzionamento della macchina, poiché volevo acquistarne una.

Ma non appena mi trovai davanti a un modello di Dino Disegnatore provai una sensazione strana e sconvolgente. Gli psicologi la chiamano già visto. Quel maledetto tavolo infatti era identico in tutti i particolari al tipo che avevo progettato io mentalmente, senza avere avuto il tempo di realizzarlo per colpa del Lungo Sonno.

Non chiedetemi cosa provassi esattamente, né perché fossi così sicuro. Sta di fatto che uno conosce il proprio stile, e un bravo progettista firma la sua opera così come fanno un pittore o un musicista.

Dino Disegnatore aveva tutte le caratteristiche della mia tecnica, così evidenti, inoltre, da turbarmi profondamente e da costringermi a pensare se la telepatia non c’entrasse per qualche cosa.

Non mi dimenticai di guardare il numero del primo brevetto e non fui affatto sorpreso nel vedere che risaliva al 1970.

Decisi lì per lì di scoprire chi aveva inventato quella macchina, pensando che potesse trattarsi di qualche mio antico professore da cui avevo ereditato lo stile, o di qualche mio compagno, nel qual caso poteva darsi che fosse ancora vivo, e allora m’avrebbe fatto piacere parlare con lui.

La voce del commesso che continuava a illustrarmi le particolarità della macchina mi distolse da questi pensieri per riportarmi alla realtà immediata. Io e Dino Disegnatore eravamo fatti l’uno per l’altro, e dopo dieci minuti da che l’avevo visto sarei stato capace di farlo funzionare a occhi chiusi, non solo, ma di spiegare come era fatto. Dopo essermi fatto dare i volantini pubblicitari, le modalità di pagamento, ecc, me ne andai promettendo che ci avrei pensato su. Il commesso ci restò male e io mi vergognai un po’ di avergli giocato quel tiro, ma nelle condizioni in cui mi trovavo non avrei potuto fare altrimenti. Dal reparto vendita mi diressi all’ufficio personale per chiedere un posto.