— Potreste non tornare — fece Theresa. — Vengo con voi.
— No! No, no. Tu resti qui, tu.
Theresa si scansò. La triade si strinse per passare oltre. Quando lasciarono il calore potenziato del sole del luogo chiuso, i loro corpi nudi rabbrividirono, mostrando la pelle d’oca. Theresa li osservò infilarsi le tute ammassate su una scansia di legno, prima di avvicinarsi alla donna dai capelli chiari che indietreggiò.
— Va tutto bene. Non vi farò del male, a nessuno di voi. Io voglio… soltanto vedere Josh. Si ricorderà di me. Era vero? — Come ti chiami?
— Noi siamo Peranla, noi — rispose quella in un sussurro.
Peranla. Percy-Anne-Laura. Oppure Pearl-Andy-Lateesha. Oppure… non aveva alcuna importanza. Avrebbe dovuto averne.
— Peranla, verrò con voi a cercare Josh.
La triade smise di muoversi. Smise quasi di respirare. E se fossero stati colti da un attacco, come succedeva a Theresa quando si spaventava troppo? Che avrebbe fatto lei a quel punto? Non accadde. Un minuto dopo, si mossero stretti nel loro gruppetto, superando Theresa: si misero a correre insieme, goffamente, sfrecciando attorno all’angolo dello stabilimento. Theresa corse loro dietro.
— Aprite la porta! Siamo Peranla, noi! Aprite!
La porta si aprì e Peranla si precipitarono dentro. Theresa, attonita per la propria reazione, si intrufolò all’interno con loro.
Ai suoi occhi occorse un minuto per abituarsi all’oscurità. Oltre un centinaio di persone, raggruppate a tre a tre, la fissò. Le triadi si strinsero insieme, apparendo a disagio, ma nessuno sembrò terrorizzato. Perfino il gruppo di Peranla dava l’impressione di essere meno ansioso che non all’esterno. Era ovvio. Anche Theresa quando si trovava a casa con persone familiari in mezzo a cose familiari era meno ansiosa. Più sicura.
Il battito cardiaco le accelerò e sentì la gola serrarsi attorno alla carotide. — C’è… c’è Josh? Josh?
— Faresti meglio ad andartene, tu — disse un vecchio. Svariate altre persone annuirono.
— Josh? Jomp?
Lui avanzò lentamente, trascinando Patty e Mike per mano. Mike aveva la fronte leggermente aggrottata ma Patty, che Theresa ricordava come una spaventosa megera, tremava e nascondeva la testa contro la spalla di Mike. Quel fatto calmò il respiro di Theresa.
Forse essere la persona meno spaventata all’interno di un gruppo era come non essere spaventati affatto.
— Josh, io sono Theresa Aranow. Sono venuta qui l’autunno scorso. Vi ho portato vestiti e coni a energia-Y. Mi hai raccontato del vostro legame e delle siringhe rosse.
Josh annuì, senza guardarla negli occhi.
— E poi l’ologramma, Josh. Mi hai mostrato un ologramma di Miranda Sharifi. Vi spiegava l’uso delle nuove siringhe, quelle che ha lasciato qui da voi per creare il legame.
Mike latrò: — Non ha niente a che fare con te.
— Voglio rivedere l’ologramma, Josh. Ti prego. Voi lo avete visto un sacco di volte, no?
Josh annuì ancora. Patty sollevò lo sguardo dalla spalla di Mike.
— Benissimo, allora — continuò Theresa il più fermamente possibile. — Potrete vederlo ancora. Proprio come fate sempre. E lo guarderò anch’io.
— D’accordo — disse Josh. — Per tutti quanti… è il momento di Miranda. Noi siamo la vita e il sangue, noi.
— Noi siamo la vita e il sangue — rispose disordinatamente la folla e Theresa riuscì quasi a percepire il sollievo che li pervadeva, cristallino come l’acqua di una cascata. Quella era una routine conosciuta, confortante, sicura. Le triadi si mossero a piccoli scatti, sistemandosi davanti a un antico olopalco in quelli che, Theresa avrebbe potuto scommetterci, erano abitualmente i rispettivi posti. Un minuto dopo, lei si sedette accanto a Josh, il più vicino alla porta.
— Attivazione — disse Mike. — Tempo di Miranda.
L’olopalco si animò. Un grazioso turbinio di colori privo di significato, poi apparve Miranda, testa e spalle, lo sfondo una semplice cabina di registrazione scura, studiata appositamente per risultare anonima. Miranda indossava un abito bianco senza maniche; un nastro rosso le teneva indietro i capelli neri e crespi.
— Sono Miranda Sharifi e vi parlo da Selene. Vorrete sapere cos’è questa nuova siringa. È un meraviglioso, nuovo dono, studiato apposta per voi. Un dono migliore delle siringhe del Cambiamento. Quelle vi hanno liberato a livello biologico, ma vi hanno anche condotto a un forte isolamento quando non avete più avuto bisogno degli altri per il cibo e per la sopravvivenza. Per l’uomo non è bene essere solo. Questa siringa, questo magnifico dono…
C’era qualcosa che non andava in quell’ologramma.
Dal giorno della prima visita a quell’accampamento, cinque mesi prima, Theresa aveva passato settimane, mesi interi a guardare ologrammi di notiziari. Le si ripetevano di notte dietro le palpebre chiuse. Quello lì aveva qualcosa di sottilmente sbagliato. La voce era di Miranda e le parole erano sincronizzate con il movimento delle labbra di Miranda, ma non col suo corpo. No, non era quello. Il corpo di lei non si muoveva molto. Ecco cos’era. La rigidità del corpo di Miranda rispetto a certe parole, più i suoi movimenti rispetto ad altre; il ritmo era sbagliato. E anche i ritmi delle parole. Theresa aveva un ottimo orecchio. Notava anche la più leggera flessione nei posti sbagliati. L’ologramma era stato creato, non registrato.
Il che significava che non era stata Miranda a fornire quel messaggio. E nemmeno le siringhe rosse.
Theresa si guardò attorno. I volti dei Vivi erano rapiti, come se assistessero a un concerto del Sognatore Lucido. Dovevano esserci messaggi subliminali nell’ologramma. Lei abbassò gli occhi e ascoltò il resto del messaggio senza guardare la parte video.
Se le siringhe del legame non provenivano da Miranda, da chi arrivavano?
Forse dalle stesse persone che avevano creato il neurofarmaco respirato da quei Vivi. Il neurofarmaco che rendeva la gente spaventata delle cose nuove. Ma perché?
Jackson aveva detto che nessuno, eccetto i Super-Insonni, poteva creare simili neurofarmaci. Nessuno, a parte Miranda Sharifi, sapeva abbastanza sul Depuratore Cellulare da creare qualcosa che non fosse distrutto dai nanomeccanismi del Cambiamento inseriti nel corpo di tutti. Di tutti a parte che in quello di Theresa.
— …siate insieme in un nuovo modo, un modo che crea comunità, che abbia le radici di tale comunità nella biologia stessa…
Theresa venne assalita da un dubbio. Che ne sapeva lei della "biologia stessa", della comunità o dei Super-Insonni? Chi era lei per decidere che quell’ologramma non era realmente di Miranda? Theresa era una pazza, nonCambiata, impaurita, che aveva attacchi ogni volta che le situazioni si facevano poco familiari, che aveva lasciato il proprio appartamento soltanto tre volte durante l’anno precedente, che aveva paura di tornare a casa perché la sua ex cognata, che era anche sua amica, la stava cercando. Theresa non sapeva proprio niente.
Eccetto ogni dettaglio documentato sulla vita di Leisha Camden.
Con quella consapevolezza, Theresa capì che cosa avrebbe fatto.
Si alzò proprio mentre la registrazione stava terminando; attorno a lei i Vivi guardavano con occhi annebbiati le loro triadi legate, sorridendo. Senza quelle sarebbero morte. Una malvagità, una malvagità. Quello non era legame, era schiavitù.
— Dammi la cassetta dell’ologramma, Josh — disse Theresa nel modo più deciso possibile. Cercò di sembrare Leisha Camden quando impartiva ordini. Nessuno conosceva la vita di Leisha meglio di Theresa: nessuno conosceva meglio di lei Leisha stessa.
Un centinaio di volti annebbiati la fissarono.
— La prendo io. Ne ho bisogno. La riporterò. — Leisha, che diceva con decisione a Jennifer Sharifi che l’idea del Rifugio era errata. Oppure Leisha che diceva a Calvin Hawke che il suo movimento anti-Insonni era finito. Leisha: calma, decisa, fredda. Theresa si avviò, con le ginocchia tremanti, verso l’olopalco.