Выбрать главу

«Il manuale sanitario» mormorò incerta Iziezi.

«Pensavo a qualcosa da leggere nella mia camera di notte. A un libro.»

«Ah!» La mina esplose vicinissima questa volta. Poi, silenzio. «Yoz Sutty» sussurrò la disabile, «i libri…»

Silenzio, greve.

«Non voglio esporti a nessun rischio.»

Sutty si ritrovò — che assurdità — a mormorare.

Iziezi si strinse nelle spalle. L’alzata di spalle significava: "Rischio? E allora? Tutto è un rischio".

«Pare che il Controllore mi stia seguendo.»

Iziezi fece un gesto che esprimeva: "No, no". «Vengono spesso al corso. Abbiamo una persona che sorveglia la strada, accende le luci. Allora noi…» Stancamente, diede dei pugni all’aria. Uno! Due!

«Dimmi quali sono le pene, yoz Iziezi.»

«Per chi fa i vecchi esercizi? Una multa. Forse la revoca della licenza. Forse basta andare alla Prefettura o al Liceo e studiare i manuali.»

«E per un libro? Per chi possiede un libro, lo legge?»

«Un… vecchio libro?»

Sutty annuì.

Iziezi era restia a rispondere. Abbassò lo sguardo. Infine, sussurrando, disse: «Forse si va incontro a molti guai».

La disabile era immobile sulla carrozzella. Sutty, in piedi accanto a lei. Nella strada, l’oscurità era scesa del tutto. Sopra i tetti, la barriera del Silong rosseggiava opaca con uno sfolgorio aranciato. Più in alto, remota e fulgida, la vetta brillava ancora in un tripudio di riflessi dorati.

«So leggere la vecchia scrittura. Voglio imparare le antiche usanze. Però non voglio che tu perda la licenza della locanda, yoz Iziezi. Mandami da qualcuno che non sia l’unico sostegno di suo nipote.»

«Akidan?» disse Iziezi con nuovo vigore. «Oh, lui ti porterebbe fino alla Radice Madre!» Poi batté una mano sul bracciolo della carrozzella e portò l’altra alla bocca. «Sono tante le cose proibite» disse da dietro le dita, rivolgendo a Sutty un’occhiata un po’ maliziosa.

«E dimenticate?»

«La gente ricorda… La gente sa, yoz. Ma io non so nulla. Mia sorella sapeva. Era istruita. Io, no. Conosco delle persone che sono… istruite… Ma, fin dove vuoi arrivare?»

«Fin dove le mie guide mi conducono benevole» rispose Sutty. Non era una frase presa da Esercizi avanzati di grammatica per selvaggi, ma dal frammento di un libro, la pagina danneggiata con l’immagine di un uomo che pescava da un ponte e quattro versi di una poesia:

Dove le mie guide mi conducono benevoleio vado, le seguo leggero,e non ci sono ormenella polvere dietro di noi.

«Ah» disse Iziezi… non una mina che esplodeva, ma un lungo sospiro.

Quattro

Se il Controllore la teneva sotto sorveglianza, lei non avrebbe potuto andare da nessuna parte, scoprire alcunché, senza mettere in pericolo della gente. Forse, anche se stessa. E il Controllore era lì per sorvegliarla: l’aveva detto, se solo lei avesse ascoltato. Le era occorso tutto quel tempo per rendersi conto che i funzionari dell’Azienda non viaggiavano in battello. I burocrati volavano con gli aerei e gli eli dell’Azienda. Convinta della propria scarsa importanza, non aveva compreso il motivo della presenza del Controllore e non aveva badato alle sue parole d’avvertimento.

Non aveva ascoltato neppure quello che le aveva detto Tong Ov: le piacesse o no, lo ammettesse o no, lei era importante. Lei rappresentava l’Ekumene su Aka. E il Controllore le aveva detto, ma lei non aveva ascoltato, che l’Azienda l’aveva autorizzato a impedire che l’Ekumene, cioè lei, indagasse e rivelasse il perdurare di pratiche reazionarie, di ideologie marce come cadaveri putridi.

Un cane in un cimitero, ecco come il Controllore vedeva Sutty. "Tieni lontano il Cane che è amico della gente, o con le unghie tutto riporterà alla luce…"

«Il tuo retaggio è angloindiano.» Zio Hurree, con quelle sopracciglia bianche cespugliose, e gli occhi tristi così ardenti. «Devi conoscere Shakespeare e le Upanishad, Sutty. Devi conoscere la Gita e i poeti laghisti.»

Lei li conosceva. Conosceva fin troppi poeti. Conosceva più poeti, più poesie, più sofferenze, più cose di quanto non fosse necessario per chiunque. Così aveva cercato di essere ignorante. Di andare in un posto dove non sapeva nulla. C’era riuscita benissimo, oltre ogni previsione.

Dopo avere meditato a lungo nella sua stanza tranquilla, dopo lunghi momenti di indecisione e di ansietà, e qualche attimo di disperazione, inviò il primo rapporto a Tong Ov… e indirettamente al Dicastero della Pace e della Sorveglianza, al Ministero Socioculturale e a tutti gli altri dipartimenti dell’Azienda che intercettavano qualsiasi comunicazione indirizzata all’ufficio di Tong. Impiegò due giorni per scrivere due pagine. Descrisse il viaggio in battello, il panorama, la città. Parlò del cibo squisito e della balsamica aria di montagna. Chiese un prolungamento della vacanza, che si era rivelata piacevole e istruttiva, per quanto intralciata dallo zelo bene intenzionato ma iperprotettivo di un funzionario che riteneva opportuno impedirle di conversare e interagire con la gente del luogo.

Il governo aziendale di Aka, pur se incline a controllare tutti e tutto, desiderava anche accontentare e impressionare positivamente i visitatori dell’Ekumene. Dimostrarsi all’altezza, avrebbe detto zio Hurree. Tong Ov era esperto nell’usare quella seconda motivazione per limitare la prima, ma il messaggio di Sutty avrebbe potuto creargli dei problemi. Gli avevano consentito di inviare un Osservatore in una regione "primitiva", però avevano inviato un loro Osservatore a osservare l’Osservatore.

Attese la risposta di Tong, diventando via via sempre più sicura che sarebbe stato costretto a richiamarla nella capitale. Al pensiero di Dovza City, Sutty si rese conto che non desiderava affatto lasciare la cittadina, la regione montana. Per tre giorni fece delle escursioni a piedi nelle aree agricole e lungo la riva del giovane fiume turbolento dalle acque azzurro ghiaccio, schizzò il Silong che sovrastava i tetti decorati di Okzat-Ozkat, inserì nel noter le ricette dei piatti squisiti di Iziezi ma non tornò con lei al "corso di esercizio fisico", parlò con Akidan di scuola e di sport ma non parlò con gli sconosciuti né con le persone che incontrava di solito per strada, tenne volutamente un inoffensivo comportamento da turista.

Da quando era giunta a Okzat-Ozkat, aveva dormito bene, senza le lunghe peregrinazioni nel mondo dei ricordi che avevano interrotto le sue notti a Dovza City, ma in quel periodo di attesa si svegliò ogni notte, immersa nell’oscurità, e si ritrovò nella Riserva.

La prima notte, era nel minuscolo soggiorno dell’appartamento dei genitori e guardava un quasivero di Dalzul. Papà, un neurologo, aborriva i collegamenti corporei della realtà virtuale. «Mentire al corpo è peggio che torturarlo» ringhiava, sembrando zio Hurree. Aveva staccato da tempo i moduli errevi dal loro apparecchio, che quindi funzionava solo come olotivù. Essendo cresciuta al villaggio, dove le uniche tecnologie di comunicazione erano rappresentate dalle radio e da un vecchio televisore 2D nella sala di ritrovo comune, Sutty non sentiva la mancanza dei collegamenti errevi. Stava studiando, ma aveva girato la sedia per vedere l’Inviato dell’Ekumene sul balcone del Sancta Sanctorum, fiancheggiato dai Padri in veste bianca.