Jackson abbassò lo sguardo, non per evitare di guardarla, ma per evitare che lei lo guardasse. L’aveva già vista. Aveva forse diciassette anni, occhi verdi modificati geneticamente e lunghi capelli neri. Una ragazza Mulo, che scorrazzava da quelle parti. Jackson fingeva di essere un Vivo: come doveva reagire? Jackson trascinò i piedi, come se fosse imbarazzato, e mantenne lo sguardo sugli stivali di lei. Le arrivavano al polpaccio, erano di cuoio italiano, nanorivestiti perché i suoi piedi non li consumassero, e sporchi di fango. Più in alto, le perfette cosce della ragazza mostravano la pelle d’oca. L’aria di marzo era fredda.
Lei chiese con malizia: — Sei un reporter?
Chiaramente il suo QI non era modificato geneticamente. Jackson bofonchiò: — No, io no, io.
Shockey lo aveva riconosciuto. Attirò a sé la ragazza. — È solo un guardone, lui, Alexandra. Tu vieni a guardare un po’ me.
Lei fece un risolino. — In questa posizione? — Ma lo baciò. Shockey tenne bene aperti gli occhi e lanciò un’occhiataccia a Jackson: "Vattene via".
Se ne andò, chiedendosi se Alexandra fosse una alla ricerca del brivido, una distrazione politica, un’esca professionista o un tentativo di scandalo. Jackson non aveva notato robocamere. Eppure, Vicki Turner aveva ammonito Shockey. I suoi elettori non avrebbero gradito vedere il loro candidato Vivo, l’antidoto alla corruzione dei Muli, rotolarsi concupiscente nel fango con un Mulo come Alexandra.
Jackson si voltò, mise le mani a coppa attorno alla bocca e strillò: — Shockey! Arriva compagnia, tu! Sharon e la bambina! — Forse quello sarebbe bastato.
All’accampamento c’erano in giro soltanto due giornalisti. Uno stava intervistando Scott Morrison, un amico di Shockey. — Noi vinceremo questa elezione qui. E l’anno prossimo prenderemo la fottuta presidenza!
— Vedo che hai addosso una catenina d’oro — disse serenamente il giornalista. — Un contributo da parte dei Cittadini per Serrano, forse?
— È un’eredità — rispose solennemente Morrison. — Della mia bisnonna, lei. Era un’attrice dello schermo piatto.
— E lo scooter? — La robocamera ronzava: il giornalista non si preoccupò nemmeno di nascondere la smorfia di scherno.
— Anche quello ereditato dalla bisnonna.
Che cosa era successo a Vicki?
Un gruppo di Vivi che Jackson non aveva mai visto prima vagava oziosamente oltre il terreno di alimentazione protetto dalla tenda di plastica. Erano sporchi, sudici per il viaggio. La tribù riceveva gruppi del genere ogni settimana. Arrivavano da luoghi al di là della Contea di Willoughby, avendo visto tutto il gran casino ai notiziari. Alcuni gruppi erano interessati e pensosi. Alcuni erano disgustati dall’idea che i Vivi si sporcassero le mani con il lavoro da Muli della politica. Alcuni avevano semplicemente sentito parlare degli scooter, dei gioielli e del vino dei "gruppi cittadini non affiliati al candidato Serrano". Era già stato rubato uno scooter. I membri della tribù si riunivano in capannelli, e si trovavano sempre all’interno del campo filmabile dal terreno di alimentazione. Eccetto, ovviamente, il candidato, che stava godendo dei benefici della sua fama, steso sulla schiena, nel bosco.
Dove diavolo era Vicki?
Annie uscì affaccendata dall’edificio, tenendo Dirk in braccio. Vide Jackson, si rabbuiò, quindi ricordò che ufficialmente non lo doveva conoscere. Guardò subito da un’altra parte con espressione disgustata, come una duchessa infastidita che ignora un pesce morto. Il suo sguardo atterrò su un altro gruppo di ragazzini Muli curiosi che ridacchiavano maliziosamente all’ombra sicura di una velocissima aeromobile. Due ragazzi avevano inalatori. Il secondo reporter li stava intervistando: per fortuna Jackson si trovava a una tale distanza da non poter sentire la conversazione.
A quel punto, atterrò un’altra aeromobile e ne scese Cazie con il nuovo responsabile tecnico della TenTech.
Jackson voltò la schiena. Si diresse verso l’edificio con passo deciso e vi entrò.
Che ci faceva lei lì? Dopo la riunione di qualche mese prima sui legami politici della TenTech, di cui Jackson aveva capito più o meno la metà, aveva chiesto a Caroline, il suo sistema personale, di effettuare qualche ricerca. La TenTech aveva un portafoglio diversificato, ma Caroline non era riuscita a rintracciare gran parte degli investimenti tramite database legali, sebbene avesse a disposizione i codici personali di accesso di Jackson. Lui non aveva mai degnato di particolare attenzione la TenTech. Lo aveva fatto suo padre, finché non era morto, poi l’avvocato di suo padre l’aveva gestita finché Jackson si era trovato all’università di medicina: quando aveva sposato Cazie, lei aveva preso in mano la situazione e Jackson era stato felice di lasciarglielo fare. Dov’erano i soldi della TenTech e perché ce ne erano tanti legati allo stato della Pennsylvania, se la TenTech aveva sede legale a New York? Cazie aveva molti amici personali in varie imprese ed enti governativi della Pennsylvania. Alla fine Jackson, senza dir nulla a Cazie, aveva assunto un contabile indipendente che gli doveva ancora fare rapporto. Forse Cazie si era accorta delle ricerche svolte dal contabile.
Oppure, semplicemente, era venuta a cercarlo.
Aprì la porta di uno spiraglio, sbirciando fuori dall’oscurità alla luce del sole. Cazie stava parlando con Billy Washington, il patrigno di Lizzie. Quanto meno si trattava di Billy, la persona più sana di mente di tutta la tribù. Cazie non poteva seguire Jackson all’interno dell’edificio: Vicki aveva insistito perché nessun estraneo, in alcun caso, entrasse. Aveva installato un primitivo sistema a scanner: se qualcuno senza chip sensibilizzato cercava di oltrepassare la porta, scattava un allarme. Era un sistema facile da ingannare, ma fino a quel momento nessuno si era dato la pena di farlo. Jackson toccò il chip che teneva in tasca.
I riccioli scuri di Cazie scintillavano al sole primaverile. Gli alti stivali bianchi e il severo abito nero apparivano freschi e ordinati. Gesticolando con Billy, sollevò di scatto un braccio e il suo seno destro si alzò, vibrò e ricadde.
Che ci faceva lei lì? E "lui" che ci faceva? Attraverso lo spiraglio della porta, Jackson vide Shockey arrivare trotterellando dal bosco. La bellezza Mulo non era con lui. Sharon si precipitò verso Shockey attraverso l’erba avvizzita, col volto infuriato. Annie strillò qualcosa a un giornalista. Billy lasciò Cazie, si diresse verso Annie e venne bloccato da un ragazzetto Mulo sogghignante che si era avventurato lontano dall’aeromobile quel tanto da poter infilare il proprio inalatore sotto il naso di Billy. Billy ondeggiò. Scott Morrison si tuffò contro il ragazzino Mulo, buttandolo per terra. Le due robocamere zoomarono sulla lotta. Il candidato balzò addosso a un altro giovane Mulo e Sharon gridò. Annie, che teneva ancora in braccio Dirk, corse verso Billy che sorrideva con espressione vacua. Dirk cominciò a piangere. Sharon continuò a gridare. Cazie tirò indietro la testa e scoppiò a ridere, emettendo un suono terrificante che, non si sa come, superò di intensità perfino quel trambusto. La donna disse qualcosa al responsabile della TenTech, e Jackson riuscì a leggere il movimento delle labbra: — Il processo politico americano in azione.
Chiuse la porta malconcia dell’edificio.
Erano tutti pazzi. Jackson era rimasto un po’ sorpreso nello scoprire che così tanti Vivi restavano attaccati cocciutamente all’idea di votare per Shockey: nonostante avessero accettato bustarelle dall’altra fazione, Shockey avrebbe vinto chiaramente le elezioni. Alla lunga, tuttavia, lui temeva che non avrebbe fatto alcuna differenza. Shockey non avrebbe vinto perché i Vivi erano in ascesa politica ma perché i Muli avevano preso sottogamba quella campagna elettorale. Avevano usato la carota ma non il bastone, diffondendo beni di consumo e presumendo che il problema fosse risolto. Quando, il giorno delle elezioni, avessero scoperto che le cose non stavano così, avrebbero ritirato le carote. Gli accampamenti dei Vivi non erano protetti, erano privi di tecnologia e non erano armati. Il successivo candidato Vivo per una qualsiasi carica pubblica avrebbe perduto. Jackson stava assistendo a un insospettabile colpo fortunato, un irripetibile avvenimento improbabile per il quale stava rischiando il suo stato sociale all’interno del suo popolo. Ciò lo fece sentire il più pazzo di tutti.