Un avvertimento: è inevitabile che vi siano altri vecchissimi bevitori di sangue. Ogni tanto tutti noi li abbiamo intravisti o abbiamo percepito la loro presenza. Le rivelazioni di Lestat, più che scandalizzare, destano in noi una consapevolezza inconscia. E senza dubbio, con i loro grandi poteri, gli antichi possono udire la musica di Lestat. Quali esseri vecchissimi e terribili, incitati dalla storia, dalla finalità o dal semplice riconoscimento, potrebbero avanzare lentamente e inesorabilmente per rispondere al suo appello?
Copie di questa dichiarazione sono state inviate in tutti i luoghi di ritrovo della comunità dei vampiri e in tutte le sedi delle congreghe in questo mondo. Ma abbiate cura di diffondere l’annuncio: è necessario annientare il vampiro Lestat e con lui sua madre Gabrielle, le sue coorti, Louis e Armand, e tutti gli immortali che gli sono fedeli.
Felice Halloween a voi, vampiri e vampire. Arnvederci al concerto. Faremo in modo che il vampiro Lestat non possa più nuocere a nessuno.
L’uomo biondo con la giacca di velluto rosso rilesse la dichiarazione dall’angolo più lontano. Gli occhi erano quasi invisibili dietro le lenti scure e sotto la tesa del cappello grigio. Calzava guanti di nappa grigia e teneva le braccia incrociate sul petto mentre stava appoggiato ai pannelli di legno nero, con un tacco dello stivale agganciato alla traversa della sedia.
«Lestat, sei il più dannato degli esseri», mormorò sottovoce. «Sei un principino viziato.» E rise tra sé. Poi girò lo sguardo sulla grande stanza in ombra.
L’intricato affresco a inchiostro nero, tracciato con abilità come una grande ragnatela sull’intonaco bianco del muro, non gli dispiaceva. Apprezzava il castello in rovina, il camposanto, l’albero rattrappito che artigliava la luna piena. Era un cliché reinventato come se non fosse un cliché, un gesto artistico che apprezzava invariabilmente. E altrettanto ammirevole era il soffitto modanato con i fregi che ritraevano diavoli danzanti e megere a cavallo delle scope. E l’incenso era dolce… una vecchia mistura indiana che anche lui, un tempo, aveva bruciato, ma si trattava di secoli prima, nel sacrario di Coloro-che-devono-essere-conservati.
Sì, era uno dei più belli tra i luoghi di ritrovo clandestini.
Meno gradevoli erano gli abitanti, le esili figure bianche che attorniavano le candele accese sui piccoli tavoli d’ebano. Erano troppi per quella città moderna e civile. E lo sapevano. Per andare a caccia quella notte avrebbero dovuto spingersi molto lontano; e i giovani hanno sempre bisogno di andare a caccia. I giovani devono uccidere. Sono troppo affamati per ricorrere ad altri sistemi.
Ma in quel momento pensavano soltanto a lui… Chi era, e da dove veniva? Era molto vecchio e molto forte, e che cosa avrebbe fatto prima di andarsene? Erano sempre gli stessi interrogativi, sebbene tentasse di insinuarsi nei loro bar di vampiri come un semplice bevitore di sangue vagabondo, con gli occhi distolti e la mente chiusa.
Era meglio lasciare senza risposta le loro domande. Aveva scoperto ciò che cercava e si era fatto un’idea delle loro intenzioni. La cassetta audio di Lestat era custodita nella tasca della giacca. Prima di tornare a casa avrebbe avuto anche una registrazione dei video-rock.
Si alzò per uscire. Nello stesso momento anche uno dei giovani si alzò. Scese un silenzio teso che incombeva sui pensieri, non solo sulle parole, mentre lui e il giovane si avvicinavano alla porta. Lampeggiavano solo le fiamme delle candele, lanciando i loro bagliori sul pavimento di piastrelle nere come se fosse una distesa d’acqua.
«Da dove vieni, straniero?» chiese educatamente il giovane. Non aveva più di vent’anni quand’era morto, e questo non più di un decennio prima. Si dipingeva gli occhi, si truccava le labbra e si striava i capelli di colori barbari, come se i doni sovrannaturali non fossero sufficienti. Appariva stravagante e diverso da ciò che era, un revenant scarno e poderoso che, con un po’ di fortuna, avrebbe potuto sopravvivere ai millenni.
Che cosa gli avevano promesso con il loro gergo moderno? Che avrebbe conosciuto il Bardo, il Piano Astrale, i reami eterici, la musica delle sfere, il suono dell’applauso d’una mano sola?
Il giovane parlò di nuovo. «Qual è la tua posizione sulla vicenda del vampiro Lestat e sulla Dichiarazione?»
«Perdonami. Devo andare.»
«Ma saprai senza dubbio cos’ha fatto Lestat», insistette il giovane, insinuandosi tra lui e la porta. E questo non era un gesto educato.
L’uomo studiò più attentamente il giovane. Doveva fare qualcosa che li sconvolgesse per fare in modo che ne parlassero per secoli? Non seppe reprimere un sorriso. Ma no, molto presto vi sarebbe stata eccitazione a sufficienza, grazie al suo amato Lestat.
«Permettimi di darti un piccolo consiglio», disse con voce calma al giovane che l’aveva interrogato. «Non potete annientare il vampiro Lestat: nessuno può farlo. Ma sinceramente, non so dirti perché sia così.»
Il giovane sembrò colto di sorpresa e un po’ irritato.
«Ma lascia che ora ti faccia una domanda», continuò l’altro. «Perché questa ossessione per il vampiro Lestat? E il contenuto delle sue rivelazioni? Voi novellini non desiderate cercare Marius, il custode di Coloro-che-devono-essere-conservati? Non volete vedere con i vostri occhi la Madre e il Padre?»
Il giovane apparve dapprima confuso e quindi sprezzante. Non era capace di dare una risposta intelligente: ma la risposta vera era evidente nella sua anima… nelle anime di tutti coloro che ascoltavano e osservavano. Coloro-che-devono-essere-conservati potevano esistere o non esistere; e forse non esisteva neppure Marius. Ma il vampiro Lestat era reale, era la cosa più reale che conoscesse quell’immortale inesperto; e il vampiro Lestat era un avido demonio che metteva in pericolo la prosperità segreta della sua specie solo per farsi vedere, amare e ammirare dai mortali.
Per poco non rise in faccia al giovane. Era una battaglia così insignificante. Lestat comprendeva così bene quei tempi privi di fede, bisognava ammetterlo. Sì, aveva rivelato segreti che avrebbe dovuto custodire: ma così facendo non aveva tradito nulla e nessuno.
«Guardati dal vampiro Lestat», disse finalmente al giovane con un sorriso. «Su questa terra vi sono pochissimi immortali veri. Forse è uno di loro.»
Poi sollevò di peso il giovane e lo scostò. Varcò la porta e passò nella taverna.
Il locale, spazioso e ricco con i drappeggi di velluto nero e le appliques di bronzo laccato, era pieno di mortali chiassosi. I vampiri dello schermo si affacciavano dalle cornici dorate appese alle pareti rivestite di raso. Un organo suonava l’appassionata Toccata e fuga di Bach, tra un brusio di conversazioni e scrosci violenti di risate ebbre. La vista di quella vita esuberante gli piaceva. Gli piacevano persino l’odore antichissimo del malto e del vino e il rumo delle sigarette. E mentre si avviava all’uscita, si compiacque del contatto degli umani fragranti che lo sfioravano. Amava il fatto che i viventi non badassero affatto a lui.
E finalmente uscì nell’aria umida, tra i marciapiedi affollati della prima sera in Castro Street. Il cielo aveva ancora una levigata lucentezza argentea. Uomini e donne andavano e venivano in fretta per sfuggire alla pioggerella obliqua, ma s’intruppavano agli angoli in attesa che i grandi semafori colorati lampeggiassero e lanciassero i loro segnali.
Gli altoparlanti del negozio di dischi dall’altra parte della strada trasmettevano a tutto volume la voce di Lestat fra il rombo degli autobus che passavano e il sibilo delle ruote sull’asfalto bagnato