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— Sai perfettamente che non puoi sentire niente attraverso lo scudo, Landau — disse Cazie. — Irina, tre punti. — Lei sollevò di nuovo l’inalatore. Aveva gli occhi lucidi.

Irina lanciò il secondo coltello e fece cilecca.

— Oh, non farti venire il singhiozzo proprio adesso — implorò Landau. — Colpiscimi, amore.

Lei lo fece. Il terzo coltello colpì appena al di sopra del cazzo eretto di Landau. Tutti scoppiarono a ridere e applaudirono. — Sei punti! — gridò Terry. — Irina, cosa scegli?

Irina guardò sorridendo Landau. Lui la fissò con grande aspettativa. Jackson si accorse del sottile cambiamento di atmosfera nella stanza: c’era una tensione diversa, più spessa e incandescente.

— Scelgo di provare io stessa il coltello — disse Irina.

Landau apparve dispiaciuto ma c’era qualcosa d’altro in quel dispiacere, pensò Jackson, qualcosa di incongruo: sollievo? Guardò nuovamente il supporto con i coltelli, avvolti nello scintillio degli scudi. Perché erano schermati?

— Aspetta — disse Cazie. — Non scegliere ancora, Irina. Terry, aiutami, fannullone.

Cazie e Terry raccolsero dal fango i sei coltelli già lanciati. Mentre ricercavano nella densa fanghiglia, Terry spalmò velocemente una goccia di fango sulla schiena di Cazie come se lei fosse stata di sua proprietà. All’improvviso Jackson capì che Terry aveva già fatto del sesso con Cazie. Forse come parte del generale rotolamento nel fango che rappresentava il preambolo al gioco coi coltelli. Jackson sentì il petto serrarsi e bruciargli.

— Va bene, adesso ci sono tutti — annunciò Terry. — Irina, scegli.

Dodici coltelli, sei scintillanti e sei infangati, stavano eretti, come falli, sul loro supporto. Irina vi si inginocchiò davanti, nel fango, con le labbra increspate, prolungando il momento della scelta. Gli altri osservavano, col fango seccato sui magnifici corpi modificati geneticamente, coi volti tesi e gli sguardi incandescenti. Landau si sfregò le dita sulla clavicola. Una delle donne si mordicchiò il labbro inferiore.

— Questo — indicò Irina.

Estrasse un coltello pulito, con una rozza testa di mammut intagliata sull’elsa. Irina vi fece sopra qualcosa col pollice. Lo scintillio dello scudo-Y scomparve.

— Piacere o dolore, dolore o piacere — cantilenò dolcemente Landau. — Piacere o dolore…

Irina sorrise a tutti, a turno. Quindi passò la lama sulla tenera carne dell’avambraccio macchiata di fango. Uscì del sangue. Una donna si contrasse. Landau mostrò i denti.

Per un lungo istante nessuno si mosse. Quindi Irina crollò nel fango a faccia in giù, contorcendosi. Cazie la afferrò e la tirò su in posizione seduta.

— Piacere! — gracchiò Landau.

Il volto di Irina si trasformò. Tirò indietro la testa, inarcò la schiena e il suo intero corpo prese a fremere. Poi crollò di nuovo contro Cazie, tremando. Chiuse gli occhi.

— Una dose forte — commentò Terry. — Fortunata Irina.

Cazie scoppiò a ridere. Jackson non riuscì a guardarla. Dovette girarsi parzialmente, in piedi nel fango fino alla caviglia.

Si trattava di uno stimolatore nervoso selettivo, che puntava direttamente ai centri del piacere. Dava assuefazione, degenerazione ed era illegale. Il sangue colava dal tenero braccio di Irina. Il Depuratore Cellulare se ne sarebbe preso cura: avrebbe guarito il taglio più velocemente di quanto avrebbe fatto il corpo privo di aiuto, distrutto batteri infettivi, consumato il fango nella ferita. Nessun rischio.

— Che cosa c’è sui coltelli del "dolore"? — chiese.

— Proprio quello. Lo stimolatore funziona direttamente sul cervello — rispose Terry.

— Davvero sgradevole — disse Landau. — E sembra durare un’eternità.

— Siete tutti malati — intervenne Jackson. — Tutti quanti.

— Oh, caro — commentò Landau. — Altra morale.

— Jackson, è una "festa" — protestò Cazie. — Non fare il musone.

Lui la fissò con espressione vacua. Lei gli sorrise, cullando teneramente Irina. Quella gente era biologicamente sottoeccitata. La sottoeccitazione produceva un comportamento che ricercava il brivido. Ne avrebbe potuto recitare a memoria i tratti neurochimici: livelli insufficienti di ossidasi monoamminica, serotonina e cortisolo. Battito cardiaco rallentato, bassa conduttanza della pelle, alta soglia di inneschi nervosi. Eccesso di dopamina, squilibrio di norepinerfina e alintilomase. Più, ovviamente, tutti gli squilibri che producevano con gli inalatori.

Conoscere la biochimica non modificò il suo disgusto.

— Vieni, Cazie. Noi ce ne andiamo. Io e te. Adesso.

Lei continuò a sorridergli, nuda, coperta di fango, la sognante e comatosa Irina fra le braccia. Ovviamente si sarebbe rifiutata di seguirlo. Si era sempre rifiutata di fare tutto quello che lui le aveva chiesto. Il suo umore cambiò all’improvviso, facendogli provare un temibile entusiasmo. Lei si sarebbe rifiutata. Quindi, vedendola così con quei disgraziati sottoeccitati… dopo quello, lui si sarebbe liberato di Cazie. Finalmente. Sarebbe finita. Lui sarebbe stato libero.

— D’accordo, Jackson — acconsentì Cazie. — Vengo.

Adagiò con attenzione Irina nel fango e si alzò, togliendosi un bel grumo di fango dal polso.

— Ehi, Caz, non puoi andartene adesso! — disse Terry. — La festa sta appena cominciando!

— E io sono la prossima — si lamentò una donna. — Chi vuole lanciare?

— Appannaggio del perdente — ordinò Landau. — Visto che Irina non ha scelto me per il coltello.

— Cazie! Non andare!

— Buona notte — salutò Cazie. — Dite a Irina che la chiamerò domani. — Prese Jackson per mano. Lui la lasciò cadere: svuotato, infuriato, intrappolato d’amore.

Lei lo seguì docilmente fino all’ascensore, lungo il corridoio, non incontrarono nessuno, erano le tre del mattino, fino all’appartamento. Nella doccia. Jackson notò che lei aveva lasciato l’inalatore alla festa.

— Mi dispiace, Jack — disse Cazie quando furono puliti. — Non pensavo in maniera lucida. Era ovvio che non ti sarebbe piaciuta una festa simile. È soltanto che… mi mancavi.

Lui la fissò, cercando di conservare il proprio disgusto, capendo che aveva fallito. — Non sentivi la mia mancanza. Volevi soltanto un po’ più di eccitazione. Le uniche esperienze che hai mai ritenuto degne di avere erano quelle intensamente eccitanti.

— Lo so.

— Non è normale, Cazie. Le persone normali non hanno bisogno di una costante eccitazione pericolosa per sentirsi felici!

— E c’è un numero maledettamente alto di Muli che non sono normali. Che non lo sono più. Stringimi, Jack.

Jackson restò rigido, senza muoversi. Lei lo cinse con le braccia e gli si premette contro. Il pene nudo di lui si alzò fino all’ombelico della donna. Il seno morbido di Cazie gli respirava dolcemente nel petto.

— Oh, Cazie… — Era un lamento, metà di desiderio, metà di sconfitta. — No…

— Sarò dolce — gli mormorò lei contro il collo. — Tu sei così bravo a prenderti cura di me.

Effettivamente rimase dolce. Tenera, gentile: una Cazie vulnerabile che non tratteneva nulla e dava tutto. In seguito, si addormentò contro la spalla di Jackson, accoccolata vicino a lui come una bambina. Le lenzuola erano bagnate dei corpi che non avevano asciugato dopo la doccia e degli umori dolciastri dell’amore.

Jackson rimase steso e sveglio al buio, stringendola, desiderando che non fosse venuta via con lui dalla festa, desiderando che non lasciasse mai più la sua camera da letto, desiderando essere una persona diversa da quello che era: più risoluto, più in grado di mantenere la rabbia, più capace di cancellare quella donna.

C’erano neurofarmaci che l’avrebbero aiutato a farlo, modificando la sua neurochimica, riequilibrando trasmettitori, ormoni ed enzimi. Meno CRF. Più testosterone. Meno serotonina. Ancora meno inibitori di dopamina. Più ADL.