— Gran parte del lavoro sulla paura e l’ansia si è occupata di sinapsi, neurotrasmettitori e sottotipi di recettori — disse Strukov. — Io mi sono occupato maggiormente di processi dello stress cellulare all’interno delle cellule nervose, dove si formano i neuropeptidi. È lì che hanno origine e si concludono le reazioni chimiche. Ogni neurone piramidale riceve oltre centomila contatti dai neuroni con i quali si collega. Si comincia quindi con i modelli della trasmissione nervosa.
"E con un’altra cosa: esistono peptidi che si formano soltanto in condizioni patologiche. È possibile innescare una reazione a catena delle ammine complesse, a cominciare dall’interno di una cellula. Alcune ammine nella catena sono patologiche, altre sono normali, altre ancora sono aminoacidi endogeni eccitanti trasformati in eccitotossine. Questa catena ha il proprio inizio nei tracciati alterati delle amigdale.
"Da lì si estende attraverso il nucleo del nervo centrale all’interno delle cellule in molti altri posti: nel cervello, nei muscoli, nelle ghiandole e negli organi. La catena finisce con l’agire su parecchie bioammine, incluse l’acetilcolina, guardate questo diagramma, la norepinefrina, la CRF, il glutammato, la C gamma critica. Molte, molte ammine.
"Inoltre, la catena continua costantemente, una volta iniziata dal virus di innesco. Visto che poi essa è formata da sostanze interamente create dallo cervello stesso, lo stupido Depuratore Cellulare non le attaccherà. Distruggerà il virus, ma a quel punto sarà troppo tardi. La catena sarà partita. Secondo lo stupido Depuratore Cellulare, inoltre, quella catena apparterrà a quel posto. Secondo lo stupido Depuratore Cellulare, la catena sarà ’indigena’." Strukov scoppiò a ridere. — E lo è.
— E tutti i cervelli umani reagiranno allo stesso modo al virus iniziale? — chiese Will.
Strukov alzò le spalle. — Ovviamente no. Le persone differiscono sempre nelle loro reazioni a qualsiasi cosa agisca sulle loro ammine biogene. Alcuni si ammaleranno. Alcuni reagiranno esageratamente. Pochi non reagiranno affatto. La maggior parte delle persone, tuttavia, diventerà ciò che voi mi avete chiesto di renderla: inibita, timorosa di ogni novità, carica di ansia per ogni separazione da quello che è familiare. Come i bambini con l’ansia da estraneo. In essenza, la mia reazione a catena porterà alla luce, come primaria, una funzione primitiva del cervello, che la crescita umana sopprime in favore di funzioni più complesse. Io invertirò la tendenza.
Strukov fissò direttamente Jennifer e sorrise. — Alla fine, io trasformerò la vostra popolazione bersaglio in una nazione di bambini impauriti.
Jennifer lo fissò di rimando. Dovette combattere per non mostrare la repulsione che provava per l’enorme gigante barbuto totalmente compreso dalla propria genialità, completamente a proprio agio per la dimostrazione offerta sulla pelle della sua stessa gente. Jennifer aveva sempre saputo che i Dormienti non conoscevano lealtà verso i propri simili, che non avevano senso morale. Avrebbero fatto qualsiasi cosa al prossimo, se fosse stato in palio denaro sufficiente. Non erano neanche capaci di distinguere fra la pena scontata in prigione da Jennifer, nata dalla paura che i Dormienti avevano di lei e del suo senso dell’obbligo morale di salvaguardare il suo popolo, e la pena che sarebbe stata comminata a quel brillante disgraziato se i suoi esperimenti sul cervello fossero stati scoperti dalle autorità dei Dormienti. Strukov era una malattia. Avrebbe utilizzato quella malattia per proteggere il suo popolo, se costretta. Ma non avrebbe concesso a una malattia l’attenuante morale della tradizione.
Si alzò, fissando negli occhi Strukov. — E lei ci può fornire il virus modificato geneticamente per l’innesco della catena con un’iniezione, senza che venga individuato?
— L’ho già detto — rispose Strukov, divertito, mentre i tre arabi si alzavano in piedi infuriati. — Il vettore contiene sedici proteine differenti, cinque mai esistite prima d’ora. Tutto verrà distrutto dal Depuratore Cellulare prima che qualsiasi autorità scientifica possa isolarlo e svilupparne una coltura.
Karim disse a Wilclass="underline" — Avevamo stipulato un accordo su chi dovesse parlare in questa riunione!
— L’iniezione non ci va bene — lanciò Jennifer a Strukov.
— Sua nipote ha rimodellato il corpo umano e lei vuole rimodellare la mente umana, vero? — rispose lui, sorridendo.
— Quello che facciamo non sono fatti suoi — ribatté Jennifer mentre Beshir diceva infuriato a Wilclass="underline" — Controlli sua moglie!
— Lei parla sempre alla prima persona plurale, Madame Sharifi? — chiese Strukov. — Che forma di diffusione del virus gradirebbe avere? E a quale scadenza?
— Due modi diversi di diffusione. Uno sviluppato e testato non appena possibile, l’altro a un mese di distanza.
— E i due modi di diffusione sarebbero?
Lei glieli indicò.
6
Jackson si svegliò con l’assoluta convinzione che qualcuno si stesse muovendo in camera sua, al buio.
Un sogno? No. L’intruso era reale e non un robot. Un’indistinta sagoma umana attraverso la stanza, passava brevemente davanti alla finestra semioscurata. Theresa? Non entrava in camera sua di notte e, se lo avesse fatto, avrebbe acceso la luce.
Giacque immobile, simulando il respiro profondo del sonno, e rifletté sulle opzioni che aveva. Poteva chiamare il servizio di sicurezza dell’edificio. Ma il neurofarmaco rilasciato non avrebbe avuto effetto prima che l’intruso sparasse a Jackson, sentendo il suono della sua voce. Poteva rotolare giù dal letto, tenendolo fra sé e la finestra, e poi cercare di raggiungere lo scudo di sicurezza personale che teneva nel cassetto inferiore del comodino. Oppure era nel secondo? Si immaginò ad armeggiare, nudo, in mezzo alle calze e alle mutande alla ricerca del piccolo aggeggio mentre l’intruso aspettava cortesemente. Già, certo. Poteva balzare dal letto e tentare di stendere l’intruso, contando sull’effetto sorpresa per impedirgli di sparare.
Nei secondi che gli occorsero per decidere, l’intruso disse: — Accendere luci — e la stanza si illuminò. — Salve Jackson, tesoro — salutò Cazie.
Era nuda e ricoperta di fango. Era incrostato sul pube, spalmato sul seno sodo e ricadeva in pezzi umidi sul tappeto bianco della stanza. Jackson sentì immediatamente il pene irrigidirsi. Bella figura da idiota avrebbe fatto se avesse chiamato la sicurezza.
— Dio, maledizione Cazie, che diavolo credevi di fare?
— Ti piacerà moltissimo quello che farò, Jack. Andiamo a una festa. Sono venuta via soltanto per venirti a prendere.
Si avvicinò al letto e lui riuscì a vedere gli occhi dalle pagliuzze verdi. Era sotto l’effetto di qualcosa di maledettamente più forte dell’Endorbacio. Lei si accorse del volto accigliato di lui e gli allungò l’inalatore. — Vuoi un tiro?
— No!
— Allora andiamo alla festa. — Lei gli strappò di dosso la coperta. Il fango che aveva sulle mani macchiò il tessuto non consumabile. — Oh, guarda, sei già bello e pronto! Sei sempre riuscito a diventare subito duro, Jack. Mi piace. Vieni, andiamo. Ci stanno aspettando.
Lui le strappò di nuovo la coperta e si sentì un idiota. — Io non vado da nessuna parte.
— Oh, sì, invece — miagolò lei. Lasciò la coperta della disputa e gli si gettò addosso, baciandolo furiosamente.
Lui non poté resistere. Strinse le braccia attorno al suo corpo facendole penetrare subito la lingua nella bocca aperta. Sentì il pene pronto a esplodere. Cazie scoppiò a ridere, la bocca ancora su quella di lui, e lo allontanò: era più forte di quanto ricordasse. Goffamente, ridendo ancora, rotolò giù dal letto e si avviò alla porta.