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Le due autoblindo si portarono ai lati del carro armato. La torretta girò in direzione di Alec che fu pronto a colpirla con un raggio laser alla massima potenza. — Acceca quei bastardi! — imprecò rabbiosamente fra i denti sperando che l'energia agli infrarossi riuscisse almeno a mettere fuori uso i periscopi che sporgevano dalla torretta. Poi il carro armato esplose in un'enorme sfera di fuoco. Il laser dell'altra autoblindo aveva centrato il serbatoio. La torretta volò in aria. Col fumo e il vapore che uscivano sibilando da tutte le connessure, il carro armato morì come un drago consumato dai suoi stessi fluidi, sibilando e rombando, divorato dal fuoco, finché non scomparve avvolto in una nuvola di fumo nero.

Sembrarono ore, ma in realtà passarono solo quaranta minuti dalla comparsa alla distruzione dei tre carri armati. I reparti di Alec si aiutavano a vicenda, ma per lo più ognuno dovette combattere la sua battaglia, una specie di torneo tra due dei tre carri armati chiusi in trappola e una manciata di autoblindo e di jeep. L'apporto della cavalleria fu decisivo. Alla vista dei carri armati, i cavalieri si sparpagliarono, e poi, mentre jeep e autoblindo ingaggiavano battaglia coi mezzi corazzati, la cavalleria tornò a riunirsi formando la retroguardia e attaccò col lancio di missili e granate. Gli uomini saltavano di sella sui carri armati infilando granate nei tubi di scappamento, o fracassando i periscopi e gli altri strumenti che sporgevano dalle torrette. Accecati e immobilizzati, i carri armati si trasformarono in trappole mortali.

Le riserve di Douglas arrivarono poco prima che l'ultimo carro armato venisse distrutto. Arrivarono a cavallo o su leggere autoblindo. Erano poco numerosi e sparsi su un'unica fila. La veemenza dell'attacco di Alec aveva annientato il piano difensivo di Douglas prima ancora che avesse inizio la battaglia, ma nessuna delle due parti se ne rese conto mentre infuriava il combattimento.

Mentre la battaglia si andava attenuando nel suo settore, Alec ordinò al conducente di risalire sulla cresta dietro cui erano comparsi i carri armati. Da quella posizione elevata ebbe modo di seguire l'andamento degli scontri e diramare direttamente ordini via radio ai vari reparti.

I laser delle sue autoblindo ebbero ben presto ragione dei mezzi più leggeri di Douglas, che poco dopo cominciarono a ritirarsi, ordinatamente in alcuni punti, in rotta disordinata in quelli dove divampavano gli incendi appiccati dai laser.

Non era un bello spettacolo. Alec si rese conto dell'entità delle perdite. L'odore della morte arrivava fin lassù: lezzo di carne bruciata, fumo acre degli esplosivi e di olio lubrificante.

Il frastuono era incessante, nonostante gli spessi auricolari: le esplosioni punteggiavano l'ininterrotto crepitìo delle armi automatiche, e le grida e i lamenti e tutti i suoni umani arrivavano talmente alterati e distorti da essere irriconoscibili.

Alec smontò dal seggiolino e si piazzò sull'affusto del laser. Gli tremavano le ginocchia, aveva la vista annebbiata.

È per questo che sono venuto, si disse mentre osservava migliaia di uomini che cercavano di uccidersi a vicenda. Questo è lo scopo a cui mirava la mia vita. Afferrò il binocolo appeso al collo e fece per portarselo agli occhi, ma esitò: e se vedessi laggiù il cadavere di Will?

La voce calma, fredda di Jameson lo riportò bruscamente alla realtà. — In questo settore il nemico è in rotta. Non combatte più.

— Va bene — rispose Alec cercando di non tradire l'emozione. — Lascia perdere gli sbandati. Lasciali andare. Punta sulla base cercando di raggiungerla prima che riescano a organizzare la difesa. Ti raggiungerò da questa parte.

— Controllo. E Kobol con la sua squadra speciale?

— Seguirà il mio reparto. Non c'è altro. Muoviti fra cinque minuti al massimo.

— Ci stiamo già muovendo.

Alec fece un rapido controllo con gli altri comandanti di settore. La battaglia si stava sgretolando in una serie di piccole schermaglie. Adesso le truppe di Douglas lottavano per la sopravvivenza, cercando di scappare e di non restare sul campo. Alec ordinò a tutti i comandanti di ignorare i reparti in ritirata e di offrire la resa a quelli che continuavano ancora a combattere. Poi ordinò a metà dei suoi reparti di avanzare a tutta la velocità verso la base di Douglas.

Mentre la sua autoblindo scendeva sobbalzando il pendio per mettersi a capo di una colonna che si stava formando, Alec impartì via radio gli ordini a Kobol, in attesa alla base di partenza.

— Adesso? — rispose Kobol sorpreso. — Stai già puntando sulla base?

— Sì — rispose Alec mentre il suo mezzo si faceva strada tra le altre autoblindo e le jeep che stavano radunandosi ai piedi della collina. — Abbiamo sbaragliato il grosso delle truppe di Douglas. Adesso non resta da fare che un bel repulisti — e fra sé aggiunse: a meno che Douglas non abbia un altro asso nella manica.

Kobol borbottò qualcosa che voleva essere una frase di congratulazioni e promise di muoversi subito.

— Tienti alla larga dagli avamposti — gli raccomandò Alec. — Sono ancora presidiati dal nemico. Non è improbabile che abbiano intenzione di scaricarti addosso tutte le munizioni che gli rimangono.

Prima che Kobol potesse rispondere, Alec chiuse la comunicazione sorridendo fra sé.

È troppo facile, continuava a pensare mentre correvano verso la base di Douglas. Ma di quali altre risorse può disporre? Ha impiegato molti più uomini di quanti ne abbia mai visti alla base. Non può averne altri di riserva.

Mentre procedevano a tutta velocità sul campo di battaglia, fra carri armati e autoblindo bruciate, corpi straziati e gementi, cadaveri maciullati, crateri di bombe, sull'erba viscida di sangue, Alec cominciò a rendersi conto che dopo tutto non era stata una cosa facile. Rapida, sì, ma non facile.

Ordinò al conducente dell'autoblindo di dirigere su una strada, e la colonna lo seguì. La strada era uno di quei sentieri in terra battuta su cui aveva più volte cavalcato insieme a Will Russo. Si snodava ai piedi delle ultime colline, e dopo essersi inoltrata in un folto di aceri e betulle terminava in vista delle prime case.

La colonna di autoblindo e jeep si aprì a ventaglio sul terreno ondulato coperto d'erba. I laser fusero senza difficoltà la rete metallica del recinto interno. Le torri di guardia erano abbandonate. Alec scrutò col binocolo la base mentre varcavano i resti ancora fumanti della recinzione. Poche persone correvano lungo le strade per mettersi al riparo nelle case.

Jameson riferì: — Ci troviamo a meno di un chilometro dall'estremità ovest della base. Nessuna resistenza. Scarsi segni di vita.

— Rallenta — ordinò Alec. — Procedi con cautela, ma continua ad avanzare. Non voglio che ci siano vittime fra i civili. Specialmente le donne. — Trasse dalla tasca della giubba una mappa disegnata a mano e disse a Jameson quali erano gli edifici che i suoi uomini dovevano occupare. — Fate uscire i difensori e radunateli sulle piste del vecchio aeroporto.

— D'accordo — rispose Jameson.

Alec impartì gli stessi ordini agli altri comandanti. Era preoccupato perché non sapeva per quanto tempo ancora l'accozzaglia di uomini ai suoi comandi avrebbe mantenuto la disciplina. Fece dirigere la sua autoblindo verso la fila di case dove abitavano Will, Douglas e Angela, e mentre il veicolo avanzava sobbalzando solitario in mezzo agli edifici, si rese conto di costituire un bersaglio ideale per i cecchini che potevano esserci nascosti.

E sparate! disse silenziosamente ai nemici. Non avrete mai un'occasione migliore.

Ma nessuno sparò. In quella parte della base non c'era il minimo segno di vita. Le case parevano tutte disabitate, e mentre imboccava la via verso cui era diretto, Alec pensò: Se ne sono andati tutti. Sono stato uno sciocco a credere che potessero essere ancora qui.