Lui scoppiò in una risata cupa, cercando di esagerarne la profondità, cercando dell’ironia. Si rese conto di avere fallito.
Lizzie stava dando il massimo: — Se tutti vi iscriverete fra le 11:15 e le 11:50 di questa sera, voi, come vi abbiamo detto, allora nessun altro Mulo si potrà iscrivere per le elezioni. Abbiamo abbastanza Vivi da vincere. Se vinceremo, noi, potremo prendere i soldi del fondo delle tasse e rifornire i depositi della sede della contea con tutto quello che abbiamo bisogno. Non mi verrete a dire, voi, che non avete bisogno di niente, eh?
— Certo che abbiamo bisogno delle cose — disse un ometto piccolo, dall’espressione scura e un po’ anziano. — Che diavolo, io voterei sì per te, Shockey. Sei stato sindaco, tu. E poi io mi ricordo di un periodo quando mica tutti i candidati erano Muli, loro, ben prima che voi nasceste. Quello però che voglio sapere, io, è che prezzo ci faranno pagare i Muli se eleggeremo uno dei nostri.
Shockey sentenziò: — Non ci sarà nessun prezzo da pagare.
— Oh, figliolo, un prezzo c’è sempre. Loro hanno sempre presentato un conto.
Shockey si irritò. — Di che genere, Max? Che cosa ci potrebbero fare i Muli?
— Che cosa non ci potrebbero fare? Hanno armi, polizia, possono cambiare il maledetto clima, ho sentito dire, io, almeno un po’. Forse stiamo meglio, noi, come stiamo adesso. Abbiamo tutto quello di cui abbiamo davvero bisogno e non attiriamo l’attenzione.
— Ma così le cose non cambieranno mai! — esclamò Lizzie. — Non arriveremo mai da nessuna parte!
Il vecchio ribatté: — Meglio così. Se continui a guardare in alto verso il cielo, tu, finirai con l’inciampare su una pietra.
— Ma…
— Ma hanno portato dei Muli con loro — intervenne all’improvviso un altro uomo. — Non sono soltanto Vivi, loro, che inciampano come tutti quanti noi.
Lizzie protestò: — Vicki e il dottor Aranow non sono… — Ma Vicki la interruppe. La donna fissò l’uomo negli occhi.
— È vero. Hanno dei Muli con loro. Io sono Victoria Turner, ex agente dell’ECSG. E questo è il dottor Jackson Aranow, medico, proprietario della TenTech, una ditta importante. Lizzie non sta combattendo da sola. Qualsiasi rivincita cercassero di ottenere i Muli se venissero battuti nelle elezioni, io e il dottor Aranow abbiamo i mezzi per affrontarli.
Jackson la fissò sbigottito. L’uomo chiese seccamente: — Perché? Perché state dalla parte di Lizzie, voi?
— Dalla "mia" parte — precisò Shockey, rabbuiandosi.
— Perché io credo in questo paese — rispose Vicki. Allungò una mano verso il mucchietto di abiti che Shockey si era tolto e strappò dalla spalla della giacca la coccarda bianca, rossa e blu. La consegnò all’uomo, con aperta sincerità, con cinica ironia, con quella che alla fine Jackson percepì essere una maschera di protezione posta sopra una genuina convinzione. Vicki non credeva che quelle elezioni potessero avere successo, lo aveva detto soltanto. Doveva credere in qualche impegno politico più profondo, di cui quella rappresentava soltanto una prima necessaria sconfitta.
L’uomo sbuffò ma prese la coccarda. L’uomo più anziano, Max, sogghignò. Farla disse all’improvviso: — Va bene, Shockey, dicci un po’ che cosa farai per noi se ti faremo eleggere.
Qualcuno nella folla si mise a ridacchiare. — Sì, Shockey, fai un bel discorso elettorale, tu!
— Bene, certo che lo farò, io! Adesso voi Vivi mi starete bene ad ascoltare! Tutti quanti!
— "Che le armi cedano il passo alla toga" — mormorò Vicki. — Mettiti comodo, Jackson. Parla il popolo.
Era buio quando lasciarono la tribù di Farla. Il dibattito era proseguito per tutto il pomeriggio e la prima serata, più per il gusto del litigio, sospettava Jackson, che per il desiderio di ottenere informazioni. La gente gridò, si insultò, si minacciò e disse smargiassate. Si trasferirono all’interno, dopo essersi nutriti, nell’oscuro e caldo rifugio dove regnavano sedie ammaccate, loculi per dormire creati con separazioni di fortuna, pezzi di macchinari e conigli scuoiati, e un prezioso terminale con l’etichetta di una delle consociate della TenTech. Rubato? Vicki gli sorrise. Coni-Y tenevano caldo quel posto immenso e deprimente: quei coni forse facevano parte della scorta che lui aveva inviato alla tribù di Lizzie dalla TenTech? Forse anche Shockey comprendeva il valore della corruzione dei votanti.
Al tramonto, Dirk cominciò ad agitarsi. — Dovrebbe essere a casa — disse Lizzie alla fine. — La nonna Annie si starà preoccupando, lei; dottor Aranow, ci riporti a casa, per favore.
Jackson notò che gli altri restarono impressionati da come Lizzie gli stava dando ordini. Era diventato una risorsa elettorale. Oltre a pubblico trasportatore: senza la sua aeromobile avrebbero dovuto affrontare una lunga marcia al freddo in mezzo alle montagne. No: senza la sua aeromobile non sarebbero rimasti così a lungo e non avrebbero discusso così animatamente. Vicki lo guardò sogghignando.
— Sono così eccitata — esclamò Lizzie una volta nell’aeromobile. — Manca solo qualche ora! Dirk, zitto, tesoro. Zitto, piccolino. Ancora qualche ora e quattromilaquattrocentoundici Vivi della Contea di Willoughby, almeno, si iscriveranno tutti insieme!
Shockey disse: — Sei sicura, tu, che quelle teste di rapa conoscono bene la procedura di iscrizione in linea, loro?
— Sam Bartlett e Tasha Herbert l’hanno spiegata due volte a tutte le tribù. Tutti sanno cosa fare. "Funzionerà."
E, con una certa sorpresa di Jackson, funzionò. Alle 11:00 della sera, tutti, eccetto i bambini piccoli che erano stati messi a letto, si radunarono attorno al terminale di Lizzie. Lei aveva programmato un foglio di riscontro aggiornabile: VOTANTI CONTEA DI WILLOUGHBY, diviso in due colonne VIVI e MULI. Il numero sotto MULI, in lucenti caratteri Univers Gothic tridimensionali, rimaneva costante. Ogni volta che l’altro numero di riferimento aggiungeva cento votanti, si illuminava una bandiera americana, suonava una musichetta e una figurina premeva un pulsante elettorale su un piccolo terminale da voto. L’intero monitor, poi, emetteva flussi olografici che terminavano in fuochi artificiali simulati.
Dietro la spalla sinistra di Jackson, Vicki commentò: — Una specie di mistura fra Capodanno, una gara All-Star di Scooter e la Tammany Hall.
— State tutti pronti! — ammonì Shockey. — Sono le 11:48!
Jackson osservò lo schermo. All’improvviso, il numero dei Vivi si alzò, quindi crebbe nuovamente, superando quello dei Muli. Le bandierine lampeggiarono. Le persone si misero a gridare, quasi sopraffacendo le parole di Sometimes a Great Nation. Annie Francy esclamò: — Oh, santissimo Iddio! — I numeri si impennarono ancora, e poi ancora, quindi cominciarono ad aggiornarsi talmente in fretta da sembrare animati, mentre i fuochi d’artificio olografici esplodevano tutto attorno e i Vivi strillavano, si abbracciavano a vicenda e saltavano a destra e a manca. Mezzanotte. VIVI: 4.450. MULI: 4.082.
— Ce l’abbiamo fatta, noi! — esclamò entusiasta Shockey.
— Un urrà per il nuovo supervisore distrettuale della Contea di Willoughby!
— Shock-ey! Shock-ey!
Shockey venne sollevato per i piedi e camminò in giro sulle mani: una specie di rituale di trionfo dei Vivi, immaginò Jackson. D’un tratto, egli si sentì molto stanco. La sua unità mobile suonò.
— Jackson, rispondimi, subito!
Cazie. Come poteva avere la notizia così in fretta? Erano soltanto le 24:06. Forse stava monitorando casualmente insignificanti iscrizioni di votanti o aveva un programma speciale che la allertava se si evidenziavano insoliti eventi politici? Jackson desiderò parlare con lei. Se la sarebbe goduta. Si spostò in un angolo relativamente tranquillo e si alzò, spalle alla parete, tenendo il piccolo schermo in modo che Cazie non potesse vedere la stanza.