Seduta a gambe incrociate sul suo pagliericcio, Lizzie si tirava i capelli. La porta del gabbiotto era spalancata: la primavera aveva ceduto il passo a un’estate improvvisa e prematura, anche se era soltanto maggio. Il profumo della menta selvatica entrava portato da una brezza calda. Gli uccellini, che si stavano costruendo il nido, cinguettavano sugli alberi che stavano mettendo il fogliame. Lizzie ignorò tutto quanto.
Supponendo che gli accampamenti di Vivi presi in esame fossero stati infettati dal neurofarmaco proprio come quello di Lizzie e che quello fosse il motivo per cui le persone mostravano atteggiamenti ripetitivi, e ancora che fossero stati anch’essi siti di test: che vantaggio ne traeva dal saperlo? Lizzie non poteva viaggiare fino all’Iowa, al Texas o all’Oregon per andare a investigare in quegli accampamenti. E anche se avesse potuto, a che pro? Avrebbe scoperto che altri Vivi fungevano da cavie da laboratorio, come il suo Dirk. Tuttavia, saperlo non l’avrebbe aiutata a cambiare nulla.
Le facevano male il collo e la schiena per essere stata seduta così a lungo, e aveva il piede sinistro addormentato.
Doveva escogitare qualcos’altro. Benissimo, doveva lasciar perdere i Vivi che erano stati infettati e le compagnie farmaceutiche che avrebbero potuto produrre il farmaco. Chi altro c’era? Chi poteva volere che tutto rimanesse esattamente uguale? I politici Muli, certo. La mancata elezione di Shockey lo aveva dimostrato. Ma come scoprire quali politici erano in grado di creare una tale arma politica? Nessun monitoraggio o programma di segnalazione, nessun algoritmo decisionale Leland-Warner e nessun calcolo delle probabilità aveva portato a nulla di significativo. E allora?
"Segui il denaro." Glielo diceva sempre, Vicki. Lei però aveva fatto anche quello, analizzando gli investimenti delle industrie farmaceutiche, ma non era arrivata da nessuna parte, quanto meno da nessuna parte che risultasse comprensibile. E allora?
Non doveva iniziare con il prodotto finale, il neurofarmaco, e risalire fino al denaro. Doveva iniziare dal denaro e seguirlo fino al neurofarmaco.
Ma era impossibile. Lizzie riusciva a inserirsi nella documentazione delle principali banche mondiali, quanto meno nella maggior parte, ma spesso non era in grado di seguire le transazioni che scopriva. Mancava di sofisticate conoscenze finanziarie e non era riuscita nemmeno una volta a cambiare nulla all’interno delle registrazioni bancarie. Be’, non ne aveva alcun bisogno. Il problema era diverso: il massiccio volume dei trasferimenti giornalieri di denaro in tutti i conti bancari della Terra, della Luna, di Marte e delle stazioni orbitali. Come avrebbe stabilito quali avessero qualcosa a che fare con un neurofarmaco segreto sviluppato chissà dove, da chissà chi? Era impossibile.
Non riusciva a seguire lo sviluppo del farmaco. Non riusciva a seguire il denaro. Benissimo, allora… doveva tentare di nuovo. Se quegli accampamenti dell’Iowa, del Texas e dell’Oregon erano effettivamente siti di test del neurofarmaco, le persone che stavano effettuando gli esperimenti dovevano desiderare di conoscerne i risultati. Sarebbero state in osservazione, probabilmente tramite robocamere o potentissimi zoom o satelliti a bassa orbita.
Il che significava che stavano tenendo sotto osservazione anche la sua tribù.
Lizzie venne percorsa da un brivido. C’erano forse delle sonde, schermate da campi a energia-Y, che stavano controllando anche il suo "nascondiglio" nel gabbiotto di montagna? La osservavano forse andare avanti e indietro tutti i giorni per vedere Dirk? Qualcuno forse si stava divertendo all’idea che Lizzie pensasse di sfuggire all’infezione così facilmente, se quello stesso qualcuno avesse deciso di infettare anche lei? Peggio ancora: c’era qualcuno, nonostante tutta la sua attenzione, che stava seguendo i suoi passi elettronici mentre trafugava dati giorno e notte?
Si alzò, picchiò a terra il piede addormentato e si avvicinò alla porta del gabbiotto. Sollevò lo sguardo, con espressione ebete, verso il cielo azzurro brillante. Ovviamente non si vedeva nulla. Il fresco profumo di menta le ricordò che non aveva fatto il bagno né si era lavata i capelli da giorni. Puzzava come se fosse stata investita da un treno a levitazione magnetica.
Tornò dentro e si sedette nuovamente sul pagliericcio sporco, fissando il terminale.
Non aveva le caratteristiche di un radar, soprattutto se le sonde si trovavano in orbita ed erano mimetizzate. Il monitoraggio visivo era oltre le sue possibilità. Però poteva individuare un flusso di dati con una sorgente terrestre entro un raggio di un chilometro e mezzo. Se erano impiantati dei trasmettitori di qualsiasi tipo che monitoravano l’accampamento, li avrebbe trovati solo spostando il terminale in vari punti del bosco. A meno che le potenziali sonde nascoste non trovassero prima lei e smettessero di inviare segnali.
Durante la terza notte, lo trovò: un flusso di dati costante, fortemente criptato, proveniente da una fonte all’interno di un pino a quaranta metri di distanza dall’edificio della tribù. Mostrava una chiara scansione del terreno di alimentazione. Lizzie non era certa di cosa fossero quei dati: non era in grado di inserirsi nel flusso e quello, di per sé, le mise addosso una gran paura.
Ma anche se non era riuscita a decifrare il codice, e ci aveva provato, poteva determinare dove andasse a finire il flusso di dati. Veniva trasmesso verso il cielo, verso un satellite in orbita. Da lì, la sua destinazione era così confusa da risultare ignota. Ma non per Lizzie. Per lei i dati di collegamento erano una vecchia conoscenza.
Lavorò al problema per una mattinata intera, mentre una calda pioggia picchiava sul tetto e lei sentiva il cuore straziarsi dal desiderio di abbracciare Dirk. Alla fine, come aveva immaginato, riuscì a inserirsi nella trasmissione dati.
Restò a bocca aperta e si guardò attorno impaurita, anche se, ovviamente, non c’era nessuno in vista. Quindi, col cuore che le batteva come quello di Dirk quando lei lo allontanava dai suoi blocchi, spense l’intero sistema. Chiuse e sigillò perfino il terminale Jansen-Sagura. Seduta a gambe incrociate, fissò il vuoto, cercò di riflettere sulle implicazioni, i significati e le difese. Non ci riuscì.
Le osservazioni riguardanti la sua tribù venivano effettivamente trasmesse in orbita. Al Rifugio.
— Devo trovare il dottor Aranow — confidò Lizzie a Billy Washington, perché doveva pure dirlo a qualcuno. Aveva trovato Billy dove si recava sempre nel primo pomeriggio, a pescare al ruscello.
— No, meglio che te ne resti qui, tu — rispose Billy, ma con minore convinzione di quella che avrebbe avuto Annie. "Differenze biochimiche individuali" aveva detto il dottor Aranow. Le persone reagivano in maniera diversa, a volte molto diversa, a qualsiasi farmaco.
— Non posso rimanere qui, Billy. "Devo" trovare il dottor Aranow e Vicki.
— Parla più forte, tu. Non riesco quasi a sentirti.
— No, non parlerò più forte, Billy. — Il monitor si trovava a trecento metri di distanza, ma Lizzie non voleva correre rischi. — Come posso arrivare all’Enclave di Manhattan Est?
— Manhattan? Non puoi, tu. Lo sai bene.
— Non ci credo. Tu sai molte più cose di quante ne vuoi dire, Billy. Hai sempre parlato con gli estranei, prima che ci sistemassimo qui per l’inverno. — Notò un barlume di allarme scintillargli negli occhi alla sola menzione della parola estranei. — La ferrovia a gravità non funziona, ho già controllato, ma deve esserci un altro modo!
Qualcosa strattonò la lenza. Billy la tirò fuori dal ruscello ma la lenza era vuota e l’esca era scomparsa. Infilò un nuovo verme sull’amo. — Adesso hai un bambino, Lizzie. Non è cosa per te andare in posti pericolosi quando hai il piccolo Dirk da curare, tu.
— Come posso raggiungere Manhattan Est?
— Non puoi, tu.
Anche prima del neurofarmaco, Billy era stato un testardo.
Visto che Lizzie non riprese a parlare, alla fine il vecchio disse: — Se devi proprio parlare col dottor Aranow, tu, lo puoi chiamare.