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S’era sempre trovata bene con la Banda delle Zanne da quando avevano lasciato Detroit e si erano nutriti degli uomini che attiravano fuori dalle birrerie lungo la strada. Tim e Russ erano tipi a posto, ma Killer e Davis erano i suoi grandi amici, ed erano i capi della Banda delle Zanne.

Ogni tanto erano entrati in città e avevano trovato una baracca abbandonata, magari con un paio di barboni, uomini che somigliavano un po’ a suo padre, con il berretto a visiera e le mani callose. E allora li avevano usati per banchettare. Con gente così si poteva sempre vivere, le aveva detto Killer, perché nessuno si preoccupava della loro sorte. Attaccavano svelti, kachoom!, bevendo in fretta il sangue, e li prosciugavano fino all’ultimo battito del cuore. Non era divertente torturare così la gente, diceva Killer. Bisognava provar compassione per loro. Facevi quello che dovevi fare, e poi bruciavi la baracca, oppure li portavi fuori e scavavi una buca molto profonda e li seppellivi lì. E se non potevi far niente per nascondere l’accaduto, ricorrevi a un piccolo trucco: ti tagliavi un dito, lasciavi che il sangue di Morto scorresse sopra il segno dei denti, ed ecco che le trafitture sparivano in un lampo. Nessuno avrebbe mai capito la verità perché sembrava un colpo o un attacco di cuore.

Baby Jenks si divertiva un mondo. Sapeva guidare una grossa Harley, reggere un cadavere con un braccio, scavalcare il cofano di una macchina… era fantastico! E a quel tempo non aveva ancora fatto lo stramaledetto sogno, il sogno che era incominciato a Gun Barrel City… con quelle gemelle dai capelli rossi e quel corpo di donna disteso sull’altare. Che cosa stavano facendo?

E che cosa avrebbe fatto lei, adesso, se non fosse riuscita a trovare la Banda delle Zanne? In California il vampiro Lestat sarebbe andato in scena fra due sere. E tutti i Morti del creato sarebbero stati presenti… o almeno così pensava, e così aveva pensato la Banda delle Zanne, e avrebbero dovuto essere là tutti insieme. E allora perché mai era separata dalla Banda delle Zanne, diretta verso una città schifosa come St. Louis?

Lei voleva che tutto continuasse ad andare come prima, accidenti. Oh, il sangue era squisito, yum, era davvero ottimo, anche adesso che era sola e doveva farsi coraggio, com’era successo quella sera, per fermarsi a un distributore e adescare il vecchio benzinaio. Oh, sì, snap, quando gli aveva stretto le mani intorno al collo ed era venuto il sangue era stato bellissimo, come hamburger e patatine fritte e frullati alla fragola, come la birra e i gelati al cioccolato. Era come una droga, coca e hashish. Era meglio d’una chiavata! Era tutto.

Però le cose andavano meglio quando c’era con lei la Banda delle Zanne. Loro capivano quando diceva che era stufa dei vecchi e voleva qualcosa di giovane e tenero. Nessun problema. Ehi, diceva Killer, Baby ha bisogno di un ragazzino scappato da casa. Chiudi gli occhi e pensa a quel che desideri. E difatti lo avevano trovato sulla strada, a cinque chilometri da una cittadina nel nord Missouri, e si chiamava Parker. Un bel ragazzino con i lunghi capelli neri, appena dodici anni ma molto alto per la sua età, con un po’ di barba; cercava di farsi passare per un sedicenne. Era salito sulla sua moto e l’avevano portato nei boschi. Poi Baby Jenks s’era sdraiata vicino a lui, dolcemente, e slurp, per Parker era finita.

Era delizioso, davvero. Ma Baby Jenks non sapeva se, a pensarci bene, era davvero meglio dei vecchi. E con loro era più divertente. Il buon sangue vecchio, diceva Davis.

Davis era un Morto negro, e anche molto bello, o almeno così lo vedeva Baby Jenks. La sua pelle aveva un riflesso dorato, il riflesso dei Morti che nel caso dei bianchi dava l’impressione che fossero sotto una luce fluorescente. Davis aveva anche delle ciglia magnifiche, incredibilmente lunghe e folte, e si metteva addosso tutto l’oro che riusciva a trovare. Rubava gli anelli d’oro, gli orologi e le catene alle vittime.

Davis amava ballare. Tutti amavano ballare, ma Davis aveva una resistenza maggiore. Andavano a ballare nei cimiteri, magari verso le tre del mattino, dopo che avevano mangiato e avevano sepolto i cadaveri e tutto quanto. Piazzavano la radio su una lapide e l’alzavano al massimo, con il vampiro Lestat che ruggiva Il Grande Sabba, una canzone che andava bene per ballare. Eh, cribbio, era magnifico saltare e piroettare e balzare in aria, oppure stare a guardare Davis che si muoveva e Killer che si muoveva e Russ che girava in tondo fino a crollare. Quello sì era il vero ballo dei Morti.

E se quei succhiasangue delle grandi città non erano entusiasti anche loro, be’, erano matti.

Dio, avrebbe potuto raccontare a Davis il sogno che faceva sempre dopo Gun Barrel City. Le era capitato la prima volta nella roulotte di sua madre, zap, mentre stava aspettando. Per essere un sogno era molto nitido, le due donne con i capelli rossi, e il loro corpo con la pelle tutta nera e screpolata. E cosa diavolo c’era sui piatti del sogno? Sì, su uno c’era un cuore, sull’altro un cervello. Cristo. Tutta quella gente inginocchiata intorno al corpo, e i piatti. Metteva i brividi. E da quella volta il sogno era tornato molte volte. Oh, ritornava ogni stramaledetta volta che chiudeva gli occhi, e poi di nuovo prima che cominciasse a scavare per uscire dal posto dove s’era rintanata per sfuggire alla luce del giorno.

Killer e Davis avrebbero capito. Avrebbero saputo dire se significava qualcosa. Volevano insegnarle tutto.

Quando erano capitati a St. Louis mentre erano diretti a sud, la Banda delle Zanne aveva lasciato il boulevard per addentrarsi in una di quelle strade buie con i cancelli di ferro, che a St. Louis chiamano «posti privati». Era il Central West End, avevano detto. A Baby Jenks erano piaciuti i grandi alberi. Non c’erano grandi alberi nel Texas meridionale. Anzi, nel Texas meridionale non c’era niente di niente. E lì gli alberi erano così grandi che ti formavano un tetto sopra la testa. E le strade erano piene di foglie fruscianti e le case erano grandi, con i tetti spioventi e le luci accese. La casa della congrega era di mattoni, e c’erano quelli che Killer chiamava «archi moreschi».

«Non avvicinarti», aveva detto Davis. Killer aveva riso. Killer non aveva paura dei Morti delle grandi città, Killer era stato creato sessant’anni prima; era vecchio e sapeva tutto.

«Ma cercheranno di farti male, Baby Jenks», aveva detto mentre spingeva a mano l’Harley un po’ più avanti, lungo la strada. Aveva la faccia lunga e magra, portava un orecchino d’oro e gli occhi erano piccoli, pensierosi. «Vedi, questa è una vecchia congrega, è a St. Louis dall’inizio del secolo.»

«Ma perché dovrebbero farci male?» aveva chiesto Baby Jenks. La casa l’incuriosiva molto. Cosa facevano i Morti che vivevano nelle case? Che mobili avevano? Chi pagava i conti, santo cielo?

Le sembrava di vedere un lampadario attraverso le tende d’una di quelle case. Un grande lampadario lussuoso. Cribbio! Quello sì che era vivere.

«Oh, hanno proprio di tutto», aveva detto Davis, leggendole nel pensiero. «Non pensi che i vicini li credano gente normale? Guarda la macchina sul viale, sai cos’è? È una Bugatti, Baby. E quell’altra è una Mercedes.»

Perché diavolo non andava bene una Cadillac rossa? A lei sarebbe piaciuto averla, una grossa decapottabile succhiabenzina che in un rettilineo poteva andare a centonovanta. Era stato proprio quello a metterla nei guai, a Detroit, uno stronzo con una Cadillac decapottabile. Ma anche se eri Morta questo non voleva dire che dovessi girare con una Harley e dormire tutti i giorni sottoterra, eh?

«Noi siamo liberi, tesoro», aveva detto Davis, leggendole nel pensiero. «Non capisci? La vita nelle grandi città ha i suoi inconvenienti. Diglielo, Killer. E non riuscirai a farmi vivere in una casa come quella e a farmi dormire in una bara in cantina.»

S’era messo a ridere. Killer l’aveva imitato e s’era messa a ridere anche lei. Ma cosa diavolo si provava a vivere là dentro? Guardavano la televisione in seconda serata e seguivano i film di vampiri? Davis si rotolava per terra.