"Agisci in modo naturale." Che diavolo significava? Jackson non lo sapeva più. "Selene è deserta" e "Jennifer Sharifi ha ucciso Miranda" e "qualcun altro ha distrutto il Rifugio". Gli tremavano le braccia. Per fermarle, strinse più forte Vicki e le premette la bocca contro il collo. — E… e Theresa?
— Cerca di metterti a tuo agio, Jackson. La storia è lunga e complicata. A Theresa è accaduto qualcosa e io non capisco di cosa si tratti di preciso. O come sia accaduto.
Interludio
DATA TRASMISSIONE: 20 maggio 2121
A: Base Selene, Luna
VIA: Stazione Terrestre Enclave Denver, Satellite CEO C-1663 (U.S.)
TIPO MESSAGGIO: Non codificato
CLASSE MESSAGGIO: Classe D, Accesso Servizio Pubblico, in accordo con la Legge Congressuale 4892-18, maggio 2118
GRUPPO DI ORIGINE: il Paese di Crawford-Perez
MESSAGGIO:
Contavamo su di lei, noi, Miranda Sharifi. Lei doveva salvarci, noi. Adesso è troppo tardi. Tre bambini sono già malati, loro. Ed è tutta colpa sua.
Adesso a chi ci dovremmo rivolgere, noi? A chi?
CONFERMA RICEZIONE: Nessuna
23
Theresa si svegliò da un sonno profondo per ritrovarsi nel proprio letto, senza ricordare come c’era arrivata. L’aveva portata a casa Lizzie Francy con un robotaxi? Doveva essere successo proprio così.
E lei, Theresa Aranow, era riuscita a fare uscire Lizzie dalla prigione.
Theresa stava stesa tranquillamente, meravigliandosi. Le faceva male la testa, le prudeva il mento e le bruciava il cranio pelato. Sentiva tutti i muscoli flaccidi. Però era riuscita a costringersi a lasciare l’appartamento, ad andare in una prigione e a liberare una ragazza estranea che aveva visto una sola volta in vita sua. A dispetto del timore, dei dubbi e dell’ansia, che non erano certo diversi da quelli che aveva provato prima. Il suo cervello non era cambiato ma, in qualche modo, se fingeva di essere Cazie "cambiava".
Non fingeva di diventare Cazie. Diventava Cazie. Quanto meno per un po’ e soltanto nella propria mente.
Significava, forse, che se lei riusciva a mutare in qualche modo il proprio cervello, tutti potevano riuscirci? Senza ulteriori siringhe da parte degli Insonni che, oltretutto, non esistevano più?
Il roboinfermiere fluttuò accanto al suo letto. — È ora della riabilitazione fisica, signorina Aranow. Gradirebbe mangiare, prima?
— Sì. No. Lasciami pensare, per cortesia.
Theresa fissò il robot. Per sei settimane aveva sentito Jackson o Vicki dare le istruzioni. Conosceva tutti i termini utili.
— Effettuare una scansione cerebrale, per favore. Stampare il risultato.
Il robot si mise in posizione, estese quattro schermi attorno alla sua testa e ronzò dolcemente. Theresa rimase immobile e pensò a una notte dell’autunno precedente, quando Cazie aveva portato a casa alcuni amici, quegli spaventosi uomini freddi che indossavano stracci e api e inalavano continuamente qualche sostanza. Quando la stampa uscì dal robot, lei si stese sulla coperta a fiori rosa.
— Adesso voglio un’altra scansione cerebrale fra cinque minuti esatti.
— È insolito prendere due scansioni a così breve tempo di distanza l’una dall’altra. I risultati non…
— Fallo comunque. Per favore. Soltanto questa volta, va bene?
Stava pregando un robot. Cazie non avrebbe mai pregato un robot. Theresa chiuse gli occhi e divenne Cazie. Stava entrando nella prigione con passo deciso, insisteva per riportare a casa Lizzie; era all’aeroporto di Manhattan Est, prendeva accordi per noleggiare un aereo, stava affrontando Cazie, Cazie che affrontava Cazie!, le diceva di trattare meglio Jackson, le diceva che brava persona era in effetti Jackson, diceva a Cazie…
Il roboinfermiere ronzò.
Theresa chiuse gli occhi. Quando fu nuovamente soltanto Theresa, esaminò le due stampe, cercando di confrontarle.
Theresa scese dal letto.
Allora era vero.
Il suo cervello funzionava in modo diverso quando lei era Cazie. Quando lei "sceglieva" di farlo lavorare in modo diverso. Poteva scegliere di mutarne la chimica, l’elettricità o tutte le cose che le scansioni misuravano. Era vero.
Il roboinfermiere disse con voce gradevole: — È ora della riabilitazione fisica, signorina Aranow. Gradirebbe mangiare prima?
— No. Disattivare. Per favore.
Theresa scese dal letto. Le gambe le tremavano, ma era in grado di reggersi. Non c’era tempo per la doccia. Non voleva sprecare le forze. Anche se aveva l’aspetto di una pulciosa mendicante…
Si fermò. Una mendicante. Qualcuno che non aveva alcun potere per comandare, nessun potere per nascondersi, nessun potere per commerciare. Nessun potere con cui incutere paura.
Tolse la camicia da notte e si incamminò con passo incerto nella stanza di Jackson. Prese dal suo armadio pantaloni e camicia e utilizzò delle forbici per strapparli e tagliarli. Da un vaso di fiori modificati geneticamente, grossi e appariscenti boccioli color porpora che gli aveva portato Cazie, Theresa prese del terriccio e lo sfregò sugli abiti di Jackson. Il terriccio era modificato geneticamente per una serie di cose, ma comunque sporcò alla perfezione pantaloni e camicia. Quegli abiti erano troppo grandi per Theresa: se li legò al corpo con una corda.
Quando si guardò allo specchio le venne da piangere. La testa calva e ustionata, il volto smunto, gli abiti laceri e sporchi, il corpo tremante e debole… No, non doveva piangere. Doveva esultare. Quello era il suo dono e lei finalmente stava per usarlo.
— Puoi seguirmi, per favore? — disse al roboinfermiere, sentendosi sollevata quando le ubbidì.
Riuscì a salire sul tetto, a montare sull’aeromobile, ad arrivare fino all’accampamento sul fiume Hudson senza dover diventare Cazie. Si stava risparmiando. Quando l’aeromobile atterrò, fuori dalla vista dell’accampamento di Vivi, trasse un profondo respiro e cominciò.
— Signorina Aranow È davvero arrivato il momento della riabilitazione fisica — disse il roboinfermiere sul sedile accanto al suo. — Gradirebbe mangiare prima? — Theresa lo ignorò.
"Lei era una mendicante, una mendicante con un dono. Il dono di avere bisogno di quelle persone impaurite. Il dono di avere bisogno di essere nutrita, di essere accolta, di essere fatta entrare. Aveva fame, era debole e aveva bisogno di loro. Lei portava il dono del bisogno per salvarli."
— Signorina Aranow. è davvero…
"Lei era una mendicante. Una mendicante con un dono. Il dono di avere bisogno di quelle persone impaurite. Il dono di avere bisogno di essere nutrita, di essere accolta…"
— Signorina Aranow!
— Rimani qui per una mezz’ora e poi seguimi.
"Lei non era Theresa, era una mendicante. Una mendicante con un dono. Il dono di avere bisogno…" La camminata fino all’accampamento rischiò di darle il colpo di grazia. L’accampamento sembrava deserto, ma la mendicante sapeva che non era così. Si acquattò all’esterno, bene vista davanti a una finestra, e cominciò a piangere. — Ho tanta fame, ho tanta fame… — Ed era vero. Theresa aveva fame, la mendicante aveva fame, Theresa era la mendicante con il suo dono.
Alla fine la porta si aprì e una vecchia donna sbirciò carica di paura da dietro l’angolo, stringendo forte lo stipite.
— La prego, signora, io non sono Cambiata, non ho mangiato, sono malata, e ho tanta fame, non mi lasci qui…
La paura della donna si sentiva forte nell’aria: la mendicante riusciva ad avvertirne l’odore. Il vecchio volto, tuttavia, si corrugò di compassione. La mendicante vide che la vecchia, nelle sua lunga vita, aveva imparato cosa significasse avere fame, essere malati e soli.
Lentamente, la vecchia scivolò fuori dalla porta e con lei le altre due persone a cui era legata: un’altra donna anziana e una ragazza i cui lineamenti marcati assomigliavano a quelli della seconda donna. Una di loro teneva in mano una ciotola, un’altra una coperta, la terza un bicchiere di plastica. Si fermarono a tre metri dalla mendicante, respirando affannosamente, tese per il terrore.