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— Puoi seguirmi, per favore? — disse al roboinfermiere, sentendosi sollevata quando le ubbidì.

Riuscì a salire sul tetto, a montare sull’aeromobile, ad arrivare fino all’accampamento sul fiume Hudson senza dover diventare Cazie. Si stava risparmiando. Quando l’aeromobile atterrò, fuori dalla vista dell’accampamento di Vivi, trasse un profondo respiro e cominciò.

— Signorina Aranow È davvero arrivato il momento della riabilitazione fisica — disse il roboinfermiere sul sedile accanto al suo. — Gradirebbe mangiare prima? — Theresa lo ignorò.

"Lei era una mendicante, una mendicante con un dono. Il dono di avere bisogno di quelle persone impaurite. Il dono di avere bisogno di essere nutrita, di essere accolta, di essere fatta entrare. Aveva fame, era debole e aveva bisogno di loro. Lei portava il dono del bisogno per salvarli."

— Signorina Aranow. è davvero…

"Lei era una mendicante. Una mendicante con un dono. Il dono di avere bisogno di quelle persone impaurite. Il dono di avere bisogno di essere nutrita, di essere accolta…"

— Signorina Aranow!

— Rimani qui per una mezz’ora e poi seguimi.

"Lei non era Theresa, era una mendicante. Una mendicante con un dono. Il dono di avere bisogno…" La camminata fino all’accampamento rischiò di darle il colpo di grazia. L’accampamento sembrava deserto, ma la mendicante sapeva che non era così. Si acquattò all’esterno, bene vista davanti a una finestra, e cominciò a piangere. — Ho tanta fame, ho tanta fame… — Ed era vero. Theresa aveva fame, la mendicante aveva fame, Theresa era la mendicante con il suo dono.

Alla fine la porta si aprì e una vecchia donna sbirciò carica di paura da dietro l’angolo, stringendo forte lo stipite.

— La prego, signora, io non sono Cambiata, non ho mangiato, sono malata, e ho tanta fame, non mi lasci qui…

La paura della donna si sentiva forte nell’aria: la mendicante riusciva ad avvertirne l’odore. Il vecchio volto, tuttavia, si corrugò di compassione. La mendicante vide che la vecchia, nelle sua lunga vita, aveva imparato cosa significasse avere fame, essere malati e soli.

Lentamente, la vecchia scivolò fuori dalla porta e con lei le altre due persone a cui era legata: un’altra donna anziana e una ragazza i cui lineamenti marcati assomigliavano a quelli della seconda donna. Una di loro teneva in mano una ciotola, un’altra una coperta, la terza un bicchiere di plastica. Si fermarono a tre metri dalla mendicante, respirando affannosamente, tese per il terrore.

— Vi prego, vi prego, non riesco più a muovermi…

La paura combatté con i ricordi. Le donne anziane, che ricordavano i giorni di fame e malattia precedenti al Cambiamento, divennero per un breve momento le persone che erano state a quel tempo. E si avvicinarono a Theresa, l’estranea nel bisogno.

— Ehi, com’è possibile che non sei Cambiata, tu? Mangia questo, forza… Guarda le sue braccia, Paula, sembrano bastoni, loro…

Ciotola di plastica e cucchiaio. Una sbobba di cibo colloso che assomigliava ai fiocchi di avena ma aveva il sapore delle noci, soltanto un po’ più amaro, non del tutto mascherate da uno sciroppo d’acero troppo dolce. La mendicante ingollò tutto.

— Ma sta morendo di fame, lei… Paula, non riesce quasi a muoversi, non possiamo lasciarla qui, noi…

Da dietro l’angolo del pesante portone, scivolarono fuori Josh, Mike e Patty, tenendosi stretti per mano. Jomp. Flebilmente, la mendicante sollevò la testa pelata e ustionata. Non la riconobbero. — Non è "Cambiata" lei? Gesù Cristo…

— Comincia a piovere, non può restare qui fuori così, lei…

Mike la tirò su. La mendicante si contrasse quando la pelle tenera venne sollevata dalle braccia di lui. La portò all’interno, mentre gli altri li seguivano accodati.

Una stanza scura ed estranea, volti poco familiari la osservavano impauriti. Sentì serrarsi la gola e aumentare il battito cardiaco. Ma lei non era Theresa. Lei era la mendicante. La mendicante con un dono. Loro avevano bisogno che lei avesse bisogno di loro.

Il neonato nonCambiato, quello che aveva già visto in precedenza, in un’altra vita, la guardò da dietro le gambe di sua madre. Allora era ancora vivo. Ed era cresciuto: la mendicante vedeva che era diventato un bambinetto. Gli colava muco dal naso. Il braccino sinistro deformato, più corto del destro, gli penzolava dalla spalla.

— Grazie — disse al circolo di volti. Alcuni si ritrassero, ma il resto annuì e sorrise. — Adesso mi permetterete di darvi qualcosa, visto che mi avete aiutato?

Allarme immediato. Qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo. La mendicante si chiese, nel profondo, nella parte di cervello dove era qualcun altro, come dovevano essere mutate tutte le scansioni cerebrali di quella gente a causa delle sue parole.

— Potete farlo, accettare questo — disse. — È soltanto un robot. Avete visto tutti dei robot, un sacco di volte.

La porta dell’edificio era stata lasciata aperta. Il roboinfermiere, secondo le istruzioni ricevute, aveva seguito la mendicante. Il bambino nonCambiato, che non aveva visto i robot, cominciò a piangere.

— È un’unità medica — disse con voce disperata la mendicante. Forse doveva provare a parlare come loro. — Un’unità medica, quella. Come le avevamo prima, noi. Non può Cambiare quel bambino, ma gli può dare una medicina per il naso. Gli può rimettere a posto il braccio, lui. — E ancora una volta. — Questo potete farlo.

— Fare che cosa, noi? — chiese Josh. Era sempre il più intelligente e il meno impaurito. La mendicante parlò con lui.

— Fare qualcosa di nuovo, Josh. Tu puoi farlo, tu, se è una buona cosa e se vuoi farla davvero. Io posso insegnarti come, io.

Stava procedendo troppo in fretta. Josh impallidì e indietreggiò di un passo. Tuttavia lei scorse anche il barlume di interesse nei suoi occhi, prima che si perdesse nella paura. Poteva farcela. Poteva imparare a creare una diversa chimica cerebrale fingendo di essere una persona diversa. Forse non ci sarebbero riusciti tutti, ma alcuni sì. Come Josh. E forse sarebbe stato abbastanza.

Un uomo stava indietreggiando davanti al roboinfermiere, trascinandosi dietro i suoi due compagni. — No, no, stiamo bene così noi. Portatelo via, tu!

La madre del bambino deformato, però, non si mosse. Theresa allungò una mano e, con un angolo della camicia lacera e sporca, asciugò il naso del piccolo. La madre glielo permise, ma serrò la mano sulla spalla buona del figlio. Consentì comunque di toccare il proprio bambino alla mendicante, che finì con l’avere la mano sporca di muco. Lei aveva un motivo per combattere la paura.

"Prendi un neurofarmaco, Tessie. È un problema medico."

Con quel pensiero, Theresa tornò Theresa. Theresa debole, Theresa spaventata, Theresa in un luogo estraneo in mezzo a estranei. Sentì il respiro accelerare. Però era stata la mendicante, era arrivata fino a lì, aveva fatto qualcosa di buono… e la volta dopo sarebbe riuscita a esserlo un po’ più a lungo. Avrebbe insegnato ad altri come fare, ma non in quel momento, era troppo debole, aveva tanta paura, ma loro capivano la paura e si sarebbero curati di lei.

Ebbe il tempo per un altro pensiero prima che l’oscurità si impadronisse di lei. Un pensiero di Theresa, non della mendicante: "Solo in parte un problema medico, Jackson. Solo in parte".

Quando tornò in sé, Theresa giaceva al buio su uno strano letto. No, non era un letto: una pila di coperte sul pavimento, distese su fronde di pino. Riusciva a sentirne l’odore mentre frusciavano sotto il corpo. Attorno, si profilavano pareti irregolari.

L’accampamento dei Vivi. Era stesa su uno dei loro letti. Chiuse gli occhi e diventò Cazie. Solo Cazie sarebbe uscita di lì senza farsi prendere dal panico. Lei "era" Cazie, era decisa, minuta e priva di paura, era Cazie: l’ormai familiare click le scattò nel cervello.