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«Il fatto è, Baby Jenks», aveva detto Killer, «che per loro siamo emarginati. Vogliono comandare. Non credono che abbiamo diritto di essere Morti. Quando creano un vampiro nuovo — loro così lo chiamano — fanno una grande cerimonia.»

«Vuoi dire come un matrimonio o qualcosa del genere?»

E gli altri due giù a ridere di nuovo.

«Non proprio», aveva detto Killer. «Piuttosto come un funerale!»

Facevano troppo chiasso. Sicuramente i Morti che stavano nella casa li avrebbero sentiti. Ma Baby Jenks non aveva paura, se non aveva paura Killer. Dov’erano Russ e Tim? Erano andati a caccia?

«Ma il fatto è, Baby Jenks», aveva detto Killer, «che loro hanno tutte quelle regole, e ti dirò una cosa: dicono in giro che faranno fuori il vampiro Lestat la sera del concerto. Ma sai, hanno letto il suo libro come se fosse la Bibbia. Usano lo stesso linguaggio, Dono Tenebroso, Trucco Tenebroso. Te lo dico io, è la cosa più stupida che abbia mai visto: bruceranno quel tipo sul rogo e poi useranno il suo libro come se fosse un manuale di bon-ton…»

«Non uccideranno mai Lestat», aveva sbuffato Davis. «Impossibile. Non si può uccidere il vampiro Lestat, è assolutamente impossibile. Ci hanno già provato, vedete, ma è stato inutile. Quello è assolutamente immortale.»

«Ehi, vanno là come ci andiamo noi», aveva detto Killer. «Per metterci con lui, se ci vuole.»

Baby Jenks non capiva tutto. Non sapeva cosa fosse un manuale di bon-ton. E non siamo tutti immortali? E perché il vampiro Lestat dovrebbe aver voglia di imbarcarsi con la Banda delle Zanne? Voglio dire, è un divo del rock, Cristo. Probabilmente aveva una berlina di lusso. Ed era adorabile, Morto o vivo! Capelli biondi da morire, e un sorriso che ti metteva la voglia di lasciare che ti mordesse sul collo!

Baby Jenks aveva cercato di leggere il libro del vampiro Lestat, la storia dei Morti che risaliva ai tempi antichi e tutto il resto: ma c’erano troppi paroloni e zac, s’era addormentata.

Killer e Davis dicevano che poteva leggere molto velocemente, se si impegnava. Si portavano dietro le copie di un libro, quello con il titolo che non ricordava mai esattamente, qualcosa come «conversazioni con il vampiro» o «colloqui con il vampiro» o «incontro con il vampiro». Ogni tanto Davis lo leggeva ad alta voce, ma Baby Jenks non riusciva a stare attenta e si addormentava. Il Morto Louis, o come si chiamava, era stato creato Morto a New Orleans, e il libro era pieno di discorsi sulle foglie di banano, le ringhiere di ferro battuto e il lichene spagnolo.

«Baby Jenks, loro sanno tutto, i vecchi europei», diceva Davis. «Loro sanno com’è incominciato, sanno che possiamo tirare avanti per sempre, possiamo vivere fino a mille anni e diventare di marmo bianco.»

«Oh, è magnifico, Davis», diceva lei. «È già un guaio non poter entrare in Seven Eleven sotto quelle luci senza che la gente ti guardi. Chi vuol sembrare di marmo bianco?»

«Baby Jenks, tu non hai più bisogno di niente dal Seven Eleven», diceva Davis con molta calma. Però aveva capito.

Meglio lasciar perdere i libri. Baby Jenks amava la musica del vampiro Lestat, e quelle canzoni le davano molto, soprattutto quella che parlava di Coloro-che-devono-essere-conservati, il re e la regina egiziani… anche se per dire la verità non sapeva cosa diavolo significava, prima che Killer glielo spiegasse.

«Sono i progenitori di tutti i vampiri, Baby Jenks, la Madre e il Padre. Vedi, c’è una discendenza ininterrotta da quel re e da quella regina dell’antico Egitto, chiamati Coloro-che-devono-essere-conservati. E bisogna conservarli perché, se li distruggi, distruggi anche tutti noi.»

A lei sembravano un mucchio di fesserie.

«Lestat ha visto la Madre e il Padre», aveva detto Davis. «Li ha trovati nascosti su un’isola greca, quindi sa che è vero. È quel che dice a tutti con le sue canzoni… ed è la verità.»

«E la Madre e il Padre non si muovono, non parlano e non bevono sangue, Baby Jenks», aveva detto Killer. Aveva un’aria pensierosa, quasi triste. «Se ne stanno lì a occhi sbarrati, come fanno da migliaia di anni. Nessuno sa quello che sanno quei due.»

«Probabilmente niente», aveva detto Baby Jenks, disgustata. «E ve lo dico io, bel modo d’essere immortali! Perché dici che i Morti delle grandi città possono ucciderci? Come è possibile?»

«Il fuoco e il sole ci riescono sempre», aveva risposto Killer, un po’ spazientito. «Te l’ho detto. Adesso ascoltami, ti prego. Puoi sempre combattere i Morti delle grandi città. Il fatto è che i Morti delle grandi città hanno paura di te come tu ne hai di loro. Basta che fili via quando vedi un Morto che non conosci. È una regola seguita da tutti i Morti.»

Dopo che avevano lasciato la casa della congrega, Baby Jenks aveva avuto un’altra sorpresa da Killer; le aveva detto dei bar dei vampiri. Erano grandi locali di lusso a New York e San Francisco e New Orleans dove i morti s’incontravano nelle sale sul retro mentre gli stupidi esseri umani bevevano o ballavano. Là dentro nessun altro Morto poteva ucciderti, cittadino o europeo o vagabondo come lei.

«Corri a rifugiarti in uno di quei posti», le aveva detto Killer, «se i Morti delle grandi città ti scoprissero.»

«Non sono abbastanza grande per entrare in un bar», aveva detto Baby Jenks.

Non mancava altro. Killer e Davis avevano riso da star male. Quasi cadevano dalle motociclette.

«Trova un bar di vampiri, Baby Jenks», aveva detto Killer. «Lanciagli il Malocchio e poi digli ‘Fatemi entrare’.»

Sicuro, lei aveva usato il Malocchio con la gente e aveva funzionato. E per la verità non avevano mai visto i bar dei vampiri. Ne avevano solo sentito parlare. Non sapevano dov’erano. Baby Jenks aveva tante cose da chiedere quando finalmente avevano lasciato St. Louis.

Ma adesso, mentre puntava verso nord, verso quella città, l’unica cosa al mondo che le interessasse era arrivare alla stramaledetta casa della congrega. Morti della grande città, ecco che arrivo. Sarebbe diventata pazza se avesse dovuto continuare da sola.

La musica in cuffia cessò. Il nastro era finito. Non sopportava il silenzio nel rombo del vento. Le ritornò in mente il sogno: rivide le gemelle, i soldati che si avvicinavano. Gesù. Se non l’avesse scacciato, quello stramaledetto sogno si sarebbe ripetuto come una registrazione.

Tenne la moto con una mano e si frugò nel giubbotto per aprire il piccolo mangiacassette. Girò il nastro: «Avanti, canta!» disse. La sua voce era esile e stridula nel vento.

Cosa possiamo sapere Di Coloro-che-devono-essere-conservati? C’è qualche spiegazione che ci può salvare?

Sissignori, era la canzone che le piaceva. L’aveva ascoltata quando s’era addormentata in attesa che sua madre tornasse dal lavoro a Gun Barrel City. Non erano le parole che la colpivano, era il modo in cui la cantava. Gemeva nel microfono come Bruce Springsteen e ti spezzava il cuore.

In un certo senso era come un inno, aveva quel genere di suono; eppure Lestat era là, cantava per lei, e c’era un ritmo ossessivo che le arrivava alle ossa.

«Okay, cribbio, okay, sei l’unico stramaledetto Morto che mi resta, Lestat. Continua a cantare.»

Mancavano cinque minuti per arrivare a St. Louis, e lei pensava di nuovo a sua madre. Com’era stato strano e doloroso…

Baby Jenks non aveva neppure detto a Killer e a Davis perché andava a casa, anche se loro sapevano e capivano.

Baby Jenks doveva farlo: doveva arrivare dai genitori prima che la Banda delle Zanne si dirigesse all’ovest. Non era pentita neppure adesso. Solo per quello strano attimo, quando sua madre stava morendo sul pavimento.

Baby Jenks aveva sempre odiato sua madre. Pensava che fosse una gran scema; ogni giorno della sua vita faceva le croci con le conchigliette rosa e i pezzetti di vetro e le portava al mercato delle pulci di Gun Barrel City e le vendeva per dieci dollari. Erano brutte, vere schifezze fatte a mano, quelle cose con un minuscolo Gesù contorto in centro, fatto di perline rosse e azzurre.