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Ksaverij Feofilaktovič augurava sinceramente ogni bene al ragazzo, per il quale provava una compassione paterna. C’è anche da dire che la sorte aveva avuto ben pochi riguardi nei confronti del nostro scribacchino fresco di nomina. A diciannove anni era rimasto orfano di entrambi i genitori: la madre non l’aveva mai conosciuta, il padre invece, una testa calda, aveva investito il patrimonio in progetti senza costrutto, dopodiché aveva dato a tutti l’ultimo saluto. Si era arricchito durante la febbre delle ferrovie, per poi rovinarsi durante la febbre bancaria. Non appena, l’anno prima, le banche commerciali avevano preso a crollare una dopo l’altra, quante degnissime persone si erano ritrovate a spasso per il mondo. Titoli fruttiferi dei più promettenti erano diventati niente, spazzatura. Pertanto anche il signor Fandorin, tenente a riposo, deceduto in quattro e quattr’otto per un colpo, non aveva lasciato altro che cambiali al suo unico figlio. Il ragazzo avrebbe dovuto terminare il ginnasio, iscriversi poi all’università, ed ecco invece che dalle mura natali si era ritrovato sulla strada, a cercar di guadagnarsi almeno un tozzo di pane. Ksaverij Feofilaktovič grugnì per la compassione. Comunque l’esame da registratore di collegio l’orfano l’aveva superato, non presentava nulla di insormontabile per un giovane tanto istruito, ma perché mai era finito alla polizia? Almeno l’avessero impiegato alla statistica o al settore giudiziario. Abbiamo tutti la testa piena di romanticherie, sogniamo tutti di agguantare un qualche misterioso Cadoudal. Ma qui da noi, colombello mio, di Cadoudal non se ne incontrano proprio (Ksaverij Feofilaktovič scosse la testa con disapprovazione), da noi più che altro ci si consuma i pantaloni a scrivere protocolli su come, in stato di ubriachezza, Golopuzov, di ceto borghese, ha finito a colpi d’accetta la sua legittima consorte e i tre figli minori.

Quel bravo giovane di Fandorin era alla terza settimana di servizio, e già Ksaverij Feofilaktovič, investigatore scafato, vecchia volpe, dava per scontato che il ragazzino fosse un buono a nulla. Troppo tenero, troppo bene educato. Grušin se lo era portato dietro una volta, subito alla prima settimana, sul luogo del delitto (quella volta che avevano sgozzato la signora Krupnova, ceto mercantile), e alla prima occhiata all’uccisa Fandorin era diventato tutto verde, si era retto al muro, e sempre reggendosi al muro si era trascinato in cortile. L’aspetto della signora, a dire il vero, non era dei più appetitosi: le avevano squarciato la gola da un orecchio all’altro, aveva gli occhi di fuori, e di sangue, si capisce, ce n’era una bella pozzanghera. Così era toccato a Ksaverij Feofilaktovič sia eseguire l’istruttoria sia redigere il protocollo. La vicenda, in verità, si rivelò semplice. Lo spazzino Kuzykin aveva degli occhietti talmente evasivi che Ksaverij Feofilaktovič ordinò subito alla guardia di agguantarlo per la collottola, e via in gattabuia. Kuzykin se ne sta da due settimane chiuso in prigione, si ostina; ma fa niente, alla fine confesserà; e poi non c’era nessun altro che potesse sgozzare la mercantessa: per casi del genere in trent’anni di servizio il commissario aveva sviluppato un suo certo qual fiuto. Quanto a Fandorin, tornerà utile anche in cancelleria. Servizievole, scrive senza errori, conosce la lingua, sveglio, di modi piacevoli, mica come quell’ubriacone di Trofimov, che il mese scorso è stato trasferito da segretario ad aiutante in seconda del caposezione nella zona del Chitrovskij, per mettere ordine al mercato delle pulci. Se ne vada pure laggiù a ubriacarsi e a risponder male ai superiori.

Grušin prese a tamburellare irosamente sul tavolo rivestito del solito telo verde, estrasse l’orologio dal taschino interno (oh, ne manca all’ora di pranzo!) e tirò a sé con decisione l’ultimo numero delle Notizie di Mosca.

«Allora, cosa avranno trovato di nuovo per stupirci», profferì aprendo il foglio; al che il giovane segretario ripose con prontezza l’odiata penna d’oca, ben sapendo che adesso il suo superiore avrebbe cominciato a scandire bene i titoli e ogni genere di notizia, accompagnando la lettura coi suoi commenti — giacché era questa l’abitudine di Ksaverij Feofilaktovič.

«Ma guardate un po’, Erast Petrovič, in prima pagina, nel punto più in vista!

Nuovissimo busto americano «Lord Byron»
in solidissima stecca di balena per uomini
desiderosi di apparire snelli.
Fianchi stretti, spalle da guerriero!

«E i caratteri, i caratteri! Enormi! E subito sotto, piccino piccino:

Il Sovrano parte per le terme di Ems

«Certo, pensa un po’, come se il sovrano non fosse un grande personaggio, tutt’altra cosa da quel ‘Lord Byron’!»

Il brontolio del buon Ksaverij Feofilaktovič fece al segretario un certo effetto. Per un qualche motivo si confuse, le guance gli avvamparono, e le lunghe ciglia da ragazza sbatterono colpevolmente. Visto che il discorso è finito sulle sue ciglia, non sarà fuori luogo descrivere più dettagliatamente l’aspetto di Erast Petrovič, giacché gli toccherà svolgere un ruolo cruciale negli eventi straordinari e spaventosi che seguirono poco dopo. Era un giovane d’aspetto assai gradevole, con capelli neri (di cui era segretamente fiero) e occhi azzurri (ahimè, fossero stati neri anche quelli!), di statura considerevole, pelle chiara e un maledetto, incancellabile rossore sulle guance. A questo punto riveleremo anche il motivo per cui il nostro giovane si era tanto turbato. Il fatto è che due giorni prima aveva speso un terzo del suo primo stipendio mensile per il busto così appetitosamente descritto, e andava così a spasso con il «Lord Byron» già da due giorni, sopportando i tormenti dell’inferno in nome della bellezza, e adesso sospettava (senza fondamento alcuno) che il perspicace Ksaverij Feofilaktovič avesse indovinato l’origine del portamento regale del suo sottoposto e desiderasse prendersene gioco. Intanto il commissario continuava a leggere:

Atrocità dei bashibosuq turchi in Bulgaria

«Ma, questo non va proprio per una lettura preprandriale…

Esplosione nel quartiere di via Ligovka

Il nostro corrispondente da San Pietroburgo riferisce che ieri alle 6. 30 del mattino, in via Znamenka, nel palazzo appartenente alla Società immobiliare del consulente commerciale Vartanov, si è verificata un’esplosione che ha ridotto in macerie l’appartamento del terzo piano. Giunta sul posto, la polizia ha scoperto i resti, sfigurati fino a risultare irriconoscibili, di un giovane. L’appartamento era affittato a un certo signor P., libero docente, cui appartiene, verosimilmente, il cadavere lì rinvenuto. A giudicare dall’aspetto dell’abitazione vi era stato installato una sorta di laboratorio chimico clandestino. Il responsabile dell’inchiesta, consigliere di Stato Brilling, ritiene che nell’appartamento stessero approntando macchine infernali per l’organizzazione terroristica dei nichilisti. L’inchiesta è tuttora in corso.

«Già, sia resa gloria all’Altissimo, che da noi non è come a San Pietroburgo.» Il giovane Fandorin, a giudicare dal luccichio degli occhi, a questo proposito era di tutt’altro avviso. L’intero suo aspetto affermava eloquentemente: ecco, nella capitale la gente conclude qualcosa, cercano i bombaioli, non se ne stanno a copiare per la decima volta carte in cui, a dire il vero, non c’è niente di interessante.