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— Stanno entrando i suoi ospiti — annunciò con voce squillante il sistema. — La signorina Francy e il signor Addison arriveranno fra novanta secondi. Devo farli accomodare?

— Sì — disse Jackson. Gradì quell’interruzione così come ne restò dispiaciuto.

— Certamente. E se ci fosse qualsiasi cosa che la Kelvin-Lastner possa fare per lei. non esiti a chiederlo.

Addison era un tecnico scelto chiaramente non solo per essere minaccioso ma anche per apparirlo. La sua testa sfiorava il soffitto e le sue braccia avevano un diametro doppio rispetto a quelle di Jackson. Probabilmente era anche potenziato: muscoli, vista, tempo di reazione. Esaminò la stanza in modo professionale. Accanto a lui Lizzie sembrava una bambolina molto piccola, molto strapazzata, molto impaurita, vestita con gli abiti verdi usa e getta della Kelvin-Castner. Si lanciò verso Vicki e la strinse forte. Jackson si aspettò di sentire Vicki farle delle moine materne, ma non accadde.

— Forza, Lizzie, riprenditi — fece Vicki. — Non mi verrai a dire che il pirata informatico che tutto conquista diventa piagnucoloso per un piccolo lavaggio in profondità. Sei andata più all’interno dei buchi del governo di quanto i pulitori della Decontaminazione siano appena entrati nei tuoi.

Lizzie si mise a ridere. Una risata incerta ma pur sempre una risata. La rudezza sboccata di Vicki le aveva dato coraggio. Jackson non avrebbe mai capito le donne.

— Adesso siediti qui e raccontaci quello che hai trovato — disse Vicki. — No, non preoccuparti dei monitor. Va bene che la K-C sappia che sappiamo quello che sappiamo. Vuoi un po’ di caffè?

— Sì — rispose Lizzie. Sembrava più calma. Non avendo avuto tempo di tirarli dopo la Decontaminazione, i capelli le stavano piatti e puliti contro la testa. Addison terminò il controllo della stanza e si pose fra Lizzie e la porta aperta dell’alcova.

Vicki esortò: — Allora che cosa sappiamo?

Lizzie sorseggiò il caffè con una smorfia. Jackson comprese che non era abituata a quello vero. Le si sedette davanti e la guardò.

— Sappiamo che la Kelvin-Castner ha creato un modello di probabilità per la ricerca sul neurofarmaco della paura che ha… che ha Dirk. — La voce di Lizzie si incrinò soltanto per un istante. — Non ci capisco quasi niente. Però sembra un programma per fornire dati al dottor Aranow secondo un percorso prestabilito. Alcuni punti delle segnalazioni riflettevano equazioni Lehman-Wagner sull’affidabilità secondo quello che il dottor Aranow avesse richiesto, l’albero decisionale avrebbe fornito dati coerenti. Penso. Quello che sono riuscita a stabilire è che ogni ramo dell’albero finiva in equazioni inconcludenti.

Jackson chiese serenamente: — Come fai a sapere che i dati non erano reali?

— Le date della maggior parte delle informazioni erano riferite al futuro.

— Proiezioni di esperimenti…

— Non so — disse perentoria. — Come farei? — Jackson si accorse che non doveva discutere con lei: la sua sicurezza poteva sgonfiarsi con la stessa velocità con cui era aumentata.

— Nessuno lo saprà finché il terminale non verrà dissigillato e tu non potrai esaminare i dati direttamente, Jackson — disse Vicki dolcemente. — Mi sembra comunque un buono strumento per annullare il contratto, no?

— Sì — ammise Jackson. — Gli stava crescendo dentro, tranquillamente, una rabbia fredda e immensa come fosse nera acqua immota. Cazie lo sapeva?

Lizzie proseguì: — Il modello di probabilità aveva riferimenti incrociati con un sacco di roba su di lei, dottor Aranow. Un programma psicologico personalizzato. — Lizzie arrossì.

Quindi Cazie sapeva.

Jackson si alzò ma quando si trovò in piedi si accorse che non aveva alcun posto dove andare. Lizzie, chiaramente, non aveva ancora terminato. La sua rabbia fredda e nera aumentò.

— Ottimo lavoro, Lizzie — commentò Vicki. — Ma non è tutto qui, vero? Perché volevi unirti a noi disperatamente nell’area bioschermata?

La mano di Lizzie tremò. Il resto del caffè si versò. — Vicki…

— No, dillo pure. Qui. Adesso. Così tutti sapranno quello che sa la K-C.

Le mani di Lizzie tremavano ancora ma la voce era ferma. — C’erano altri modelli di probabilità nei dati nascosti. Erano più semplici, e sono riuscita a capirli, io. Mostravano varie probabilità di mutazione del neurofarmaco originale. O forse non proprio dell’originale, ma di qualcosa che può diventare. Quella parte era difficile. Ma i modelli per tracce differenti… i modelli…

— Dammi la media Tollers — disse freddamente Jackson. — La probabilità media puntava alla trasmissione diretta dell’infezione, vero? Da persona a persona, tramite cellule Nielson nei fluidi corporei. Quale era la probabilità Tollers?

Con la voce che si elevava per la sorpresa Vicki domandò: — Lo sapevi?

— Lo immaginavo. Speravo di sbagliarmi. Questo tipo di vettore di trasmissione è notoriamente instabile, muta in continuazione, Lizzie. Qual è la probabilità Tollers di mutazione in una forma trasmissibile per via aerea che sopravviva autonomamente al di fuori delle colture di laboratorio e del corpo umano?

— Zeo virgola zero tre per cento.

Basso. Il progettista (il diavolo di Insonne che fosse) del vettore originale (qualunque diavolo esso fosse) aveva fatto il possibile per impedire un’infezione incontrollabile per via aerea in tutto il mondo. Almeno quello. — E per la mutazione in una forma autonoma in grado di trasmettersi direttamente da umano a umano?

Lizzie sussurrò: — Trentotto virgola sette per cento.

Più di una possibilità su tre. Così, ormai lo sapevano, pensò Jackson. L’infezione inibitoria poteva trasmettersi da persona a persona tramite sangue, saliva, sperma. Urina? Probabilmente. Trentanove per cento di possibilità. Per arrivare a una percentuale così alta i campioni di laboratorio dovevano mutare come pazzi.

— Avevi paura di restare infettata anche tu, là fuori — disse Vicki a Lizzie. — A quel punto non saresti più stata in grado di aiutare Dirk. Quindi sei venuta all’interno dell’area bioschermata con noi.

Jackson continuò: — Anche se la mutazione avesse avuto già luogo, il che non è probabile, lei non l’avrebbe contratta restando lontana dalle persone. Avrebbe dovuto entrare in contatto diretto con sangue o avere un rapporto sessuale o… Lizzie, cosa c’è?

Lizzie sussurrò: — O toccare bulbi oculari?

— "Bulbi oculari?"

— Morti, voglio dire, io. Oh, dottor Aranow, io ho toccato… oh, Dio, e se l’avessi presa? Dirk! Dirk! Non c’è un test, e se l’ho presa, io, e se l’ho presa?

La ragazza era preda di un attacco isterico. Jackson ricordò che Lizzie aveva diciotto anni ed era passata attraverso orrori che lui non immaginava nemmeno. Lizzie si mise a singhiozzare e, quando Vicki la portò via lungo il corridoio e da qualche parte una porta si chiuse alle loro spalle, Jackson fu felice per l’improvviso silenzio.

Sembrò passare molto tempo prima che Vicki tornasse, anche se non era così. I suoi occhi viola modificati geneticamente apparivano stanchi. Doveva essere mattino presto.

— Lizzie sta dormendo.

— Bene — commentò Jackson.

Vicki si trovava a un metro da lui, non stava tentando nemmeno di toccarlo. — E adesso che succede?

— La Kelvin-Castner butta via il falso progetto di ricerca e ne inizia uno serio. — Jackson fissò lo schermo muto. — Avete sentito, bastardi? Adesso avete un motivo valido. Non sono soltanto i Vivi che hanno respirato qualche strana sostanza. Ce l’hanno anche a Brookhaven, no? Anche le enclavi schermate possono prendere l’infezione. Potete prenderla anche voi. Meglio trovare un antidoto.

Aspettò, immaginando di vedere apparire Thurmond Rogers, Alex Castner o magari Cazie. Lo schermo restò spento.