Già, era vero, ma solo perché lei era giunta a credere che la sua differenza aveva un "senso". La nuvola nera nel cervello, la paura di ogni novità, gli attacchi di ansia così forti che a volte non la facevano respirare: il loro senso era di far rompere a Theresa il suo guscio di pigrizia e di spingerla alla cieca verso la luce. Ci credeva, anche se non l’aveva mai vista e non sapeva esattamente verso cosa si stesse spingendo, anche se a volte disperava dell’esistenza della luce. Pure quello era parte del dono: le faceva esaminare attentamente tutto quello che le accadeva attorno, nel caso in cui le sfuggisse una chiave essenziale per quello che avrebbe fatto in seguito.
Non aveva confidato a Jackson quel pensiero: si preoccupava già troppo per lei e non avrebbe capito comunque. Era davvero buffo: Jackson era quello intelligente, Theresa quella la cui modificazione del QI non era riuscita del tutto. Jackson però non capiva, anche se aveva ragione sul discorso delle diverse personalità premiate in culture differenti, che non era andato fino in fondo nell’analisi di quell’idea.
Theresa sì: aveva passato migliaia di ore al terminale, inviando lentamente e faticosamente Thomas alla ricerca attraverso i database storici. Alla fine aveva trovato il luogo che avrebbe premiato ciò che lei era: l’Età della Fede.
Sarebbe dovuta nascere cattolica: nel tardo Medio Evo, quando uomini e donne erano stati onorati per avere dedicato le loro vite al dolore e al servizio della crescita spirituale. Lì sarebbe stata adeguata: entrando in un’abbazia, trovando una ragione di esistere nella vita di clausura, unita con altri in costante preghiera. Invece era nata in un’epoca in cui nessuno di quelli che conosceva credeva in Dio. Lei inclusa.
Theresa sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Le ricacciò indietro con impazienza e si allontanò dalla vista del suo corpo nudo nello specchio. Era stupido piangere. Lei era nata in quell’epoca, non nel passato e anche quello faceva parte del dono. Era destinata a trovare un’altra via, una spinta differente verso la luce che così spesso disperava di trovare. Dopo interi mesi, anni, di meditazione e false partenze, era arrivata a capire cosa fosse.
Doveva uscire.
Fuori dall’appartamento, fuori dall’enclave. Jackson di solito la incalzava a non guardare i notiziari perché la facevano sentire male e, fino a qualche mese prima, Theresa era stata felice di accontentarlo. Negli ultimi tempi, tuttavia, aveva guardato gli olonotiziari tutte le volte in cui Jackson non si trovava in casa e, anche se la maggior parte delle notizie riguardavano solitamente i Muli, c’erano stati anche accenni ai Vivi, in mezzo ai servizi sul mercato azionario, alle notizie politiche dell’enclave e perfino all’occasionale reportage nazionale da Washington, che più nessuno considerava importante quanto gli affari interni dell’enclave. Soltanto qualche accenno ai Vivi, e quei Vivi stavano soffrendo. Non di fame, quello mai più, ma di mancanza di beni come coni a energia, abbigliamento adeguato e parti di ricambio per i terminali, mentre persone come Theresa, Jackson, Cazie e quegli orribili amici che Cazie aveva portato la sera prima, avevano più "cose" di quante potessero usarne. Ecco quando le bruciava dentro la vergogna.
Poi Theresa aveva visto all’oloTV qualcosa che le aveva fatto capire che lei "doveva" andare fuori. C’erano Vivi che cercavano effettivamente di organizzarsi in gruppi spirituali! Il canale dei notiziari aveva indicato dove stava trascorrendo l’inverno uno di quei gruppi. L’oloservizio era stato carico di scherno, ovviamente… ma le aveva fornito le coordinate del distretto.
Si mise uno dei lunghi e ampi vestiti a fiori. Theresa li disegnava personalmente e poi inviava gli schizzi con le misure a una ditta tessile che lavorava ancora il cotone. Trovò un cappotto caldo, non avevano effettuato votazioni per stabilire il clima, fuori, e un vecchio paio di stivali. Quindi esitò.
Che cosa poteva portare da dare loro? Coni a energia, certo: ne aveva già ordinati una decina a spese della TenTech, e il robot della posta glieli aveva consegnati la settimana precedente. Theresa non aveva capito bene come effettuare l’ordinazione. Di solito era Jackson a occuparsi di quelle cose. Aveva utilizzato un "codice chiave del proprietario" che lui le aveva dato una volta, ma doveva essere quello sbagliato perché il sistema aveva capito che lei voleva entrare nella documentazione delia ditta. Aveva vagato un po’ nei dati prima di rendersi conto dell’errore: sperava soltanto di non avere causato disfunzioni in nessun sistema da nessuna parte. Dopo avere trovato il file con le ordinazioni per la casa, comunque, era stata in grado capire come richiedere quello che voleva. La cosa le aveva dato uno strano senso di potere, di cui aveva diffidato immediatamente. "L’orgoglio precede sempre la caduta". Glielo diceva sempre sua madre.
Abiti. Avrebbe portato degli abiti decenti. Negli olovideo i Vivi indossavano quelle cose terribili tessute in casa oppure tute di colori davvero terrificanti, ma tutti i suoi abiti erano in cotone o in seta. Non sarebbero andati bene. I Vivi erano tutti Cambiati. Avevano bisogno di tessuti non consumabili.
Entrò nella camera di Jackson e depredò il suo guardaroba. Camicie, pantaloni, tuniche, giacconi, calze, scarpe. Lui poteva sempre ordinarne degli altri. Il viaggio successivo, avrebbe portato qualche abito non consumabile da donna.
Che altro? Denaro, ovviamente. Ma come funzionavano le cose per i Vivi? Non usavano soldi, non lo avevano fatto prima del Cambiamento. Avevano avuto gettoni pasto e carte di Identificazione e i politici inviavano gratuitamente ogni cosa in cambio di voti. Ormai nessuno votava più, eccetto che per le elezioni delle enclavi. Be’, era evidente: i Vivi si trovavano in quella posizione perché non avevano soldi per comperare i beni di cui avevano bisogno. La maggior parte di loro si spingeva a sud, dove non c’era bisogno di riscaldamento o di vestiti, si nutriva all’aria aperta, si gettava in stupide guerre e si dimenticava completamente della civiltà. Non tutti, però. Quelli che avrebbe visitato Theresa avrebbero trovato un uso per i soldi. Ma come si firmava un accredito per delle persone che non avevano conti correnti?
Avrebbe usato un terminale portatile. Un’unità mobile. Forse loro avevano una specie di conto collettivo intestato all’organizzazione, o qualcosa del genere. Forse avrebbe studiato come aprirne uno a loro nome ma con un accesso parziale al suo denaro. Non doveva essere troppo difficile. La gente apriva conti in Rete di continuo. Avrebbe lasciato loro l’unità mobile.
L’avrebbe fatto. Davvero. Per la prima volta in vita sua, dopo tante false partenze lei, Theresa Katherine Aranow, sarebbe stata di aiuto a qualcosa più grande di lei.
La nuvola nera che aveva nella mente non si dissipò ma si alleggerì un poco, e Theresa sorrise.
Nella via verso l’uscita, passò davanti al terminale principale. Era acceso e mostrava una schermata del libro di Theresa su una delle prime Insonni, Leisha Camden. Un’altra falsa partenza. Sapeva di non essere un gran che come scrittrice: il libro non era molto bello. Tuttavia aveva voluto scrivere su Leisha, quell’outsider rispetto alla sua stessa gente che aveva combattuto strenuamente per evitare che Muli e Insonni si dividessero in due fazioni armate. Leisha aveva cercato di impedire agli Insonni di ritirarsi, armati, nel Rifugio. Aveva cercato di impedire agli Insonni di boicottare le multinazionali in cui avevano investito denaro. Aveva cercato di salvare Miranda Sharifi dall’isolamento che aveva portato al tradimento la nonna di Miranda.
Leisha aveva fallito, su tutti i fronti. Gli Insonni avevano creato i Super-Insonni e tutto era peggiorato. Leisha però aveva tentato. Che cosa aveva spinto Leisha, si chiedeva Theresa, prima che fosse uccisa da Vivi fuorilegge in un desolato acquitrino della Georgia? Qualcosa l’aveva spinta. Una specie di luce forse che Leisha vedeva più chiaramente di Theresa.