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— Ecco… Là!

Kurowsky indicava un punto vicinissimo al suo naso. Un insetto camminava frettolosamente in mezzo all'erba.

— Credo che sia una formica — disse Alec. — O forse un'ape.

— Ma le api non volano?

— Forse sì… credo.

I mezzi dotati di armi pesanti raggiunsero finalmente le loro postazioni. C'erano sei autoblindo con pneumatici a bassa pressione e col motore elettrico, armati di potenti laser. Parte degli uomini portava mitragliatrici e lanciarazzi che cominciarono subito a montare.

Alec, seguito da sei uomini, condusse un'accurata ma infruttuosa perquisizione all'interno degli edifici. Trovarono solo pareti annerite dal fuoco, pavimenti sconnessi, tetti squinternati.

Verso la metà del pomeriggio Alec ordinò che il perimetro venisse allargato. Quasi tutti i lanciarazzi e le mitragliatrici pesanti erano stati sistemati sui tetti insieme a sensori agli infrarossi per la visione notturna. Una autoblindo munita di laser fu piazzata davanti all'edificio centrale. Le altre si portarono ai limiti dell'aeroporto, mentre squadre armate di fucili sorvegliavano gli spazi fra l'una e l'altra.

Alec, risalito sulla prima navetta, fece il punto della situazione insieme a Kobol, che pareva esausto.

— Dobbiamo presumere di essere stati avvistati — disse Kobol.

— Giusto. È la prima cosa da tenere presente — disse Alec pensando che non si era mai reso conto di quanto fossero rumorose le navette. Ormai, pensò, tutti sapranno che siamo arrivati.

— Sarebbe stato molto più facile nascondere le navette se fossimo scesi in una delle valli vicine — proseguì Kobol.

— Qui sono al sicuro — ribatté Alec scrollando la testa. — I barbari non dispongono di armi che possano arrivare a colpirci dai bordi del campo.

— Ne sei certo?

— E finora il satellite non ha individuato gruppi consistenti di barbari diretti da questa parte. Quindi siamo al sicuro da un attacco in massa per un paio di giorni almeno.

Kobol era scettico, ma non ribatté.

— Bene — proseguì Alec. — Ci muoveremo stanotte…

— Stanotte? Al buio?

— Sì. Abbiamo sensori agli infrarossi. I barbari non li hanno. Noi possiamo muoverci al buio, loro no, e non si aspetteranno che noi lo facciamo. Voglio una dozzina di uomini e un'autoblindo munita di laser. Disponiamo di mappe della zona prese dall'alto, e le strade fra qui e il complesso di Oak Ridge sono chiaramente segnate. Possiamo arrivare prima dell'alba e cogliere di sorpresa gli eventuali difensori.

Kobol non era d'accordo. — Gli uomini non se la sentiranno di muoversi di notte, e quelli lasciati qui avranno ancora più paura sapendo che un quarto del contingente è lontano.

— Martin, non sono qui per discutere — disse brusco Alec alzandosi. — Gli uomini obbediranno ai miei ordini. Domani a quest'ora staremo già tornando a casa.

— Il capo sei tu — disse Kobol stringendosi nelle spalle. — Immagino che vorrai guidare di persona la spedizione a Oak Ridge.

— Infatti. E voglio che venga anche tu.

Le cespugliose sopracciglia di Kobol si sollevarono di un centimetro. — Non preferisci che rimanga qui?

— Basterà Jameson a sorvegliare il campo. Voglio che tu venga con me… perché sai riconoscere i materiali fissili.

— Ah, capisco. — Alzandosi lentamente Kobol disse: — Sai, se non si è abbastanza prudenti al buio, può anche capitare di essere colpiti da uno dei nostri.

— Hai ragione — rispose con la massima calma Alec. — Ci ho già pensato. Se può capitare a me, può capitare a chiunque, anzi è più probabile che capiti a qualcun altro.

Kobol sfoderò un sorriso tutto denti. — Già, è quello che penso anch'io.

— Finché siamo d'accordo tutto va bene — concluse Alec senza sorridere.

La notte era diversa. Non si trattava solo di spegnere le luci, come sulla Luna. Qui era buio. E la notte era viva.

Alec viaggiava sul paraurti anteriore dell'autoblindo che avanzava silenziosa con una dozzina di uomini a bordo, compreso lui e Kobol. Il conducente, chiuso nell'abitacolo blindato fra i paraurti, guidava lungo la strada tortuosa aiutato dai raggi infrarossi e dai sensori. Di notte, all'aperto, pareva che tutte le vecchie leggende di fantasmi e lupi mannari fossero storie fin troppo reali.

Tutte leggende, si disse Alec.

Pure, c'era qualcosa nel buio. Cose che gracchiavano e gracidavano, cose che sospiravano, grida improvvise e strani suoni spettrali.

— Scommetto che quello era un gufo — disse una voce alle spalle di Alec.

Le nuvole avevano cominciato a diradarsi prima del tramonto, offrendo ad Alec e ai suoi uomini lo spettacolo più stupefacente che mai avessero visto: un tramonto sulla Terra, vibrante di rossi e fiammeggianti arancioni che lentamente scolorivano nell'azzurro e poi nel viola, per cedere infine il posto al buio trapuntato di stelle.

Adesso il cielo era sereno, e le stelle, a parte il tremolio cui non erano abituati, sembravano normali. Quando la strada, dopo una curva, raggiunse la zona alberata, anche le stelle scomparvero. Adesso Alec riusciva solo a distinguere i neri rami contorti che frusciavano al sussurro del vento sullo sfondo appena meno scuro del cielo. Rabbrividì e non solo per il freddo.

L'autoblindo frenò bruscamente fermandosi, e mancò poco che lui perdesse l'equilibrio.

— Cosa c'è? — chiese ansioso nel microfono.

— Qualcosa si muove là davanti — rispose la voce del conducente dell'abitacolo.

— Qualcosa? Cosa?

— Non saprei. Emana abbastanza calore da apparire sullo schermo. Grande come un uomo. Forse di più.

Alec esaminò rapidamente le alternative. — Va bene. Non dobbiamo fermarci. Tutti gli uomini scendano e camminino ai fianchi dell'auto. Non sparate se prima non vi attaccano. Joe, procedi a passo d'uomo. Informami se compare qualcosa sullo schermo.

— D'accordo.

La corsa sull'autostrada tutta crepe si ridusse a una lenta camminata. Alec preparò il mitra tenendosi pronto a sparare. Camminava qualche passo avanti all'autoblindo, a una distanza di sicurezza dalla spalletta sinistra della strada, che era larga abbastanza da permettere a parecchi camion di procedere affiancati. Purtroppo i cespugli e gli alberi che la fiancheggiavano e in certi punti la invadevano potevano nascondere anche un esercito. Ma Alec non vide niente.

— Qualcosa proprio davanti. — La voce del conducente risuonava stridula negli auricolari.

— Io l'ho vista! — aggiunse un altro. — Era veloce… Ha attraversato la strada da sinistra a destra.

— Mitragliere — ordinò Alec. — Spara sul lato destro… a che distanza, Joe?

— Cinquanta metri circa.

L'autoblindo si fermò. Il sommesso ronzio del motore elettrico fu sostituito dal sibilo acuto del generatore del laser. Nel buio, Alec riusciva a malapena a distinguere lo specchio ovale di metallo del laser mentre girava lentamente nella sua direzione catturando sulla liscia superficie di rame il baluginio delle stelle.

Poi il sibilo andò aumentando e i boschi, una cinquantina di metri più avanti sulla destra, esplosero in una vampata. Quando l'invisibile laser riversò energia infrarossa nei cespugli si udì un'esplosione sorda seguita da un rombante crepitio. Nella vivida luce delle fiamme due grossi animali balzarono sulla strada, l'attraversarono al galoppo e scomparve fra la fitta vegetazione del lato opposto. Erano quadrupedi, e avevano le gambe sottili.

— Cervi — commentò uno.

— I cervi hanno le corna.

— Non sempre.

— Cessare il fuoco! — ordinò Alec.

Le fiamme si spensero con la stessa rapidità con cui erano divampate, lasciando una chiazza di bracci rossastre sul lato destro della strada. Alec percepì un odore strano ma gradevole. Gli veniva da tossire, ma nello stesso tempo quell'odore faceva vibrare in lui una corda che non aveva mai saputo di avere. Legno bruciato? Perché emanava un così buon odore?