— Non qui, Jack. Vieni, non vorrai perderti la festa.
— Cazie! Aspetta! — La sentì correre con delicatezza attraverso l’appartamento e dire al portone di ingresso di aprirsi. Jackson afferrò un paio di pantaloni e li infilò. Le corse dietro, a piedi e a torso nudi, sperando di non svegliare Theresa. Cazie era scomparsa. Jackson spalancò la porta di casa.
— Buona serata, dottor Aranow — gli disse la porta. — Devo cancellare la sveglia per domani mattina?
— Sì — disse Jackson. — No. Cazie!
Lei si era già infilata nell’ascensore che si era chiuso. Mentre lui la guardava impotente, la porta si riaprì. Lei era in piedi lì, nuda, infangata e sorridente, e stava abbassando l’inalatore. — Dai, vieni, Jackson. L’acqua è magnifica.
— Devo aspettare, dottor Aranow? — chiese l’ascensore. — O intende rimanere a questo piano?
Jackson entrò in ascensore. Cazie scoppiò a ridere. — Sesto piano, per favore.
— Cazie, sei nuda!
— Tu invece no. Ma si può rimediare. Non è una gran fortuna che la festa si tenga proprio nel tuo condominio? — Allungò una mano, la serrò sulla parte superiore dei suoi pantaloni e lo attirò a sé. Sganciò l’unico fermaglio che lui era riuscito a chiudere quando l’ascensore di bloccò e la porta si aprì.
— Sesto piano, signora Sanders — disse l’ascensore. — Buona serata!
— "Cazie…"
— Forza, Jack! Siamo in ritardo! — Corse lungo il corridoio, dispensando fango. Imprecando, Jackson la seguì.
Doveva tornare a casa immediatamente.
Le natiche di lei, macchiate di fango, si muovevano in alternanza, "destra sinistra destra sinistra". Aveva il sedere sodo ma non tanto da impedire che ballonzolasse un po’ mentre correva. Jackson la seguì.
La festa era da Terry Amory. Jackson conosceva Terry, ma non bene. La porta era aperta. Cazie lo condusse attraverso un arredamento minimalista pseudoasiatico fino alla sala da pranzo. — È arrivato! Diamo inizio ai giochi!
— Appena in tempo — biascicò Terry. — Stavamo per iniziare senza di voi. Salve, Jackson. Benvenuto alla psicobanca.
Sei persone nude, tre uomini e tre donne, stavano oziando in una zona di alimentazione della dimensione della camera da letto di Jackson. Nell’humus organico mischiato secondo i gusti personali era stata versata dell’acqua: il fango che ne risultava era spesso, ricco e delicatamente profumato. Il programma della parete mostrava colori tipici della terra, grigi, marrone e ocra, che si dissolvevano riformando disegni da caverna. Dal soffitto pendevano stalattiti… probabilmente olografiche. Due donne erano sdraiate in atteggiamento disinvolto sopra uno degli uomini; Jackson si accorse che era Landau Carson: quella sera però non indossava api. Landau e Terry erano le uniche due persone che Jackson riconobbe.
La donna che non era stesa su Landau, una rossa slanciata e alta dai brillanti occhi azzurri, disse a Jackson: — Be’, togliti i pantaloni, caro. Non hanno un aspetto molto commestibile.
Jackson prese in considerazione l’ipotesi di andare via. Cazie, però, respirò un’altra boccata di qualsiasi sostanza le stesse strapazzando il cervello. Quella piccola pazza. Sapeva almeno cosa c’era nell’inalatore? Non sapeva che si trovavano droghe, in commercio, che causavano danni permanenti al cervello, alterando i tracciati neurali prima ancora che il Depuratore Cellulare avesse l’opportunità di distruggerle?
— Dammi l’inalatore, Cazie.
Con sua grande sorpresa, lei lo fece, consegnandoglielo con atteggiamento mite. Quando lui allungò la mano per prenderlo, lei lo spinse nel terreno di alimentazione.
Jackson provò un’ondata di furia. Che quella pazza si distruggesse pure il cervello. Che si scopasse ognuno di quei dementi, di tutt’e due i sessi. Era malata, aveva una sanità mentale inferiore a quella di Theresa e con molte meno ragioni. Che andasse all’inferno. Si trascinò in piedi per andarsene quando vide i coltelli.
Erano dodici, infilati ordinatamente in riga a punta in giù su un apposito supporto. Le else erano tutte di forma differente, ornate di crudeli animali intagliati che facevano eco ai dipinti da caverna del programma per la parete. Coltelli da lancio ma non ben equilibrati. Deliberatamente.
— Ho io la pittura — disse la rossa. Dette una sniffata all’inalatore. — Chi è il primo?
— Prima i neofiti — propose Cazie. — Prima io e poi Jackson.
— Ecco qui — cantilenò Terry. — Lascia che ti assista, come disse il Cro-Magnon al Neanderthal. Ummmm, bene. — Infilò una mano nel vaso e passò la pittura del colore del sangue seccato sui capezzoli di Cazie. Quindi, liberamente, sulla peluria macchiata di fango in mezzo alle sue cosce. Cazie sorrise.
La rossa le passò una cintura con un piccolo pulsante scuro davanti. Armeggiando e ridendo, Cazie la fissò attorno alla vita e premette il pulsante. Jackson notò il debole scintillio di uno scudo personale a energia-Y avvolgerla tutta.
Cazie avanzò a fatica nel fango fino alla parte opposta della stanza. Si appoggiò contro la parete, sotto una stalattite, con le braccia distese lungo il corpo dopo avere dato un altro tiro all’inalatore. Terry annunciò: — Diritto di prelazione per chi ospita, signori e signore — e allungò una mano verso il supporto con i coltelli.
Jackson rifletté in fretta. Se lo scudo era di tipo standard, come pareva, un coltello non lo avrebbe trafitto di certo. Terry avrebbe potuto mirare alle zone dipinte del corpo esposto di Cazie, che non erano realmente vulnerabili. Era solo un gioco, un brivido fasullo, una simulazione di pericolo.
— Piacere o dolore? — rifletté Terry in maniera teatrale. La sua mano passò sopra un coltello dopo l’altro. — Dolore o piacere? E per un corpo così bello, così pieno e maturo, piacere o dolore? — scelse un coltello.
Mentre Terry lo liberava dal supporto, Jackson notò che anche la lama del coltello era avvolta dallo scintillio di uno scudo a energia-Y. Un brivido improvviso gli passò per la spina dorsale.
La rossa sprofondò nel fango a pancia in giù, si girò nella depressione formata dal suo corpo e rotolò sulla schiena, macchiandosi di fango. Poi si sollevò sui gomiti per avere una visuale migliore di Cazie. I suoi seni conici si alzavano e abbassavano a ogni respiro.
Terry lanciò il coltello e Cazie emise un grido.
Jackson arrancò nel fango. Cazie non era ferita: il coltello era incastrato nella parete e Cazie rise di lui. — Ti ho ingannato, tesoro!
Prima che reagisse, Terry lanciò un altro coltello. Jackson lo vide volare nell’aria, "era" sbilanciato, i coltelli erano studiati per rendere difficile colpire il bersaglio, e colpì il seno sinistro di Cazie, a sinistra del capezzolo dipinto. Il coltello rimbalzò contro lo scudo e cadde nel fango.
— Nessun punto! — annunciò la rossa. — Male, male, pessima mira, caro Terry.
— Ancora un tiro — disse l’uomo che Jackson non conosceva. — Amico di Cazie, togliti dai piedi, per favore. Non riusciamo a vedere e siamo troppo aggrovigliati per riuscire a muoverci.
— Io potrei non muovermi mai più — disse una delle due donne che stavano avvinghiate a Landau Carson. — Oh, fallo di nuovo, Landau.
Un terzo coltello fischiò nell’aria, mancò Cazie e si infilzò nella parete.
— Tre tiri e sei fuori, Terry — sentenziò Landau. — Il prossimo sono io.
— Come lanciatore?
— Non pensarci nemmeno. Come bersaglio, ovviamente.
Landau prese il posto di Cazie contro la parete. Cazie si gettò nel fango sulla pancia e usò l’inalatore. Jackson guardò la rossa dagli occhi azzurri scegliere un coltello, con grande carica drammatica, e lanciarlo contro i genitali di Landau. Andò a bersaglio e rimbalzò nel fango.
— Uuuummmm — fece Landau. — Che bello.