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— Chiudere porte — disse il dottor Manning. Nella immensa sala deserta la sua voce riecheggiò debolmente. — Siediti, Jennifer.

— Preferirei restare in piedi, grazie. Cosa desideravi mostrarmi?

Chad estrasse dalla tasca una pila di carte. Quello, in sé, era significativo: le sue informazioni, di qualunque genere fossero, non erano archiviate in linea, nemmeno nei programmi protetti del progetto del neurofarmaco. Tuttavia Chad Manning non era una persona particolarmente sospettosa, come Jennifer sapeva. Lei sapeva tutto ciò che c’era da sapere sul dottor Chad Parker Manning.

Ricercatore capo ai Laboratori Sharifi, era l’unico membro della squadra del progetto che non era finito in prigione insieme a Jennifer per il tentativo originario di rendere sicuro il Rifugio. L’inclusione di un tecnico nella squadra era stata inevitabile. Gli esperti in genetica imprigionati per tradimento avevano perso troppo tempo in carcere, e quello della genetica era un campo che mutava rapidamente, ogni pochi anni. Il progetto, inoltre, doveva essere condotto dai Laboratori Sharifi; i laboratori avevano tutta la strumentazione necessaria per verificare le affermazioni di Strukov e per ottenere analisi dettagliate dei risultati prima che Jennifer consegnasse un’ulteriore grossa fetta del proprio patrimonio al Dormiente rinnegato. Non era possibile evitare che la squadra segreta comprendesse il ricercatore capo dei Laboratori Sharifi.

Robert Day, amministratore delegato del Rifugio e altro eroe imprigionato per il tentativo originario di liberare il Rifugio, aveva scelto Manning fra tutti gli altri scienziati Insonni. Robert era stato rilasciato dieci anni prima di Jennifer. Aveva avuto il tempo per indagare approfonditamente, reclutare lentamente, essere completamente sicuro. Il dottor Chad Manning non era un genio come Serge Strukov. Ogni generazione produceva solo uno di tali geni. Come scienziato, tuttavia, Chad era solido, metodico, perfettamente in grado di seguire passo passo i progressi di Strukov, anche se non si sarebbe mai potuto incamminare per primo su tali sentieri. Cosa altrettanto importante, era disposto a salvaguardare il Rifugio con ogni mezzo fosse necessario. Jennifer si fidava di lui.

— Ho armeggiato un po’ col virus di Strukov — disse Chad. — Tramite una simulazione, ovviamente. Ho trovato qualcosa.

— Davvero? Che cosa? C’è forse un motivo per cui non mi stai mostrando la simulazione?

— Le ho distrutte. Queste sono le stampe. Ma posso ricreare le simulazioni, se le vuoi controllare.

Aprì i fogli di carta. I genitori di Chad Manning gli avevano fatto modificare geneticamente l’aspetto seguendo un modello abbastanza insolito: delicato e fine. Aveva il volto sottile, gli alti zigomi sporgenti, la carnagione pallida e le dita lunghe e sottili di un violinista. Le dita gli tremavano mentre consegnava a Jennifer gli incartamenti.

— Le prime pagine contengono equazioni biochimiche, modelli… Posso riesaminarle singolarmente con te dopo, se vuoi. Adesso, però, guarda l’ultima pagina.

Jennifer lo fece. C’erano due grafici dello sviluppo di proteine. Sotto, un’equazione di probabilità. Le variabili erano state scritte a mano.

— La differenza è davvero sottile — disse Chad, e lei notò la tensione nella voce di lui. — Vedi, lì… nell’ultimo segmento a sinistra. La differenza cromosomica è soltanto di pochi aminoacidi.

Jennifer notò che i due tracciati non erano identici. Una piccola area di una proteina si sviluppava in modo diverso dall’altra.

— La cosa più importante è che, per scoprirlo, bisogna seguire con accuratezza un sentiero simulato altamente improbabile — disse Chad. La sua agitazione cresceva. — Praticamente ci sono inciampato sopra. Non si tratta di una mutazione comune ed è presente su una proteina di Strukov da cui non ci si aspetterebbe un comportamento simile. Ma Jennifer, guarda le equazioni.

Lo sviluppo della proteina diceva ben poco a Jennifer… non era una microbiologa. Tuttavia il calcolo matematico era un’equazione di probabilità standard. La probabilità che la mutazione nello sviluppo della proteina avvenisse spontaneamente nel corso di un anno, date le variabili di replica e il tasso di infezione di Chad, era del 38,72 per cento.

— Quali effetti avrebbe questo sviluppo della proteina sul virus? — chiese lei, compassata.

— Lo renderebbe trasmissibile al di fuori del corpo umano e quindi contagioso.

— In altre parole, invece di dovere respirare il virus che viene distrutto dal Depuratore Cellulare, ma non prima di avere innescato una reazione a catena di animine naturali…

— Invece di doverlo respirare, il virus diventerebbe trasmissibile da persona a persona. Potrebbe sopravvivere sulla pelle, sul vestiario, sui capelli, nelle pieghe del corpo…

— Per quanto tempo? — chiese Jennifer.

— Non si sa. Almeno qualche giorno. E in questa forma potrebbe penetrare nel corpo attraverso punture sulla pelle od orifizi: una persona infettata potrebbe infettarne altre. Per qualche giorno. Questo non avveniva con i precedenti sviluppi. Ogni virus non respirato nel primo attacco moriva nel giro di qualche minuto o, se inspirato, veniva distrutto comunque dal Depuratore Cellulare.

Jennifer non permise al proprio volto di mostrare lo sconcerto che provava. — Ma, Chad, è proprio quello che intendevamo raggiungere fin dal principio, no? La seconda modalità di trasmissione che Strukov dovrebbe fornirci è proprio quella: trasmissione tramite contatto umano. Perché lo consideri un problema?

— Perché se il virus muta naturalmente prima che Strukov sia pronto a rilasciare la sua forma trasmissibile, non saremo più in grado di controllarne la diffusione. Il modello di veicolo di diffusione è stato progettato accuratamente per evitare di attirare l’attenzione scientifica o militare il più a lungo possibile. Noi non saremmo più in grado di controllare la situazione.

— Non lo siamo già più — disse Jennifer. — La Kelvin-Castner Pharmaceuticals si è casualmente imbattuta in un sito di Vivi dove effettuavamo il test. Lo sai.

— Vero. Ma non stanno interessando la CDC o Brookhaven. Quanto meno non ancora. In secondo luogo, non appena il virus diventerà trasmissibile all’esterno del corpo, strutture come la Kelvin-Castner potranno studiarne le proteine originali e non soltanto gli effetti collaterali sul cervello. Quello darà loro una grossa spinta avanti nella ricerca di un vaccino o perfino di un antidoto.

— Ma tu avevi detto che sarebbe stato molto difficile trovarli, perfino dopo che il virus fosse stato reso trasmissibile…

— Oh, lo sarà — confermò Chad. — Ma noi non vogliamo dare nessuna possibilità ai Dormienti. Terzo, se il virus può mutare in questo modo, con un 38,72 per cento di probabilità, e io l’ho scoperto solo accidentalmente, cosa altro è in grado di fare? E Strukov lo sa?

— Tu non dirglielo — rispose in fretta Jennifer. — E non porgli domande in proposito. Non c’è modo di sapere se la sua risposta corrisponderebbe al vero.

Chad annuì. Jennifer, riflettendo, studiò il pannello trasparente che aveva sotto i piedi. Le stelle, fredde, distanti e nitide… ma da vicino, rammentò a se stessa, erano intricate aggregazioni frutto di violente collisioni.

— Voglio che il resto della squadra sia messo al corrente, Chad. Comunque hai fatto bene a dirlo prima a me e a distruggere le simulazioni. — Il Rifugio aveva i propri giovani pirati informatici. Di solito, Jennifer ne era contenta. Rappresentavano la successiva generazione di scienziati informatici e, quanto più ingegnosa era la loro tecnica, tanto meglio. Ma non quella volta. — Dobbiamo studiare un nuovo programma di diffusione. Molto più rapido.

— I peruviani saranno in grado di accelerare la produzione del macchinario?