Theresa si bloccò, ansante. Ma cosa aveva detto? Aveva buttato fuori tutta quella roba con un estraneo, quella donna composta che lei non conosceva nemmeno, come una specie di bambina piagnucolante.
— Hai ragione nella ricerca — disse Sorella Anne — ma hai torto nelle conclusioni.
Parlava con estrema convinzione, tuttavia Theresa si sentiva confusa: non riteneva di avere tratto alcuna conclusione, non era mai stata in grado di arrivarvi. Non era proprio quello il problema?
— Non capisco, Sorella.
— Quanti anni ha, signorina Aranow?
— Diciotto — e aspettò il sorriso. Non arrivò.
— Ha detto che i credo che ha esaminato, dallo yagaismo allo zen, si contraddicono tra loro, e che sono contraddittori al loro interno o confronto all’esperienza osservata e che quindi non possono essere veri. È quello il suo errore.
— Come? — interrogò Theresa. — Qual è il mio errore?
— Sono tutti veri. Tutti, fino all’ultimo dei credo che lei ha nominato. Oltre all’ateismo, il druidismo, il cannibalismo e la devozione al demonio.
Theresa la fissò sbalordita.
— Il fatto è, mia piccola bambina perduta, che la verità non è così semplice. È solida, ampia e tanto lucente da spazzare via le tenebre… ma non è semplice.
— Non capisco. — Theresa si sentì mancare. Ebbe un’improvvisa immagine di Cazie che osservava Sorella Anne da un angolo della stanzetta dalle pareti bianche: Cazie con la testa inclinata, gli occhi dorati accesi di disprezzo, che sorrideva alle spalle di loro due. Che sorrideva sempre. "Ironia, Tessie. Non perdere l’ironia."
— Tutto risulta vero, in diverse circostanze. Gli uomini sono buoni, gli uomini sono peccatori. Dio è onnipotente e Dio non può scegliere per ogni anima. L’amore è più grande della giustizia e la giustizia è più grande dell’amore. In quale altro modo la Chiesa poteva cambiare nel corso di oltre due millenni ed essere ancora la Chiesa? A volte le eresie devono essere sradicate e distrutte, e a volte gli eretici devono essere accolti, a volte ancora, gli eretici siamo noi stessi. Tutto questo è vero. Tuttavia l’umanità non può vedere tutta la verità nello stesso momento e così, in ogni epoca, vediamo quello che possiamo. Ci sono mode nella verità come in tutto il resto. E, sotto le mode, regna la grandezza.
— Ma Sorella, se tutto è vero…
— Allora il compito del singolo è di mettere da parte l’egotismo della percezione e di vedere tutto quello di Dio che ognuno può.
L’egotismo della percezione. Theresa lottò con quel concetto. — Vuole dire che non possiamo vedere tutto e che dobbiamo fidarci del fatto che il resto esista? Sulla fiducia?
— Questo è una parte. Ma c’è di più. Dobbiamo mettere da parte letteralmente la piccolezza delle nostre percezioni, i limiti delle nostre percezioni, e vedere ciò che prima ci era nascosto.
— Ma "come"? — E poi, più pacatamente: — Come?
Sorella Anne si alzò e si avvicinò alla porta. La aprì e il suono glorioso si riversò nuovamente nella stanza: trenta, cinquanta voci innalzate nel canto, ardenti e pure, un impeto inebriante e fragrante come il profumo delle notti estive. Theresa chiuse gli occhi e si chinò in avanti, come se il canto fosse un flusso fisico e lei vi stesse entrando.
— Così — fece Sorella Anne.
"L’ironia è sempre la migliore difesa contro l’autoillusione" diceva Cazie.
— È anche la miglior difesa contro qualsiasi sentimento genuino — rispose tranquillamente Sorella Anne, e Theresa sbarrò gli occhi e sentì il cuore accelerare, finché non si rese conto che doveva avere pronunciato le parole di Cazie a voce alta.
Anche Theresa si alzò, senza saperne il perché. I vespri si alzavano e abbassavano attorno a lei, un mare di suono dolcissimo, palpabile e possente come un’ondata di acqua fresca. Il cuore le accelerò nuovamente, ma senza il rischio che le venisse un attacco. Respirava lentamente e profondamente. "Sì", disse qualcosa in una parte profonda della sua mente. "Sì, sì, sì!"
La suora la osservò attentamente. — Pochissime persone appartengono effettivamente a quest’ordine, signorina Aranow.
— Io sì — disse Theresa, e le sembrò di non avere mai parlato con una tale sicurezza in vita sua. Era passato, allora: l’incertezza, la sensazione di essersi persa, la terribile paura. Soprattutto la paura. Dell’estraneo, dell’alieno, del diverso. Passato. Era a casa.
Sorella Anne sorrise: per Theresa, quel sorriso si fuse con la maestà della musica, divenne la musica.
— Penso che sia così. Vuole sottoporsi adesso ai test del sangue e cerebrospinali preliminari?
Theresa ricambiò il sorriso. — Test?
— Da usare come base eventuale per i neurofarmaci studiati appositamente per lei.
— I miei… cosa?
— Creiamo una miscela personale per ogni postulante, ovviamente. Il nostro laboratorio, che condividiamo con i Gesuiti di Sarnac Lake, è uno dei migliori al mondo. Il prodotto per lei eguaglierà qualsiasi cosa disponibile a Boston, Copenaghen o Brasilia, per ogni finalità.
Theresa disse, legnosa: — Io non prendo neurofarmaci.
— Certo non ne ha mai presi come questi. Per questo scopo, con questo risultato. Non ancora.
— Non ne prendo affatto. — Si sentì sopraffare dalle vertigini che soffocarono anche la musica. Allungò le mani alla ricerca dello schienale della sedia.
— Capisco — rispose Sorella Anne. — Proprio come è nonCambiata. Ma Theresa, questa non è la stessa cosa. I neurofarmaci presi per la grande gloria di Dio… Che cosa aveva capito quando le ho detto che noi mettiamo da parte l’egotismo della percezione? Quella è una funzione cortico-talamica.
— Non so che cosa avevo capito — bofonchiò Theresa. Le vertigini si fecero più intense. Si aggrappò allo schienale della sedia.
— I nostri neurofarmaci modificano le attività nel tratto mammillotalamico, nelle aree di associazione corticali e nel nucleo dorsomediano, niente di diverso dalla modificazione biochimica ottenuta con preghiere frenetiche o digiuni in altre epoche. Non facciamo altro che abbattere le barriere neurali per ottenere livelli potenziati di attenzione, percezione e integrazione di svariati stati consci. Per meglio conoscere e glorificare Dio.