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— Aspetta, Elwood, non…

— Ho abbattuto le difese, io. Avanti!

— Ma tu…

— Le siringhe…

— Attivazione, ora — disse Jones e, all’improvviso, l’olopalco si riempì di gas giallastro che spuntava fuori da tutte le parti. Era "davvero" ovunque. Anche lo studio di Theresa improvvisamente ne fu pieno. Ansimando per tirare il fiato, lei inalò il gas nei polmoni e…

… sentì staccarsi gambe e braccia.

Theresa cadde a terra. Riusciva a vedere braccia e gambe stese accanto a lei, chiaramente staccate. Ma no, non potevano essere sue, perché non c’era sangue. Erano le braccia e le gambe di qualcun altro. Degli intrusi? Ma come avevano fatto ad arrivare fino al suo studio al piano superiore senza gambe? Che strano! Interessante. Ma forse non si trattava delle gambe e delle braccia degli intrusi. E allora, di chi potevano essere?

Allontanò con una spinta la gamba che aveva più vicino. Quella cosa disgustosa non doveva essere davvero sul pavimento. Ma dove era il robot-pulitore? Forse era rotto…

Mentre spingeva via violentemente la gamba staccata, Theresa restò sbalordita nel sentire il proprio corpo sobbalzare. Ma di che diavolo si trattava? Niente sembrava normale. Anche se Jackson diceva sempre che normale era solo un immenso deposito, aveva ragione se "normale" doveva includere anche braccia e gambe che non erano nemmeno sue disseminate per il pavimento del suo studio.

Theresa afferrò un braccio staccato e cercò di lanciarlo dall’altra parte della stanza. Ancora una volta si sentì scuotere il busto e provò un gran dolore alla spalla, cosa che non aveva alcun senso. E come mai il braccio dell’intruso aveva addosso una delle maniche fiorate dell’abito di Theresa? Prima doveva essere andato in camera da letto, essersi cambiato per poi entrare lì e cadere in pezzi. Forse lo aveva mandato Leisha. Sì, quello sì che aveva senso. Leisha era sempre stata compassionevole nei confronti dei Vivi. Compassionevole e priva di paura.

— Theresa! — gridò qualcuno. — "Tess!"

Se ci pensava, però, nemmeno Theresa aveva paura. Era molto calma. Jackson sarebbe stato orgoglioso di lei. Rimaneva calma e pensava a cosa fare. Prima doveva chiamare il robot-domestico perché portasse via dal pavimento gambe e braccia in eccesso. Poi doveva notificare alla polizia dell’enclave l’effrazione. Terzo, doveva scoprire cosa rendeva così belle le frasi di Carlyle, per poterne scrivere di altrettanto belle. Quanto meno, ci sarebbe riuscito il suo sistema personale. Sì, quello aveva senso: avrebbe chiesto al proprio sistema di duplicare la prosa di Carlyle. Dopo tutto, si chiamavano tutti e due Thomas.

— Tess! Siamo… oh, mio Dio!

Theresa sollevò lo sguardo. Cazie le stava sopra e indossava un casco a energia-Y dotato di filtro dell’aria. Cazie sembrava avere tutte le gambe e le braccia. Era interessante: come aveva fatto Cazie a rimanere attaccata alle sue quando Theresa e gli intrusi non ci erano riusciti? Il quarto punto della lista sarebbe stato chiedere a Jackson delucidazioni in proposito. Si trattava probabilmente di un problema medico.

— Qui, respira profondamente. Stai ferma, Tessie, respira il più profondamente possibile, il gas ha bisogno soltanto di pochi minuti per lasciare il tuo corpo. Respira e basta…

C’era qualcosa sopra la sua testa anche se doveva essere fatto di energia-Y perché lei riusciva ancora a vedervi attraverso Cazie. Cazie appariva preoccupata. Non ne aveva alcun bisogno, in realtà. Theresa stava bene. Jackson sarebbe stato orgoglioso: stava bene, era rimasta calma durante un’emergenza, respirando normalmente, aveva compilato una lista razionale delle cose da fare e in quale ordine. Tuttavia doveva comunicare la lista a Thomas. Così sarebbe stata sicura di ricordarla tutta. Thomas l’avrebbe scritta.

Strisciò verso il terminale per farlo. — Respira profondamente — disse di nuovo Cazie ma, prima che Theresa vi riuscisse, tutto diventò nero.

Si svegliò sul divano del salotto. Jackson e Cazie incombevano su di lei. Cazie domandò: — Come ti senti, Tessie?

— Io… c’erano dei Vivi…

— Adesso sono andati via. No, non ti agitare, Tess, è tutto a posto. Li ha presi la polizia dell’enclave e nessuno è rimasto ferito. Non succederà più.

— Ma come… cosa…

Jackson le si sedette accanto e le prese la mano. — Hanno trafugato i codici d’ingresso dell’edificio, Theresa. Nessuno sa come abbiano fatto a entrare nell’enclave. Tutti i nostri sistemi sono stati riprogrammati, comunque: edificio, ascensore e Jones. Cazie ha ragione, non succederà più.

Aveva una voce svuotata. Le stava mentendo.

— Non è stato rubato nulla — proseguì Cazie. — Forse non intendevano portar via niente a parte le siringhe del Cambiamento. Sapevano che Jackson è medico. Sono entrati anche da altri medici. I poliziotti si occuperanno della storia. Non è stato ferito nessuno.

— Ma c’erano braccia e gambe sparpagliate per tutto il pavimento! — esclamò Theresa. Riusciva ancora a vederli, orribili arti staccati. Rabbrividì e ansimò. — E le "mie" braccia e le "mie" gambe…

— Tranquilla, Tess — fece Cazie. — Adesso è tutto a posto. Non c’erano né gambe né braccia sul pavimento e le tue sono perfettamente in ordine. Si è trattato della biodifesa del sistema. Perché non hai indossato la maschera quando lo hai attivato?

— La stai agitando — disse Jackson. — Non lo sapeva. Tess, adesso è tutto a posto, siamo qui. Non hai più bisogno di pensarci.

— Ma… — cominciò Theresa. Le sue dita si stringevano e allentavano su quelle di Jackson, si stringevano e allentavano. — Ma dimmi… che cos’ho respirato? Ti prego, dimmelo, Jackson.

Jackson spiegò con riluttanza: — È un gas che agisce direttamente sulla corteccia parietale, provocando anosognosia. La corteccia parietale controlla il modo in cui la mente percepisce le sensazioni e i movimenti del corpo. In stato di anosognosia la mente è incapace di riconoscere i propri arti ed è anche incapace di capire se c’è qualcosa di sbagliato. La vittima inventa elaborati scenari per spiegare la paralisi degli arti che percepisce. È un ottimo sistema di sicurezza perché consente di scollegare il controllo corporeo senza aumentare la rabbia e il panico che potrebbero portare a reazioni sconsiderate. Inoltre non danneggia nessuno.

— Le braccia e le gambe sul pavimento erano tue — disse Cazie. — I Vivi non sono mai riusciti ad arrivare oltre l’ingresso.

Jackson riprese: — Hai respirato soltanto un neurofarmaco a effetto temporaneo. Anche senza l’intervento del Depuratore Cellulare, l’effetto non dura a lungo. Potresti sentire del formicolio negli arti per un po’, ma non fa male.

Un neurofarmaco. Aveva respirato un neurofarmaco ed era divenuta una persona diversa. Una persona senza braccia e gambe, una persona che pensava che le braccia e le gambe di altri fossero disseminate sul pavimento, una persona che non si era agitata all’idea ma aveva stilato tranquillamente una lista di cose da fare per gestire il problema. Non Theresa. Una persona completamente diversa.

Sollevò lo sguardo su Jackson e, per la prima volta in vita sua, Theresa si accorse di non volerlo vicino. — Tu… tu mi hai fatto diventare qualcun altro.

— No, non sono stato io, il sistema della casa…

— Ma tu vuoi sempre che io prenda neurofarmaci. Che io sia qualcuno diverso da me.

— Non puoi paragonare… — cominciò, ma lei lo interruppe.

— Quella non è la risposta. Non so quale sia, ma non è certo quella. — Lasciò la mano di Jackson e cercò di alzarsi.