— Okay… Porta le loro armi sull'autoblindo. Prenditela calma. Dovrai fare una dozzina di viaggi. Io intanto li seppellirò.
— Cosa?
Alzando le spalle, Russo rispose quasi con ritrosia: — Un giorno o l'altro qualcuno mi ammazzerà e non mi piacerebbe che mi lasciassero lì dove sono morto a fare da pasto agli uccelli.
— Ma sei stato tu a ucciderli. Cioè, noi…
— Sì. E adesso bisogna seppellirli. — Tacque e dopo una breve pausa spiegò: — Tu uccidi i nemici quando loro sono in grado di uccidere te. Se sono disarmati e scappano li lasci perdere. Se sono morti, li seppellisci. E non prendi prigionieri a meno di non avere un valido motivo per farlo.
— Queste sono le leggi della guerra, qui?
— Le leggi della sopravvivenza.
Alec annuì per dimostrare di aver capito, sebbene non fosse d'accordo. Cominciò a raccogliere i fucili e le carabine che gli uomini avevano lasciato sparpagliati in giro. Russo prese fra le braccia, quasi con tenerezza, uno dei cadaveri e lo portò vicino agli alberi.
— Ehi, Alec, vieni un po' qui! — disse.
Alec si precipitò infilando un nuovo caricatore nel mitra mentre correva.
Russo aveva deposto a terra il morto. Appeso per i pollici a un ramo sporgente dell'albero, c'era un ragazzo, un vero spaventapasseri coperto di stracci, con gli occhi sbarrati per la paura e il dolore. I pollici erano gonfi e bluastri. Gli avevano ficcato in bocca uno straccio sporco. Da una ferita a una gamba colava sangue.
Russo estrasse un coltello dalla cintura e liberò il ragazzo, poi gli tolse lo straccio dalla bocca. Il corpo gli si afflosciò fra le braccia.
— Dovevano averlo fatto prigioniero — disse Russo.
La faccia emaciata del ragazzo aveva le guance incavate e qualche spuntone di barba gli cresceva sul mento. Guardò il fucile di Russo e poi Alec che impugnava il mitra.
— No… no… — gemette. Russo allentò le corde che gli stringevano i pollici e il ragazzo emise un lamento.
— Cosa ne facciamo di lui? — chiese Alec. — Cosa dice la legge in questi casi?
Reggendo il corpo sparuto per le spalle, Russo chiese: — Riesci a reggerti?
Il ragazzo annuì e si allontanò vacillando di qualche passo. Russo scosse la testa e guardò Alec. — Non ce la farà mai da solo.
— Per piacere — piagnucolò il ragazzo. — Okay. Okay.
— Puoi parlare? — gli chiese bruscamente Alec. — Come ti chiami? Perché sei qui?
— Furetto. Vivo qui. Nei boschi. Loro mi hanno preso. Volevano uccidermi. Dopo. Lentamente.
— Non ha armi — disse Russo. — Neanche un coltello.
Esaminandolo attentamente Alec si accorse che quel ragazzo doveva aver pressappoco la sua età. Deve avere sempre sofferto la fame, pensò.
— Abbiamo una cassetta di pronto soccorso a bordo — disse istintivamente.
Russo stava per ribattere, ma Furetto cadde in ginocchio con un gemito.
— Ricordi cosa ti ho detto dei prigionieri? — chiese Russo a Alec.
— Ho una buona ragione. Conosce la zona. Potrebbe essermi utile.
— Non aspettarti che ti sia grato — lo ammonì Russo. — Non fidarti minimamente di lui.
Ma Alec stava già avvicinandosi al giovane e lo aiutava ad alzarsi. — Vieni — gli disse. — Ti medicheremo subito la gamba.
Quando tornarono all'aeroporto la battaglia era finita da un pezzo. Russo lasciò Alec sul limitare dei boschi, dicendo che doveva andare a controllare i suoi uomini e che sarebbe tornato prima del tramonto. Alec proseguì con Furetto sdraiato al suo fianco, silenzioso ma con gli occhi aperti.
Jameson guardò con evidente disprezzo il prigioniero ferito, ma ordinò che gli si medicasse la gamba. Poi fece ad Alec un resoconto della battaglia. — Continuavano a starsene rintanati fra gli alberi, perciò non era possibile inseguirli con le autoblindo, così ci siamo limitati a pattugliare il margine dei boschi cercando di impedire che si avvicinassero di più. Ci hanno lanciato un sacco di granate, ma non hanno fatto gravi danni.
Due autoblindo erano state colpite dagli shrapnel, ma funzionavano ancora. Alcuni uomini erano rimasti feriti, ma non in modo grave.
Jameson sbirciò fra gli alberi con un'espressione da falco cacciatore. — Quel Russo sta con tuo padre, eh? Sono dalla nostra parte o cosa?
— Oggi erano dalla nostra — rispose Alec stringendosi nelle spalle. — Ma non so cosa succederà domani. Voglio che gli uomini stiano all'erta. Disponi dei turni di guardia.
— Il tuo prigioniero?
— Deve essere sorvegliato ininterrottamente.
— Quando torneranno a prenderci?
— Quando li chiamerò.
Alec capì che Jameson era scettico su questo punto, tuttavia, dopo un breve silenzio, disse soltanto: — Disporrò i turni di guardia — e si allontanò lasciando Alec solo.
Alec si appoggiò con la schiena alla cabina del conducente, e si diede un'occhiata intorno. Al centro dell'aeroporto fumava ancora lo scheletro annerito della navetta distrutta. Nei boschi regnava il silenzio. Le ombre si allungavano sul terreno ai raggi del sole che tramontava.
Alec si rese conto che si trovavano completamente soli, in un mondo alieno e pericoloso.
12
Il sole era già calato dietro gli alberi quando Will Russo ricomparve. Sbucò dalla foresta avviandosi verso il semicerchio di autoblindo disposte sul bordo della pista.
Alec fu contento di rivederlo. Gli andò incontro.
— Non vi siete ancora sistemati per la notte, eh? — fu la prima cosa che disse Will.
— No, non ancora.
— Bene, bene — sembrava soddisfatto. — Noi ci siamo accampati sulla cresta della prima collina — spiegò indicando vagamente la direzione — e ho pensato che sarebbe stata un'ottima idea se vi accampaste lassù con noi.
Alec non disse niente.
— I banditi superstiti sono ancora nei paraggi — spiegò Will — e se ci accampiamo insieme saremo abbastanza forti da scoraggiarli dal tentare un attacco durante la notte. E dormiremmo tutti meglio.
Io con le autoblindo e i laser e tu con i tuoi uomini esperti nel combattimento nei boschi, pensò Alec. Annuì e chiese: — Possiamo salire fin lassù coi veicoli?
— Certamente. Ti mostrerò il sentiero.
— D'accordo. — Alec si voltò per chiamare Jameson.
— Bene. Magnifico — commentò Will con un sorriso infantile. — L'unione fa la forza.
Il sentiero che risaliva il pendio della collina era stretto e pericoloso. Un'autoblindo slittò in un fossatello scavato dalla pioggia di fianco al sentiero appena visibile. Ci volle un'ora per tirarla fuori.
Per Furetto fu una passeggiata meravigliosa. Sdraiato dietro l'affusto del laser di un'autoblindo, si sentiva sazio e soddisfatto. La gamba non gli faceva più male. Quegli uomini gli avevano dato da mangiare e fasciato la gamba con strisce pulite di qualcosa simile alla stoffa, però liscia e scivolosa. Lo trattavano come un re, e non smettevano mai di sorvegliarlo.
Era ormai notte quando Alec e i suoi raggiunsero finalmente la cima della collina. Appollaiato sul tettuccio della prima autoblindo, Alec vide un gruppetto di uomini e donne seduti davanti a un fuoco. Una delle donne era Angela.
— Sono tutti qui i tuoi? — chiese a Will che sedeva sul parafango di fianco alla cabina.
— Oh, no! Ce ne sono più del doppio che montano la guardia. Non li hai visti mentre salivamo?
Alec fece un cenno di diniego.
Gli alberi si diradavano e sulla cresta c'era un ampio spiazzo per parcheggiare i mezzi in cerchio intorno al campo. Alec disse a Jameson di ordinare agli uomini di dormire a bordo, e che a turno, uno doveva restare sveglio.
— Sei sicuro che basti un uomo solo per ogni mezzo? — chiese Jameson.
Erano abbastanza lontani dal campo perché né Russo né gli altri li potessero sentire.
— Cosa vuoi dire?
— Non voglio fare la parte dell'ospite maleducato — rispose Jameson infilando i pollici nella bandoliera — ma… be', perché questa gente è così premurosa con noi? Specialmente se si tratta delle stesse persone che hanno rubato i materiali fissili. Perché si sono dati tanto da fare per aiutarci a tenere a bada i barbari e perché ci offrono di accamparci con loro? Non mi quadra.