— Non so. È quella la vera difficoltà. — Strukov, Jennifer ne era sicura, poteva gestire qualsiasi modifica di piani, per quanto lo riguardava. — Ci farò lavorare Robert e Khalid.
— Benissimo — commentò Chad. Jennifer si accorse che l’uomo si era calmato. La calma di lei lo aveva contagiato, proprio come era tenuta a fare.
Chad le tenne aperta la porta della sala conferenze ma Jennifer scosse la testa. — Resterò qui per qualche tempo.
Chad annuì e chiuse la porta.
Jennifer lanciò un’occhiata al pannello bordato sul pavimento. La Terra stava apparendo alla vista. Nuvole sull’Oceano Pacifico. Così bello, così traditore, così moralmente malato. Ma così bello.
Venne colta dall’improvviso desiderio di vedere nuovamente la tomba di Tony Indivino, sui monti Allegheny dello stato di New York. Tony Indivino che lei aveva amato da giovane e che da allora non aveva amato più. Tony, ucciso dai Dormienti, ma non prima di avere concepito l’idea del Rifugio, il porto sicuro per tutti loro.
Jennifer annullò il pensiero. Tony era morto. Ciò che era morto non esisteva più: a quello che non esisteva più non doveva essere concesso controllare i viventi, nemmeno per un momento. Consentirlo significava cadere in sentimenti sdolcinati e improduttivi.
Tony era morto. Nessuna persona morta era importante per Jennifer.
"Nessuno."
— Dovresti leggere i rapporti — disse Will. — Almeno una volta.
— No — rispose Jennifer. Si allontanò di più dal suo corpo, nel letto. — E ti avevo chiesto di non tirare più fuori l’argomento.
— So quello che mi avevi chiesto — rispose Will, pacato.
— Allora ti prego di rispettare la mia richiesta.
Will si sollevò su un gomito e la guardò. — Stai gestendo il progetto del neurofarmaco, Jennifer. Questo significa che dovresti essere al corrente di ogni fattore. Gli effetti dell’operazione a La Solana rappresentano un fattore. La squadra FBI-CIA ha determinato che la bomba proveniva dalle Montagne Rocciose, come ci aspettavamo. Stanno analizzando ogni molecola di materia, lassù. Quanto meno dovresti monitorare i rapporti che ho trafugato.
Jennifer scese dal letto. In un singolo fluido movimento si infilò una vestaglia austera e chiara. Lasciò la stanza.
— Jennifer! — la chiamò Will, e lei sentì la rabbia, quella disdicevole rabbia che indeboliva Will come membro del progetto, come alleato. Come uomo. — Jennifer, non puoi continuare a fingere che l’operazione a La Solana non sia accaduta!
Sì, era accaduta, pensò Jennifer, chiudendo la porta della camera da letto per escludere la voce di Will. Tempo passato. Era superato. Non c’era più alcun motivo per pensarci. Quello che era passato non era più reale, ormai, di quello che non era mai esistito. Non c’era alcuna differenza.
Il piccolo salotto, ogni abitazione personale al Rifugio era piccola… era buio. — Accendere luci — disse Jennifer. Non le piaceva troppo il buio. A volte le sembrava di scorgere una figura ai margini delle stanze buie, un corpo basso e tozzo con un ammasso di ispidi capelli scuri trattenuti da un nastro rosso. La figura non era reale, ovviamente. Non esisteva.
Di conseguenza, non era mai esistita.
18
Theresa stette molto male. Se fosse stata Cambiata, tuttavia, sarebbe stata ancora peggio. Jackson scoprì di non riuscire ad apprezzare l’ironia della cosa.
Theresa era stata esposta a 240 rad. Non appena Jackson era giunto trafelato dalla Kelvin-Castner al loro appartamento, gliene aveva assorbite il più possibile. Non l’aveva mandata in ospedale: le enclavi non avevano più ospedali degni di tale nome. Non erano necessari.
Jackson aveva ordinato la strumentazione di cui aveva bisogno tramite un canale di emergenza: era arrivato tutto all’appartamento insieme con lui. Theresa era in preda a un attacco isterico.
— Sst, Tessie, andrà tutto bene. Tieni duro, tesoro, va tutto bene, devi aiutarci per quanto puoi.
— Morte! — continuava a gridare Theresa. — Morte… morte… morte…
— No, non morirai. Sst, Tessie, calmati… — Ma non riuscì a tranquillizzarla.
— Dalle un sedativo — disse Vicki, faticando per trattenere le braccia di Theresa che mulinavano. — Jackson, è meglio.
Lui lo fece. A quel punto lui e Vicki si misero a lavorare sul corpo inerme di Theresa. Lui le pompò via il contenuto dello stomaco e inviò tubuli robotici specializzati per la pulizia lungo l’esofago e i bronchi, nel retto, nel naso e nelle orecchie, nella vagina e attraverso le retine. Lui e Vicki le sfregarono ogni centimetro di pelle con un composto chimico. Vicki tagliò i lunghi capelli chiari di Theresa e le rasò la peluria. In quel momento, Jackson lasciò la stanza. Si portò nel corridoio e picchiò i pugni contro la parete.
Quando tornò, Vicki fu molto discreta e non lo fissò negli occhi.
Lui inserì un tubo endotracheale: anche la superficie delle vie respiratorie interne si sarebbe squamata, e Theresa avrebbe avuto bisogno di aiuto meccanico per respirare. Quindi le iniettarono una sostanza per farla sudare abbondantemente e inserirono una EV con nutrienti ed elettroliti. Quando lui e Vicki ebbero terminato, si alzarono dalla sagoma di Theresa stesa nel letto, coperta con un lenzuolo di cotone. Alcuni monitor invasivi erano stati collegati con un terminale centrale, coadiuvati da cerotti-monitor di tessuto verde che le punteggiavano la pelle. La ragazza, pensò Jackson disperato, sembrava un ossuto passerotto spennacchiato e ammuffito.
— Resterò qui, Jackson. Non puoi assistere tua sorella da solo — propose Vicki.
— Ho ordinato un roboinfermiere dotato di software per la cura delle radiazioni, arriverà presto. Doveva arrivare da Atlanta.
— Non può sostituire una persona.
— Sai niente tu della malattia da radiazioni? — replicò lui, più duramente di quanto non intendesse.
— Mi dirai tutto tu.
— Ma Lizzie e Dirk…
— …non hanno alcun bisogno di me — terminò lei. — Lizzie se la può cavare bene da sola. E all’accampamento non succederà niente di nuovo, nessun cambiamento.
Jackson non sorrise. L’aveva sentita a mala pena. — Se Theresa fosse stata Cambiata…
— Avevo immaginato che non lo fosse — disse Vicki. — Ma perché non lo è?
Lui ignorò la domanda. — Se fosse stata Cambiata sarebbe stata peggio. Quando Miranda Sharifi ha progettato il Depuratore Cellulare, non ha messo in conto la malattia da radiazioni. Be’, non poteva considerare tutto. Il Depuratore Cellulare sradica il DNA aberrante. Ecco perché coglie immediatamente i tumori. Ma Theresa… — non riuscì a finire.
Lo fece Vicki per lui. — Sarà un ammasso di DNA aberrante mutato. Jackson mi dispiace tanto. Dov’è il tecnico pilota?
— È andata a casa per conto suo, immagino.
— Speriamo che abbia anche lei un parente medico.
Jackson fissò Vicki infuriato. — Non sono un fanatico umanitario, maledizione! Il pilota non è una mia paziente.
Vicki non rispose. Tuttavia gli toccò brevemente una spalla prima di dire: — Io mi riposo un po’. Tu la assisti adesso e io ti darò il cambio fra qualche ora.
— Chiedi al sistema di casa di svegliarti. Si chiama Jones e la parola di ingresso per gli ospiti è "Michelangelo".
— Lo so — rispose Vicki, e Jackson non pensò nemmeno di chiederle come facesse a saperlo.
Un’ora dopo, chiamò l’aeroporto di Manhattan Est e inviò un messaggio al tecnico pilota che aveva volato con Theresa Aranow. Allegò un file su come curare la malattia da radiazioni.
Avvicinò quindi una sedia al letto della sorella e le guardò il volto addormentato mentre era ancora integro.
Vicki entrò piano nella stanza in piena notte e disse dolcemente: — Lascia che stia io un po’ con lei.
Jackson stava sonnecchiando. Aveva fatto sogni agitati. Immense bolle che lo attaccavano, cercando di riempirgli la testa: si rese conto che si era trattato delle cellule cancerogene di Theresa che si erano mobilitate per combattere contro il suo stesso corpo. Si sedette in posizione più eretta e disse con voce impastata: — No… resterò qui.